Se il Bar Sport
diventa la Scuola di Atene. Un filosofo francese scrive un
divertente libro sul calcio per dimostrare come le discussioni del dopo
partita abbiano natura squisitamente filosofica.
Gigi Riva
Spinoza, Kant e la critica del giudizio calcistico
Al filosofo
francese Jean-Claude Michéa piacerebbe che il calcio fosse ancora
come lo vedeva Antonio Gramsci, «un regno della lealtà umana
esercitato all’aria aperta». Ma, pur se non dispera nella
resistenza di piccole oasi dove questo accade, constata con amarezza
la definitiva invasione di campo del liberismo. Il gigantismo
economico-finanziario ha trasformato gli atleti in star del cinema, i
club in aziende quotate in Borsa, tese al profitto e non alla ricerca
di quella bellezza che solo la competenza dei ceti popolari adusi a
frequentare gli stadi sapeva decrittare.
Non manca una critica a
quel milieu colto che snobba il calcio: «A chi mi chiede come ci si
possa interessare contemporaneamente a Spinoza e a Lionel Messi,
rispondo che il disprezzo per il football è il segno di una vera
infermità intellettuale».
Un pregiudizio che si fatica a superare nonostante i Pasolini, i Camus si siano spesi per segnalare come proprio lo sport sia un terreno d’indagine prezioso per il pensiero.
Michéa, 67 anni, prossimo alle idee socialiste ma critico con la sinistra per l’abbandono del proletariato, ha ordinato i suoi scritti sul calcio in un libro uscito da Neri Pozza, Il gol più bello è stato un passaggio, dove il titolo è un omaggio a una frase di Eric Cantona pronunciata nel film a lui dedicato, Il mio amico Eric di Ken Loach. Il passaggio assurge a emblema della condivisione, contro l’individualismo.
Il volume è un atto
d’amore verso il gioco articolato in vari ambiti. In un intervento
all’università di Montpellier ricorda Georges Canguilhem: «La
filosofia è una riflessione per la quale ogni materia estranea è
buona. Anzi: per la quale ogni buona materia deve essere estranea».
Ma non gli basta, scomoda il Kant del giudizio estetico: «È
impossibile usare la sia pur minima dimostrazione quando si tratta di
questione di gusti, ma ha sempre un senso cercare di ottenere un
accordo di fatto al termine di una discussione portata avanti secondo
le regole della ragione». Concetto che si può applicare alle
«discussioni del dopopartita» perché appartengono, per lui in modo
«innegabile», al genere filosofico.
Approda, infine,
all’omaggio al lo scrittore uruguaiano Eduardo Galeano che si
definiva «mendicante di buon calcio». E si rallegrava perché «per
fortuna appare ancora sui campi, sia pur molto di rado, qualche
sfacciato che esce dallo spartito e commette lo sproposito di mettere
a sedere tutta la squadra avversaria per il puro piacere del corpo
che si lancia verso l’avventura proibita della libertà». Torna
gioco, se rompe gli schemi.
La Repubblica – 9 gennaio 2018