TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


mercoledì 31 gennaio 2018

Nostradamus, medico a Savona



Tutti conoscono Nostradamus come autore di celebri profezie, quasi nessuno sa che per quasi un anno esercitò la professione di medico a Savona.

Giorgio Amico

Nostradamus, medico a Savona

Sei quartine di Nostradamus parlano di Savona, una cita esplicitamente Albisola e Carcare. Anche ad una superficiale lettura viene da pensare ad una sua conoscenza diretta, di prima mano, del territorio. Ed infatti Nostradamus soggiornò a lungo a Savona, fra il 1548 e il 1549. E' lui stesso a raccontarlo in uno dei pochissimi cenni autobiografici della sua ampia produzione letteraria.

Nell'introduzione al suo Trattato di cosmetici e confetture del 1552 egli racconta come alla fine del 1548 venisse a Savona per studiare alchimia vegetale presso Antonio Vigerchio (Viglierchio) “speziale e uomo dabbene”, tanto capace nella sua professione da meritare dall'università “palma o alloro”, insomma una laurea honoris causa. Forse un accenno polemico al rifiuto del mondo accademico di riconoscere ai farmacisti uno status pari a quello dei medici. Una chiusura che al giovane Nostradamus era costata nel 1529 l'espulsione dalla facoltà di medicina dell'Università di Montpellier per aver operato negli anni precedenti proprio come speziale.

Una presenza confermata dal primo storico savonese Giovanni Vincenzo Verzellino che nel suo “Delle memorie particolari e specialmente degli uomini illustri della città di Savona”, pubblicato nel 1885, ma scritto nei primi decenni del Seicento e dunque a ridosso dei fatti narrati, annota come «In questo tempo medicava in Savona M. Michele Nostradamo medico francese eccellente nell’astrologia il quale molte cose predisse».

D'altronde di un Antonio Viglierchio, speziale, parlano anche le “Cronache savonesi” di Giovanni Agostino Abate che lo cita nell'elenco degli “artigiani che esplicano la loro arte senza aver bisogno dell'usuraio” (e dunque in buone condizioni economiche) per l'anno 1565.

Buone condizioni economiche attestate anche da uno studio di qualche anno fa di Giuseppe Milazzo da cui si evince come proprio in quegli anni (1545) Antonio Viglierchio possedesse a Savona, in enfiteusi, la Cappella di San Saturnino e le due ville adiacenti, su quella che, fin dal Medio Evo, era conosciuta col nome di collina dei Folconi e che oggi è conosciuta come via Privata degli Angeli. Un edificio antichissimo, ancora oggi esistente anche se reso quasi invisibile dalla selva di palazzoni che gli sono stati costruiti attorno negli ultimi decenni.

    La Cappella di S. Saturnino

La Savona che Nostradamus trova giungendo dalla Provenza è una città devastata dall'occupazione genovese, che da poco ha visto interrare il porto e distruggere la città vecchia e la cattedrale che aveva tanto colpito per la sua bellezza Francesco Petrarca in viaggio verso la corte papale di Avignone. Un contemporaneo, Ottobuono Giordano, notaio di origini savonesi rientrato in città dopo aver passato gran parte della sua vita altrove, ci ha lasciato un drammatico resoconto della vera e propria sensazione di straniamento causata dalla distruzione del Priamar. Tornato a Savona in tarda età (70 anni), egli arrivando dal mare non riconosce più i luoghi della sua giovinezza tanto da pensare che il padrone della barca l'abbia portato per errore in un altra località, ma

“alla fine accostandomi a terra paria e non paria quella... vidi il bello arsenale tutto ruinato, vidi il vago molo tutto guasto, et afracasso ito, vidi il porto essere soleva tutto pieno et sopra v'erano case fabbricate, del che restai così stupito che pareva un marmore, et ancora dubitava, che questo non fosse il luoco per il quale m'era partito dal mio paese, ma sequendo oltre vidi la bella muraglia et eminente torre tutte in ruina et abbandono che mi fu un coltello al cuore, talche appena poteva favellare”.

E' in questo quadro di rovine che Nostradamus svolge la sua attività di studioso e di medico e con risultati tali da attirare clienti anche da lontano. Egli ricorda come sulla base dei consigli del Viglierchio avesse confezionato un unguento miracoloso per curare l'arrossamento delle pelle che in una sola notte aveva guarito la moglie di un certo Messer Bernardo Grasso e la fidanzata di Messer Giovanni Ferlino, di Carmagnola.


Un successo crescente tanto che nel 1549, appena prima di ripartire per Salon, Nostradamus riceve dal Marchese di Finale l'incarico di curare la sorella Benedetta, non sappiamo colpita da quale afflizione, che egli guarisce con un rimedio a base di pinoli tostati.

Una ricetta inserita nel Trattato sui cosmetici e le confetture che egli compila non appena tornato a Salon e che esplicitamente presenta come il frutto più alto dell'intero suo percorso di ricerca e di studio. Un'arte medico-farmacologica che il grande luminare era venuto ad apprendere a Savona.