Pasquale Stanziale
Abbiamo visto come il manuale di B. Graciàn, un autore-guida di Debord, sia divenuto una lettura classica per i manager USA. Questa è una di quelle situazioni per cui le domande di Debord hanno ricevuto dal capitalismo delle risposte invertite . Allo stesso modo le teorie debordiane sono fatte proprie dal marketing di aziende (Negozi Hollister ecc. - M. D’Ambrosio 2008), la deriva è sperimentata ed istituzionalizzata da Facoltà di Architettura romane e torinesi ed è presente in alcuni format TV nei quali vengono costruite situazioni emozionanti da attraversare. Il gruppo Luther Blisset (oggi Wu Ming), anche, ha fatto la sua parte (P. Stanziale 1998) con le relative denigrazioni e con critiche di cui qualcuna, a nostro avviso, fondata. Che dire poi di quel gigantesco dètournement pervasivo che prende il nome di postmoderno, figurazioni che assemblano stili precedenti secondo un progetto ludico, partecipando ad uno spettacolo globale, ad un immenso “simulacro immaginifico” (F. Jameson 1994) tra stereotipizzazioni e nostalgie.
I parchi a tema, i villaggi disneyani, i villaggi-outlet cos’altro sono se non progetti paradossalmente deturnati dell’urbanismo unitario…
4.3
E le vedette, poi, di cui parla Debord nella Sds, fenomeno che nel tempo si è ampliato fino a riempire, ai nostri giorni, interi pomeriggi di trasmissioni televisive in cui storie ed ambiti privati di veline e di personaggi dello spettacolo vengono scrutati con dovizia di particolari anche creando artificiose situazioni in cui queste persone sono costrette a muoversi ed agire, universi in cui queste vedette spesso perdono ogni forma di decoro personale in nome di un finto realismo spettacolare.
4.4
Queste solo alcuni esempi di risposte invertite della storia alle domande debordiane (vedi anche G. Agamben 1999), un percorso che giunge fino ad una spettacolarità integrata che può assumere varie forme: si va dalla strategia del terrorismo-spettacolo (R. Massari 2002)- che consente alle classi di potere, nei vari paesi dell’imperialismo, di ridisegnare l’ordine mondiale in funzione dell’interesse delle multinazionali- sino a un voyeurismo televisivo generalizzato, in cui la fiction si installa sempre più nella realtà, sotto l’occhio onnipresente delle telecamere, confermando ulteriormente l’Hegel deturnato debordiano per cui “il vero è un momento del falso” (G. Debord 2002).
Ma le intuizioni debordiane- come sottolineato da più parti- avvenivano in un momento in cui anche il capitalismo stesso stava cambiando- secondo quanto aveva scritto Marx sul fatto che il capitalismo è fondato sul cambiamento (innovazioni produttive, produzione di nuove merci, ricerca di nuovi mercati ecc.). Un cambiamento che, facendo sue tutte le innovazioni emerse nelle varie aree della conoscenza, procedeva alla realizzazione di nuovi assetti economico-produttivi (vedi punto 4.8). Rispetto a questo andamento l’IS si trovava in ritardo, come ammesso da Debord stesso, un andamento che vedeva il potere procedere rapidamente nello sviluppo delle sue strategie di dominio corrispondenti ai nuovi meccanismi economici.
4.6
Ne i Commentari del resto Debord prende atto di tutto ciò e sottolinea una serie di fatti :
4.6.a- come in Francia e in l’Italia lo spettacolo integrato sia maggiormente presente rispetto ad altre nazioni, questo per una serie di parametri storicamente determinati; noi aggiungiamo che in Italia più che in Francia, venti anni di televisione commerciale (studi specifici sarebbero utili su questo argomento), hanno contribuito certamente a quella mutazione di cui Debord stesso parla (G. Debord 1997) a proposito di generazioni ormai fortemente sottomesse alle leggi dello spettacolo;
4.6.b- anche i cinque punti che Debord indica nella Tesi V dei Commentari come parametri combinati propri dello spettacolare integrato trovano un’area di verifica proprio nell’Italia degli ultimi decenni: la continuità di un rinnovamento tecnologico, l’alleanza e la combinatoria tra economia e stato nell’ambito di interessi di potere, il segreto generalizzato, affermato anche recentemente da un Presidente del Consiglio italiano, la falsificazione indiscutibile, rilevabile marcatamente in taluni universi di discorso, la scomparsa dell’opinione pubblica di cui si parla frequentemente ai nostri giorni, con le gravi conseguenze politiche connesse (scoperta recente e tardiva di alcuni intellettuali italiani), il vero che diviene, in tali ambiti, una ipotesi;
4.6.c- un presente dilatato, con la rimozione del passato e con l’eliminazione di ogni aspettativa per il futuro, è avvertibile in modo netto nella realtà delle società contemporanee, unitamente al rifiuto della storia ed alla sua manipolazione, situazioni denunciate da Debord e rilevabili nell’Italia di tempi recentissimi;
4.6.d- appare pure evidente il fatto che le democrazie nello spettacolo integrato- come quella italiana- presentano una fragilità di fondo (Tesi VIII) che ha come risvolto l’insofferenza per tutto ciò che è opposizione, domanda di cambiamento, critica alle loro espansioni ed alle loro spettacolarizzazioni mercantili.
4.7
Il monitoraggio debordiano dei Commentari continua con una serie di riflessioni che vanno dalla critica all’eccesso di predominio dell’economia- che tende a perdere di vista l’umano (tema caro a S. Ghirardi - 2005)- alla delineazione di una società della sorveglianza e dell’incertezza, alla mafia che si presenta come modello organizzativo nello spettacolo integrato, al ruolo dei servizi segreti nel terrorismo. Le ultime pagine dei commentari trattano della recente storia europea e di come lo spettacolo abbia cambiato l’arte di governare (Tesi XXXII) e di come ci sarà un ricambio nella classe cooptata che gestisce il potere, nell’epoca della spettacolarità compiuta, verso nuovi sofisticati traguardi di dominio- ciò che si è puntualmente realizzato.
In effetti ci sembra che si possa dire che l’intellettuale d’avanguardia Debord nella seconda metà degli anni ’60, attraverso i percorsi cui abbiamo accennato nei punti precedenti, abbia individuato genialmente l’andamento di alcune direttrici sociopolitiche delle società capitalistiche avanzate - con annesse strategie di nuove e più pervasive forme di asservimento- ed abbia reagito al suo meglio, strutturando con altri compagni di viaggio, un nucleo teorico-critico rivoluzionario nell’ambito di un movimento, quello del ’68, che in varie nazioni contestava il capitale, l’imperialismo e la burocrazia (R. Massari 1998), esigendo cambiamenti radicali dal punto di vista socioculturale e politico.
"Noi pensiamo anzitutto che occorra cambiare il mondo, vogliamo il cambiamento più liberatore della società e della vita in cui siamo compressi. Sappiamo che questo cambiamento è possibile con azioni appropriate. Nostro compito è precisamente l'impiego di certi mezzi d’azione e la scoperta di nuovi, più facilmente riconoscibili, nel dominio della cultura e dei costumi, ma applicati nella prospettiva di un’azione reciproca di tutti i mutamenti rivoluzionari. Ciò che si definisce cultura, riflette, ma anche prefigura, in una data società, le possibilità d'organizzazione della vita.
La nostra epoca è caratterizzata fondamentalmente dal ritardo dell'azione politica/rivoluzionaria sullo sviluppo delle possibilità moderne di produzione che esigono un'organizzazione superiore del mondo. Viviamo una crisi essenziale della storia, in cui ogni anno si pone più nettamente il problema del dominio razionale delle nuove forze produttive e della formazione di una civiltà su scala mondiale. "(G. Debord 1957).
Ciò tenendo presente quanto Marx aveva scritto nel Manifesto delineando profeticamente le future dinamiche del capitalismo. "La borghesia non può esistere senza rivoluzionare continuamente gli strumenti di produzione, i rapporti di produzione, dunque tutti i rapporti sociali. Prima condizione di esistenza di tutte le classi industriali precedenti era invece l'immutato mantenimento del vecchio sistema di produzione. Il continuo rivoluzionamento della produzione, l'ininterrotto scuotimento di tutte le situazioni sociali, l'incertezza e il movimento eterni contraddistinguono l'epoca dei borghesi fra tutte le epoche precedenti. Si dissolvono tutti i rapporti stabili e irrigiditi, con il loro seguito di idee e di concetti antichi e venerandi, e tutte le idee e i concetti nuovi invecchiano prima di potersi fissare. Si volatilizza tutto ciò che vi era di corporativo e di stabile, viene profanata ogni cosa sacra, e gli uomini sono finalmente costretti a guardare con occhio di-sincantato la propria posizione e i propri reciproci rapporti. Il bisogno di uno smercio sempre più esteso per i suoi prodotti sospinge la borghesia a percorrere tutto il globo terrestre. Dappertutto deve annidarsi, dappertutto deve costruire le sue basi, dappertutto deve creare relazioni.
Con lo sfruttamento del mercato mondiale la borghesia ha dato un'impronta cosmopolitica alla produzione e al consumo di tutti i paesi. Ha tolto di sotto i piedi all'industria il suo terreno nazionale, con grande rammarico dei reazionari. Le antichissime industrie nazionali sono state distrutte, e ancora adesso vengono distrutte ogni giorno. Vengono soppiantate da industrie nuove, la cui introduzione diventa questione di vita o di morte per tutte le nazioni civili, da industrie che non lavorano più soltanto materie prime del luogo, ma delle zone più remote, e i cui prodotti non vengono consumati solo nel paese stesso, ma anche in tutte le parti del mondo. Ai vecchi bisogni, soddisfatti con i prodotti del paese, subentrano bisogni nuovi, che per essere soddisfatti esigono i prodotti dei paesi e di scambio universale, un'interdipendenza universale fra le nazioni. E come per la produzione materiale, così per quella intellettuale. I prodotti intellettuali delle singole nazioni divengono bene comune. "(K. Marx F. Engels (1848) 1998- vedi anche punto 4.5).
Anche se Debord, poi, ammette l’esistenza di una arretratezza dell’azione politica (vedi punto 4.5) rispetto alle mutate forme produttive- ed al loro dominio- è pur vero che le sue teorie certamente rappresentano una delle poche narrazioni dell’epoca contemporanea all’altezza del problema (G. Agamben 1999).
5- Firewall, ideologie e dissolvenze
5.1
Un dato di fatto è che lo scioglimento nel popolo dell’IS si presenta coerentemente con l’inizio e con gli sviluppi dei suoi assunti pur prestando il fianco ad una serie di critiche. Vanno opportunamente considerate alcune situazioni.
5.1.a- La storia dell'IS dal 1957 in poi è storia di scomuniche, di espulsioni, di settarismo: gioca qui il suo ruolo l’eredità surrealista ma anche è necessario tener conto di quanto ha scritto A. Jorn ( 1964 cit. vedi 3.3) a proposito di Debord.
5.1.b- Il Situazionismo si è sempre presentato come una pratica teorica a cui Debord ha posto sempre direttrici analitiche proprie ispirate ad una rigorosa ortodossia.
5.1.c- Sono emerse evidenti scollature fra teoria e prassi, con la palese mancanza di condizioni effettivamente rivoluzionarie dopo il Maggio francese.
5.1.d- Come sostiene Gianfranco Marelli (1996) "L’Internationale Situationniste incarrnò questa sfida sul cambiamento e la condusse sino alle estreme conseguenze."
5.1.e- I Situazionisti spesso scivolarono nell’autocontemplazione tendendo ad esagerare la loro influenza sugli eventi del maggio francese.
5.1.i- L’11 novembre 1970 Debord dichiara di voler lascire l’IS. Vaneigem si dimette tre giorni dopo. Nel 1972 Debord e Sanguinetti, i due soli membri superstiti dell’IS, pubblicano La veritabile scission. (In ogni caso, dopo, Debord continuò poi ad attribuire all’avanguardia IS un ruolo strategicamente valido in senso prerivoluzionario, intendendo con ciò la messa in atto di una pratica teorica di critica radicale delle società capitalistiche moderne anticipatoria di una possibile rivoluzione).
5.1.m.b- Il movimento delle occupazioni, intese come coscienza situazionista della storia, rappresenta, per Debord, l’abbozzo di una pratica della rivoluzione (sulla scorta della lotta di classe in corso, a quel tempo, nelle periferie di Los Angeles), ovvero il momento in cui “una generazione ha iniziato ad essere situazionista” (tesi 7).
5.1.m.c- Debord rileva che "oggi l’inquinamento e il proletariato sono i due lati concreti della critica dell’economia politica. Lo sviluppo universale della merce si è interamente verificato in quanto compimento dell’economia politica, cioè in quanto ‘rinuncia alla vita’ "(tesi 17). E denuncia il fatto che l’economizzazione delle risorse naturali ha mostrato il male economico. Inoltre nocività e malattie connesse con la produzione sono sempre più frequenti e troppo care per il sistema mercantile. L’incompatibilità, infine, tra rapporti di produzione e forze produttive, nelle sue punte massime, comporta un deterioramento sempre più marcato di tutte le condizioni di vita (tesi 17).
5.1.m.e- Nella tesi 43 si afferma che “i situazionisti erano sulla breccia per combattere lo spettacolo, non per governarlo”, ciò contro il fatto che l’attaccamento all’IS e il riferirsi in qualche modo all’ambito situazionista potesse comportare quella che si potrebbe definire una rendita di posizione degna di riguardo particolare: ciò che non ha senso, scrive Debord, nell’azione rivoluzionaria (ma che acquistarà, successivamente, senso referenziale e valore per impieghi in ambito mediocratico).
Pasquale Stanziale è nato a Cascano di Sessa Aurunca in provincia di Caserta, laureato in Filosofia, docente di Storia e Filosofia nei Licei, collabora con Università ed Agenzie di Formazione. Ha al suo attivo un’ampia pubblicistica nel campo delle Scienze Umane. Collabora con la rivista Civiltà aurunca per la parte socioantropologica. Tra le sue pubblicazioni Omologazioni e anomalie (Caserta 1999), ricerca divenuta un classico degli studi locali, Mappe dell’alienazione (Roma 1995), saggio di Filosofia politica, la traduzione del best-seller la Società dello spettacolo di G. Debord (Viterbo 2002). Ha curato anche Il Manuale di saper vivere ad uso delle giovani generazioni di R. Vaneigem (Viterbo 2004) ed una antologia di autori situazionisti (Viterbo 1998). Tra le pubblicazioni più recenti Cultura e società nel Mezzogiorno (Caserta 2007).