TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


martedì 7 giugno 2011

Ventimiglia: sulla pelle dei migranti


Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo intervento di Gianluca Paciucci sulla "emergenza profughi" a Ventimiglia.

Gianluca Paciucci

Ventimiglia: sulla pelle dei migranti


L'Italia continua a bombardare la Libia, imperterrita, con l'ottusità di chi non si rende conto della reale implicazione delle proprie magnifiche gesta: distruzioni e ancora distruzioni. Nella disattenzione più totale dell'opinione pubblica i nostri aerei, guidati dagli eroici Napolitano e La Russa, versano bombe su bombe su quell'infelice Paese. Ecco: viviamo di rimozioni, e solo quando ci toccano da vicino, reagiamo. Non di rado con violenza. Ad accorgersi della guerra in Libia, e del caos generalizzato nel Nordafrica, sono sicuramente le cittadine e i cittadini di Lampedusa e di Ventimiglia, approdo iniziale e finale del viaggio in Italia di centinaia di profughi. Un aereo da guerra o qualche stipendio d'oro o corruzione di colletti bianchi in meno, e tutta la falsa “emergenza profughi” sarebbe risolta senza problemi. E invece lavorano in direzione opposta a quella indicata da un Presidente della Repubblica di ben altra tempra e lucidità rispetto all'attuale, il socialista Sandro Pertini: “Si svuotino gli arsenali, si riempiano i granai”. Facciamo l'esatto contrario: vuoti sono i granai, per follia del mercato e stress climatico, e pienissimi gli arsenali. In questo senso Napolitano, Berlusconi e La Russa sono ancora intimi alleati di Gheddafi: amici, compagni di guerra e di tenda, finti rivali che solo per uno scherzo del destino sono finiti in opposte trincee, ma uniti contro i popoli che subiscono i soliti “danni collaterali”, di cui ipocritamente si scusano in uno scarno comunicato.



Al confine di Ventimiglia continua a giocarsi una partita pericolosa sulla pelle dei migranti. Fuggiti soprattutto dalla Tunisia dopo la rivolta vittoriosa contro Ben Ali, molti giovani e giovanissimi, tutti maschi (si è segnalata solo la presenza di una famiglia), raggiungono la città di frontiera nella speranza di poter passare in Francia. Molti di loro riescono nell'intento, dopo un soggiorno più o meno breve nel campo allestito e gestito dalla Croce Rossa, ma giunti nel Paese che era la terra della libertà, si trovano a dover fare i conti con gli sprezzanti gendarmes che perlustrano i treni e attuano blocchi lungo le strade. Chi riesce a superare questi ostacoli, o viene accolto dalla comunità francese di origine maghrebina oppure vive come capita in una situazione di estremo disagio lungo la route de Grenoble (periferia ovest di Nizza, capannoni industriali e grandi magazzini – ci hanno detto operatori umanitari francesi). Oppure passa oltre, verso altre città francesi (Marsiglia, Parigi) o altri Paesi dell'Unione Europea. Resta il fatto che Francia e Italia stanno dando uno spettacolo penoso, così come tutta l'Europa. Il dato da cui si deve partire è la sofferenza profonda dei migranti, smarriti in una terra di nessuno: come per il blocco “comunista” negli anni Novanta, così oggi per il blocco “islamico” l'Occidente suscita o perlomeno appoggia rivolte in nome della libertà (libertà da despoti amici fraterni dell'Occidente, nella maggior parte dei casi) ma non sa né vuole governare il dopo rivolte se non con la repressione, con le guerre e con politiche che sfruttano la paura. Il muro del Mediterraneo oggi, come quello di Berlino appena ieri, in realtà protegge/proteggeva l'Occidente (riprendiamo una tesi di Jean Baudrillard) e i due crolli hanno messo in difficoltà il sistema-Europa: essi hanno inoltre contribuito a trasformarlo in una fortezza che vuole ritenersi assediata, e al tempo stesso lo hanno reso più solido grazie a manodopera a buon mercato (braccia, e non persone...) e alle politiche securitarie che permettono una specie di ricompattamento etnico. Gli imprenditori della paura hanno cercato di ottenere risultati elettorali, fallendo, almeno nella tornata delle recenti amministrative: ecco il “föra di ball” del Ministro Bossi, l'invito a sparare sui migranti lanciato da Castelli e da Speroni (di quest'ultimo su Radio24, 13 aprile c.a., rimarrà schifosamente memorabile il “Mitragliamo gli immigrati che arrivano sulle nostre coste”) e il “Maroni e clandestini, fuori dalle palle, fuori i clandestini”, di Forza Nuova (c'è sempre qualcuno più fascista di te...). Frasi pronunciate proprio al confine domenica 3 aprile da una trentina di leghisti guidati dall'eurodeputato Borghezio, e la domenica successiva da una cinquantina di militanti di Forza Nuova. In entrambi i casi l'inconsistenza politica è saltata agli occhi, con slogan pateticamente duri a coprire l'incapacità totale di analisi e di azione politica. Lega Nord e Forza Nuova, molto spesso alleate contro migranti e rom, ora si scoprono provvisoriamente nemiche, e Maroni diventa un traditore buonista per i forzanovisti. Agli antirazzisti e agli antifascisti, però, il “föra di ball/fuori dalle palle” ricorda solo le centinaia di morti che giacciono in fondo al Mediterraneo: donne, uomini, bambini e bambine che avrebbero avuto diritto a una vita diversa. Più di 1200 morti da gennaio 2011 a oggi, nello stretto di mare che divide Tunisia e Libia dall'Italia, e liti da quattro soldi tra Malta e Italia, sulla pelle dei migranti.




Occorre riflettere: nella città di confine, si deve parlare di emergenza/invasione/assedio, come qualcuno ha scritto, oppure di un ennesimo inutile allarmismo? In realtà poche centinaia di giovani tunisini non rappresentano un'emergenza: la situazione in città è tranquilla, e lo è sempre stata in questi tre mesi di crisi. Non siamo a Manduria, non a Lampedusa (eppure, per un Paese come l'Italia, possono essere un problema poche migliaia di migranti?...)1 Ventimiglia piuttosto è indifferente, tristemente indifferente, e le manifestazioni in sostegno ai migranti non hanno raccolto le adesioni che si aspettavano (il 2 aprile circa 500 persone, e il 9 una settantina, per un'assemblea nel piazzale della Stazione), anche se i numeri sono stati molto superiori a quelli di leghisti e fascisti. La mobilitazione è però continua: contro il razzismo, contro la politica dell'immigrazione dell'Unione europea e dei governi italiano e francese, per la libera circolazione delle persone e per un'Europa senza frontiere si sono svolte diverse manifestazioni italo-franco-tunisine, promosse dalle Associazioni del Comitato antirazzista della provincia di Imperia e da varie Associazioni del dipartimento delle Alpi Marittime (l'ultima il 28 maggio). Alcuni migranti hanno provato a rendersi visibili, partecipando alle assemblee e ai cortei organizzati a Ventimiglia e a Mentone e attuando uno sciopero della fame nei primi giorni di maggio; ovvero politicizzando la loro situazione, con l'appoggio del Comitato antirazzista della provincia di Imperia, di alcune organizzazioni francesi e di mediatori italo/franco-tunisini. Ma la loro politicizzazione era già nei fatti, era ed è nei loro corpi che reclamano una giustizia interamente umana, frutto di un ordine politico diverso.



Quei corpi ancora bloccati al confine, in stazione a Ventimiglia o nel Centro di accoglienza (la cui chiusura è prevista per i primi di giugno), ci dicono che un cambiamento radicale non può tardare e che la politica non deve perdere l'ennesima occasione di rimettersi in gioco, almeno attorno a questo mare chiuso che è il Mediterraneo. Se questi corpi non sono emergenza, lo sono invece l'ingiustizia radicata e la violenza dei Paesi ricchi contro i poveri, lo sono le leggi del mercato; emergenza è la guerra, emergenza è stato il sostegno di Berlusconi a Gheddafi e di Sarkozy a Ben Ali, emergenza sono state tutte le violente dittature nei Paesi del Maghreb, assassine dei propri popoli. Emergenza è la miseria politica di Berlusconi e di Maroni (ma tanta parte del centrosinistra italiano e della gauche francese non brilla per posizioni alternative...), e il veleno immesso nelle vene dell'Italia in un ventennio di rozza ed efficace propaganda. Emergenza è il consiglio comunale di Ventimiglia che potrebbe essere sciolto per infiltrazioni mafiose, nei giorni in cui scriviamo: un pesante dossier dei carabinieri è da qualche tempo nelle mani del prefetto.


Gianluca Paciucci è nato a Rieti nel 1960. Laureato in Lettere, è insegnante nelle Scuole medie superiori dal 1985. Come operatore culturale ha lavorato e lavora tra Rieti, Nizza e Ventimiglia; in questa città è stato presidente del Circolo “Pier Paolo Pasolini” dal 1996 al 2001. Dal 2002 al 2006 ha svolto la funzione di Lettore con incarichi extra-accademici presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Sarajevo, e presso l’Ambasciata d’Italia in Bosnia Erzegovina, come Responsabile dell'Ufficio culturale. In questa veste è stato tra i creatori degli Incontri internazionali di Poesia di Sarajevo. Ha pubblicato tre raccolte di versi, Fonte fosca (Rieti, 1990), Omissioni (Banja Luka, 2004), e Erose forze d'eros (Roma, 2009); suoi testi sono usciti nell’ “Almanacco Odradek”. Dal 1998 è redattore del periodico “Guerre&Pace”. Collabora con le case editrici Infinito, Multimedia e con la "Casa della Poesia".