Il 15 ottobre 1923
nasceva Italo Calvino. Sempre ad ottobre (il 17) moriva nel 2001
Francesco Biamonti Li ricordiamo con questa lettera (di cui
riportiamo ampi stralci) con cui lo scrittore sanremese comunicava ad
un ancora sconosciuto Francesco Biamonti il suo giudizio positivo su
L'Angelo di Avrigue. La pubblicazione del romanzo avverrà dopo due
anni di discussioni in cui Calvino dovrà spendere tutta la sua
autorevolezza per convincere l'Einaudi della qualità letteraria del
testo. E forse non sarebbe bastato, se di nuovo non fosse intervenuto
Nico Orengo. Ma questa è un'altra storia che racconteremo presto.
Italo
Calvino
Il
magaiu solo noialtri sappiamo cos'è
Così
Italo Calvino scriveva a Francesco Biamonti
Roma, 21 ottobre 1981
Caro Signor Biamonti,
Nico Orengo mi ha dato il
manoscritto del Suo romanzo L'angelo di Avrigue. L'ho letto
con molto interesse, contento di trovare una personalità di
scrittore nuova e inattesa.
La storia prende e non si
ha voglia di smettere. La compenetrazione del paesaggio e dei drammi
umani è molto suggestiva. (…) E' un libro in cui succedono molte
cose ma che è fatto sopratutto di cose non dette e di silenzi: e
ogni personaggio conserva il suo mistero.
Il lirismo del linguaggio
ha la sua efficacia; qualche sbavatura qua e là magari si potrà
correggere cin piccoli ritocchi. (…) Quello che Lei vuole fare è
una cosa molto difficile: dare al linguaggio la concretezza d'un
lessico molto preciso (nelle cose della campagna come nei nomi delle
stelle) e insieme un alone di vibrazione lirica. (…)
Certo l'attrattiva che ha
per me il Suo linguaggio è che sotto c'è sempre il nostro dialetto;
ma questo possiamo apprezzarlo solo noi della zona, e per il
pubblico credo che sarà indispensabile un glossario che spieghi che
pianella sta per “cianéla” cioè piana, che sottana
non vuol dire sottana, che ubago vuol dire all'ombra, ecc.ecc.
e perfino che marina da noi vuol dire semplicemente mare.
Anche il magaiu solo noialtri sappiamo cos'è; e non è
nemmeno detto che nel resto d'Italia sappiano cos'è una fascia. (Ci
sono poi anche dei termini che non capisco nemmeno io). Comunque
questa è una grande qualità del Suo libro, d'essere scritto in una
lingua così saporosa e radicata al suo terreno.
Suggestiva l'apparizione
del pastore provenzale per il corto circuito nel tempo che provoca
con le immagini del presente.
Quello che il Suo romanzo
è riuscito a rappresentare credo per la prima volta, è un'immagine
della Liguria che comprende insieme la vita agricola dell'entroterra,
dura e aspra e povera, e il modello di vita facile della Riviera che
ora prende l'aspetto tragico della droga come consumo di massa.
Inoltre viene fuori molto
bene la carica tragica che la frontiera porta con sé, con la morte
del polacco e quella dello Chasseur des Alpes che fanno da
cornice alla morte del giovane suicida. E questo è certo un tema
letterario nuovo, inedito.
Il mio parere positivo
non vuole ancora dire che il libro sia accettato per la pubblicazione
da Einaudi. Devo farlo leggere anche ad altri consulenti e dal
confronto tra i nostri giudizi verrà la decisione. Spero di saperLe
dire qualcosa presto e La saluto esprimendoLe ancora la mia
soddisfazione per la lettura.
Italo Calvino
(Da: Italo Calvino,
Lettere (1940-1985), Mondadori 2000, pp. 1456-57)