TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


lunedì 25 gennaio 2016

Sport e Shoah



Il comune destino degli ungheresi Istvan Toth e Geza Kertesz. Costruirono una rete clandestina per salvare gli ebrei, diventarono allenatori in Italia, tornati in patria furono fucilati nel '45.


Pasquale Coccia

Sport e Shoah


Gottfried Fuchs e Jiulius Hirsch furono gli unici calciatori ebrei a vestire la maglia della nazionale tedesca, primato che detengono ancor oggi. Amici per la pelle in campo e fuori, furono segnati da un diverso destino. Il primo, una mezzala in grado di trasformarsi in un veloce attaccante e mettere la palla in rete, passò alla storia del calcio alle olimpiadi di Stoccolma del 1912, quando con la nazionale tedesca in una sola partita realizzò dieci dei sedici gol che la Germania inflisse alla Russia. Prima che la furia hitleriana si abbattesse sugli ebrei Gottfried Fuchs fuggì in Canada, dove visse fino al 1972. Diversa fu la sorte dell’ala sinistra Julius Hirsc. Convinto che la persecuzione degli ebrei fosse passeggera rimase in Germania, ma per lui non ci fu scampo, fu deportato ad Auschwitz dove morì nel maggio del 1945.

Ebbero destini comuni fino alla morte Istvan Toth e Geza Kertesz, due calciatori ungheresi, poi allenatori in Italia, che aiutarono gli ebrei e mettersi in salvo attraverso una rete clandestina cui avevano dato vita. Come facevano ad aiutare centinaia di ebrei al giorno? Forti del loro perfetto accento tedesco, vestiti da ufficiali delle SS li prelevavano direttamente dal ghetto di Budapest. Toth e Kertesz furono due calciatori che da giovanissimi giocarono nel Btc Budapesti, una delle più forti compagini del campionato magiaro.

Toth, il più forte tra i due esordì in nazionale a soli 18 anni in, Ungheria-Inghilterra, 4 a 2 a favore degli inglesi. Toth e Kertesz, giocarono insieme per tre anni, poi Toth passò nelle file del Ferencvaros. Facevano parte di quella scuola danubiana che si affermò rapidamente e dominò il calcio europeo dagli anni Trenta fino al dopoguerra. Finita la carriera calcistica, Istvan Toth e Geza Kertesz restarono entrambi nel mondo del calcio, intraprendendo la carriera di allenatori, seppero applicare moduli innovativi e vincenti.

Toth al suo primo anno da allenatore alla guida della Ferencvaros, conquistò lo scudetto, un trofeo che mancava da ben tredici anni, e l’anno successivo la Coppa dell’Europa centrale, rispondente all’attuale Champions. A 40 anni Istvan Toth era sul tetto d’Europa, l’allenatore più conosciuto per gli allenamenti e i moduli tattici rivoluzionari che aveva saputo introdurre nel calcio, non solo era un grande motivatore, contava sulla forza del gruppo, ma per la prima volta ogni calciatore aveva una sua scheda di allenamento con i punti forti e deboli da curare.

Nell’estate del 1931 per Istvan Toth arrivò la chiamata dall’Inter. I nerazzurri l’anno precedente avevano vinto lo scudetto sotto la guida di un altro grande allenatore ungherese, Arpad Weisz, che aveva lasciato i campioni d’Italia per passare al Bologna di Leadro Arpinati, fascista della prima ora e ras della città emiliana, il quale voleva i felsinei scudettati a tutti i costi. I nerazzurri avevano nelle proprie file Giuseppe Meazza, che appena ventenne era stato lanciato nella massima serie proprio da Arpad Weisz.

Quell’anno l’Inter concluse il campionato al sesto posto, una delusione per le aspettative dei nerazzurri, a Toth non restò altro che raggiungere l’Ungheria per allenare altre squadre. Diverso il percorso da allenatore di Geza Kertesz, che fece una carriera tutta italiana. Alla guida dello Spezia portò la squadra ligure al passaggio di categoria, passò alla Carrarese che condusse in serie B, fu allenatore del Viareggio e della Salernitana. A fargli una corte spietata e a non badare a spese fu il barone Enrico Talamo, proprietario del Catanzaro, Geza Kertesz al termine del campionato 1932–33, portò la squadra calabrese in serie B, dopo aver vinto gli spareggi contro il Napoli e il Perugia, mai una squadra calabrese aveva conquistato un risultato del genere. Kertezs divenne un eroe popolare, ma l’affetto della gente di Catanzaro non lo trattenne. L’allenatore magiaro era un animo irrequieto e dopo il successo calabrese, passò in Sicilia dove prese ad allenare il Catania, anche qui Kertesz replicò il successo ottenuto l’anno prima a Catanzaro.

La squadra etnea non aveva mai raggiunto la serie B, dopo il successo la piazza si riscaldò e voleva la serie A, la squadra siciliana acquistò Biavati, futuro campione del mondo nel ’34, ma concluse il campionato di B al terzo posto. A reclamare l’allenatore magiaro fu il Taranto, Kertesz alla guida della squadra pugliese conquistò per l’ennesimo anno la serie B, ormai era considerato un esperto di promozioni. Intanto aveva rifatto capolino in Italia il suo amico Toth, il quale allenò la Triestina, dove lanciò Gino Colaussi, che vinse i mondiali di Francia nel 1938, ma i risultati furono deludenti, mentre Kertesz approdò in serie A alla Lazio, piazzandosi al quarto posto nel campionato 1939–40.

L’anno successivo all’euforia seguirono risultati deludenti, alla sesta giornata di campionato Kertesz fu esonerato, allenò anche la Roma l’anno dopo quello dello scudetto del 1939–40. L’aria si era fatta pesante, l‘Italia era in guerra, Kertesz tornò a Budapest. Dopo l’invasione di Hitler, organizzò con Toth una rete per salvare ebrei e oppositori politici, Kertesz parlava perfettamente il tedesco e vestito da ufficiale SS andava nel ghetto a prelevarli per metterli in salvo. La rete di resistenza durò un anno, fino a quando una spia denunciò i due allenatori, la Gestapo li fucilò il 6 febbraio del 1945, il 13 febbraio Budapest fu liberata.



il manifesto – 23 gennaio 2016