TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


domenica 25 giugno 2017

Tra Ponente ligure e Olanda. Marino Magliani, L'esilio dei moscerini danzanti giapponesi.



Nel suo ultimo libro Marino Magliani raccoglie i fili sparsi del suo percorso esistenziale e artistico. Attraverso il Ponente ligure, la Spagna, l'Olanda si dipanano le tappe di un viaggio quasi iniziatico alla ricerca di un tempo forse perduto o forse ancora da vivere. Un libro intenso e poetico, senza nostalgie consolatorie, scritto con la rude tenerezza di chi, proprio come i nostri vecchi in eterna lotta con una terra povera ed aspra, vive senza illusioni, consapevole della durezza della condizione umana.


Guido Festinese

Nugoli vorticosi di insetti, ovvero moscerini assai danzanti


In Liguria, su certe mulattiere rose dagli anni e da milioni di zoccoli a volte può ancora capitare di vedere la protezione «a coltello». Sono certe lamine affilate e lisce di pietra che stanno le une accanto alle altre, come menhir in miniatura, in punti ventosi, dove la furia dell’aria porterebbe detriti e foglie ad occupare il sentiero. Così è la lingua accorta che usa nei suoi romanzi e racconti Marino Magliani: affilata, precisa, liscia. A protezione. Per salvare il salvabile di quanto può ancora essere detto in modo asciutto e sgombro di qualsiasi cascame retorico, sentimentale o ideologico che possa essere.

La memoria si, l’autobiografia composta e ricomposta da mille prospettive e stimoli indotti da un paesaggio – specchio sì. Il compatimento mai. Sono queste le impressioni che rimangono, forti, appena chiuse le pagine del suo ultimo romanzo – memoir, titolo al solito incantante e foriero di curiosità: L’esilio dei moscerini danzanti giapponesi (Exòrma).

Nel penultimo Carlos Paz e altre mitologie private lo scrittore ligure da molto tempo con base olandese, in un luogo che è una sfida all’anima, aveva mostrato di padroneggiare registri stilistico – linguistici disparati, come una sorta di supercoordinamento di arti diversificarti in un unico grande corpo narrativo.

Qui la riflessione torna invece a concentrarsi, a trovare un centro ossessivo di riflessione che allarga cerchi concentrici: è l’ «esilio del titolo». La condizione di chi, come Magliani, fa parte di quella generazione di persone che hanno fatto in tempo a vivere scampoli significativi di anni Sessanta e Settanta, e da allora vivono la lacerazione non pacificata del proprio paesaggio interiore affettivo con una continua dromomania, l’ossessione dell’essere continuamente in movimento, di spostarsi per esorcismo personale.

Per Magliani, dopo le esperienze di vita e mestieri duri in mezzo mondo un pendolo continuo tra il paesino della sua Liguria di Ponente e Zeewijk, Olanda, dove il paesaggio è fatto di dune sabbiose, di silenzi spettrali, di freddo e di case ricostruite ogni vent’anni.

I Moscerini danzanti giapponesi ci sono davvero, lì: sono le nuvole di insetti che, migrati dall’Oriente, da mezzo secolo hanno colonizzato le coste sabbiose del Nord. Si muovono assieme in aria disegnando segni, facili prede degli uccelli, in una sorta di balletto sacrificale. L’esilio non perdona, ma lascia posto per un’ultima danza elegante


il Manifesto – 23 giugno 2017