TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


giovedì 1 novembre 2018

Verso il '68. Modernizzazione del lavoro e nuovo conflitto sociale. L'esperienza dei Quaderni Rossi




Gli anni Sessanta sono anche gli anni della ripresa delle lotte in fabbrica e nella società. Sul terreno dell'autonomia di classe si formano le prime avanguardie. Centrale in questo processo è il ruolo dei Quaderni Rossi. Con Panzieri e Tronti nasce l'operaismo come corpo teorico e pratica politica.

Giorgio Amico

Modernizzazione del lavoro e nuovo conflitto sociale. L'esperienza dei Quaderni Rossi




Gli anni Sessanta sono anche gli anni della ripresa delle lotte in fabbrica e nella società, a partire dal luglio '60 e dall'insurrezione antifascista di Genova e poi nel '62 dalla rivolta di Piazza Statuto a Torino e dalla grande lotta degli elettromeccanici milanesi. Primi segnali di un ciclo nuovo di lotte in cui già dalle forme di insubordinazione e di illegalità diffuse (le fermate improvvise a “gatto selvaggio”, i picchetti duri, le occupazioni) emerge il superamento del ciclo sindacale precedente, il passaggio cioè da una lotta di resistenza come era stata quella degli anni Cinquanta ad una lotta di massa antagonistica e offensiva caratterizzata dalla gestione diretta delle agitazioni da parte dei lavoratori, dalla contestazione aperta del dispotismo padronale e dalla crescente consapevolezza della natura non neutra ma di classe dello stato e dei suoi apparati repressivi. Una nuova coscienza di classe che diventerà prima nelle pagine delle riviste d'area (Quaderni rossi, Classe operaia) e poi nella lotta generalizzata del 1969 il tema del Potere Operaio in fabbrica e nella società.

Un nuovo ciclo di lotte per una nuova generazione operaia, perché centrale è il dato generazionale. Giovani erano stati i “ragazzi delle magliette a strisce” che avevano cacciato la Celere da Piazza De Ferrari a Genova, giovani erano i morti di Reggio Emilia, “sangue del nostro sangue e nervi dei nostri nervi” come recita una canzone diventata subito canto di battaglia di quella generazione, giovani sono gli insorti di Piazza Statuto, definiti “provocatori e teppisti” dalla stampa di sinistra intimorita dalla radicalità dell'azione operaia insofferente dell'approccio troppo cauto del sindacato. Giovani saranno le avanguardie dell'autunno caldo. “Oggi i giovani non hanno più paura della FIAT” scriverà nel '69 Aris Accornero, giornalista de l'Unità e poi professore di sociologia industriale alla Sapienza di Roma, che operaio era stato negli anni Cinquanta e proprio alla FIAT, prima di essere licenziato per la sua militanza comunista.

É la nuova natura del lavoro alla catena, deprofessionalizzato e alienante, a spiegare la radicalità della risposta operaia e l'egualitarismo delle richieste. Lo descrive bene Alessandro Pizzorno in una sua ricerca di fine anni Settanta: “Si fa strada in ambienti sindacali e operai in genere, un diverso, opposto, atteggiamento. Si rifiutano i valori dell’etica del lavoro, della professionalità della produttività. […] Rifiutando questi principi, permette di dare più coerenza e più assolutezza a pratiche quali gli aumenti eguali per tutti e l’opposizione a ogni forma di cottimo. Si trattava di un atteggiamento ideologico che esprimeva bene la posizione dei nuovi lavoratori comuni, immigrati, privi di possibilità, e anche di interesse, ad acquisire quelle forme di professionalità ancora possibili, ma sempre più rare nell’industria”.  





I Quaderni rossi e il filone operaista

Chi meglio e per prima coglie questa nuova realtà, con esiti teorici e politici in totale controtendenza rispetto alle organizzazioni politiche e sindacali del movimento operaio, è la rivista Quaderni rossi frutto dell'iniziativa di Raniero Panzieri e di un gruppo di intellettuali formatisi nel PSI, nel PCI, nella CGIL e persino nella gioventù valdese.

I Quaderni rossi nascono nel settembre 1961 dalla consapevolezza delle insufficienze teoriche e organizzative del movimento operaio ufficiale, prigioniero di vecchi schemi e incapace di confrontarsi con i problemi posti dal processo di razionalizzazione neocapitalistica in corso. Una mancanza di “strategia” che accomuna i grandi partiti (PCI e PSI) e le piccole e frammentate organizzazioni rivoluzionarie (trotskisti, bordighisti, “azionisti” del Movimento della Sinistra comunista). Anche chi, come Galvano Della Volpe, ha tentato dopo il 1956 e la crisi dello stalinismo una rilettura critica del marxismo come analisi scientifica della realtà e non come ideologia, non è riuscito poi ad applicare gli esiti di questa ricerca alla società, rimanendo nei fatti politicamente sterile e incapace di additare una via di uscita dall'immobilismo della sinistra.

Per Panzieri occorre combattere le tesi sottosviluppiste di chi continua a vedere l'Italia come un paese arretrato, ma anche la cecità di chi non vede come pianificazione e uso capitalistico della tecnologia e dell'organizzazione del lavoro portino non ad una maggiore democrazia, ma ad una crescita del dispotismo capitalistico nella fabbrica e nella società. Entrambe le visioni, sia quella comunista delle riforme di struttura, sia quella socialista della pianificazione democratica, sfociano poi in un gradualismo politico, incapace di cogliere davvero la centralità della questione del potere e di valorizzare in senso rivoluzionario la nuova spinta all'insubordinazione proveniente dalle fabbriche e la richiesta di controllo “dal basso” dei processi produttivi su cui la classe si ricompone come soggetto radicalmente alternativo al potere del capitale.

Una subalternità politica e un immobilismo che va superato tornando senza paura a fare politica in fabbrica. Ma occorre preparazione e chiarezza di idee. Da qui l'importanza della conoscenza dei meccanismi di dominio capitalistico nella fabbrica e nella società. I libri e i dibattiti sulle riviste non bastano. I tempi sono cambiati e richiedono nuove modalità di intervento. Ne deriva il recupero della sociologia e l'adozione del metodo dell'inchiesta operaia portata avanti congiuntamente da intellettuali esterni e avanguardie di fabbrica come chiave per assumere consapevolezza sia delle caratteristiche nuove del moderno potere capitalistico (il piano del capitale) che dell'esigenza storica e della possibilità concreta del suo rovesciamento (il contropiano operaio).

Piano del capitale e contropiano operaio sono anche gli assi della riflessione di Mario Tronti per il quale proprio la lotta di classe operaia ha costretto il capitalista a modificare la forma del suo dominio. Mentre per Panzieri le nuove rivendicazioni operaie non“recano immediatamente un contenuto politico rivoluzionario né implicano uno sviluppo automatico nello stesso senso”, per Tronti le condizioni della rivoluzione sono già poste dallo sviluppo stesso e giustificano dunque un intervento organizzato nelle lotte al fine di collegarle e indirizzarle nella prospettiva del potere.  



Nel 1964 il gruppo romano (Tronti, Asor Rosa) e quello veneto (Negri) dei Quaderni rossi creano Classe operaia. Giornale politico mensile degli operai in lotta, destinato a fungere da organizzatore collettivo della crescente insubordinazione proletaria. Le due esperienze, quella dei Quaderni Rossi e quella di Classe operaia, sono già in crisi nel 1967, ma insieme pongono le basi teoriche e politiche di quella che sarà già l'anno successivo la tendenza movimentista maggioritaria nelle occupazioni delle università di Torino, Roma, Trento, Venezia, Pisa, Firenze, Bologna, Padova per poi influenzare in modo decisivo il passaggio, che si rivelerà molto critico, da un Movimento studentesco genericamente contestatore alla nuova realtà iper-ideologica dei partitini della nuova sinistra.

Proprio l'assolutizzazione del tema di matrice trontiana della centralità operaia caratterizzerà infatti le vicende del cosiddetto filone operaista sia nella versione volontarista e movimentista di Lotta continua che in quella insurrezionalista di Potere operaio e poi della cosiddetta Autonomia operaia. Sviluppi che Panzieri, morto tragicamente a 43 anni nell'ottobre 1964, non vedrà, mentre Tronti, rientrato per tempo nel PCI, concluderà il suo lungo percorso politico come senatore della Repubblica per il Partito Democratico della Sinistra.

(Giorgio Amico, Le culture del Sessantotto, 6)