Giorgio Amico
La rinascita della Massoneria italiana dopo la caduta del fascismo: una realtà complessa
Quello in cui la Massoneria rinasce a quasi vent'anni dalla messa fuori legge è un momento estremamente complesso: il regime fascista è caduto, ma la guerra continua con la lenta avanzata delle truppe alleate a cui si contrappone una accanita resistenza tedesca. Il paese è diviso in due, da una parte la monarchia detentrice di un potere poco più che nominale, dall'altra la neocostituita Repubblica Sociale Italiana dalle caratteristiche ancora più effimere. Nei territori occupati opera un forte movimento di resistenza che combatte una guerra nella guerra dalle caratteristiche complesse, al contempo guerra di liberazione nazionale, guerra civile e guerra di classe.
Allo stato di estrema precarietà della situazione politica e sociale del paese si accompagnano a complicare ulteriormente le cose per i "Fratelli" i frutti avvelenati dello scisma del 1908. Quando già alla fine del 1942, alla luce della avvertibile crisi del regime, i superstiti quadri dirigenti della Massoneria prefascista cominciarono a intensificare i loro sforzi per ricostruire legami stabili che andassero al di là dei rapporti, più o meno forti, mantenuti a livello personale per tutta la durata degli anni della clandestinità, il problema che si pose fu immediatamente se ricostituire le due vecchie Obbedienze di Palazzo Giustiniani e di Piazza del Gesù o, considerato il cambiamento epocale avvenuto nel frattempo, una Massoneria completamente diversa, rinnovata e riunificata.
Il risultato fu una notevole confusione di sigle e di personaggi. Una situazione caotica non priva di ambiguità, anche per il pullulare di avventurieri pronti ad ogni tipo di operazioni e di elementi già pesantemente compromessi con il regime fascista e ora all'affannosa ricerca di una riabilitazione democratica.
A ciò si univano sia i contrasti fra le potenze alleate che avrebbero presto portato alla fine dell'unità antifascista e allo scoppio della guerra fredda, sia le diverse valutazioni e prospettive con cui Americani e Inglesi guardavano all'Italia del dopoguerra. La ricostituzione della Massoneria fu fin dagli inizi uno dei campi di intervento negli affari interni italiani dei Servizi di intelligence occidentali e in particolare di quelli americani. Prima l'OSS e poi la CIA si mossero attivamente e con spregiudicatezza nell'ambito del confuso processo di decantazione che vide coinvolti decine di gruppi massonici o paramassonici, ciascuno rivendicante l'eredità della massoneria prefascista. Lo scopo era erigere una solida barriera che proteggesse la neonata e fragilissima democrazia repubblicana dal pericolo del comunismo o comunque di un'avanzata significativa delle sinistre. Un sorta di "grande gioco" cui partecipò una pluralità di attori, non ultimi il Vaticano e nello specifico siciliano la mafia e il movimento separatista.
Ci vollero anni perché tutti questi nodi venissero sciolti. Le elezioni politiche del 1948 e la netta scelta di campo atlantica e filoamericana segnarono un punto fermo non solo per la rinascita del Paese dopo il periodo travagliato della ricostruzione, ma anche per gli assetti definitivi della Massoneria del dopoguerra.