TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


domenica 30 ottobre 2011

Guardare avanti



Il disastro di Monterosso rimanda alle rovine ben maggiori di un'Italia sull'orlo del collasso, segnata da un degrado economico, politico e civile che pare inarrestabile. Ma i volti puliti e sorridenti dei ragazzi e delle ragazze accorsi per spalare il fango ci ricordano che dopo l'inverno arriva la primavera e ci invitano a guardare avanti con la certezza che les mauvais jours finiront.

Niccolò Zancan

La meglio gioventù con le mani nel fango di Monterosso


La vita vince sempre. Per quanto sia retorico, succede ogni volta. Ti sorprende quando tutto sembra perduto, e in particolare in Italia, specialità della casa: emergenze, rinascite. Prima lacrime, poi sudore e generosità. Succede quando Giulia, Eliana, Federico e Lorenzo escono di casa alle nove del mattino. Hanno diciotto anni. E invece di godersi le scuole chiuse sulla spiaggia di Levanto - c’è ancora un sole caldo, turisti tedeschi, bambini e cani - aspettano un piccolo traghetto al molo. Hanno preso tutto quello che serve: focaccia, stivali, una maglietta di ricambio. Oggi vanno a Monterosso, perché Monterosso ha bisogno d’aiuto. Arrivano in tanti. Hanno facce stupende. Voci ancora acerbe, ma sogni concreti.

«Fare il cuoco». «Vorrei diventare capitano di lungo corso sulle navi». «Io vorrei fare la traduttrice». «A me piacerebbe diventare insegnante d’asilo, se si può...». Loro non lo sanno, ma questa colazione in mezzo al mare ha un gusto che non dimenticheranno più. Si mischierà per sempre anche l’odore schifoso del fango, ma non importa. Sono la meglio gioventù. Monterosso vuole rinascere. Prova a farlo anche grazie alle braccia esili di Giulia, pallida e senza esitazioni: «Non mi piace restare a guardare un disastro simile alla televisione». Tiziano, 17 anni: «Sarò un geometra. Magari un architetto». Francesco: «La mia aspirazione è iscrivermi a Ingegneria». Greta: «Io voglio aiutare i disabili». Damiano: «Studio all’alberghiero, poi non so». Intanto sono insieme, e per tutti si tratta di spalare.

Il fango è ovunque, non sai dove metterlo. Ti si attacca ai vestiti, impasta i capelli. Manca l’acqua. Non si riesce a pulire. Si può solo togliere il grosso. Ma il centro del paese di Monterosso è un autentico spettacolo. Tutto è in movimento. Uno sforzo umano perpetuo fra le casette rosse.

Andrea spazza la chiesa. Maria aiuta a sgomberare il bar. Svuotano i negozi. Francesco porta la carriola gialla fino alla montagna di fango. Avanti e indietro. E in mezzo ai ragazzi, le ruspe in manovra, gli alpini di Fossano, i volontari della protezione civile, carabinieri e residenti. Uno scambio continuo di urla e cenni d’intesa, per non finire triturati nella macchina dei soccorsi.
C’è il dottor Francesco Tani, direttore sanitario del distretto 17, con sulle spalle una bombola di ossigeno. C’è Matteo, 19 anni, da Quiliano: «Sono qui per aiutare. Da grande vorrei fare l’idraulico». Nella piazzetta hanno allestito una cucina da campo. In genere serve per una sagra di mezza estate: oggi sfama il paese intero. Il pomodoro condito è buonissimo, dopo giorni di pasta e panini. I cuochi si chiamano Carlo e Saverio. Stanno facendo il sugo con i gamberi di un ristorante costretto a scongelare tutte le scorte. Rumore di cingoli. Sugo di pesce.

Marco che fa avanti e indietro da casa sua portando caffettiere bollenti. I ragazzi con gli stivali mangiano in piedi, a piccoli gruppi. Qualcuno si abbraccia. Poi tornano a spalare. Ogni minuto succede qualcosa, anche se non è facile vederlo. Forse sul cumulo di detriti davanti alla chiesa, per esempio, sta nascendo un amore. I due spalatori volontari si sono appena dati la mano per presentarsi, molto eleganti nel disastro generale, ora sorridono e svangano. Tutti i ragazzi si assomigliano. Per i vestiti senza marchi. Per i capelli spettinati. Però alcuni hanno uno sguardo diverso. Sono quelli che non si fermano nemmeno per una fotografia. Sono i giovani di Monterosso.
«Grazie davvero - dice Giammarco Giuntini, 23 anni, barista nella zona è bello vedere tanta solidarietà. Non lo dimenticheremo». Milleduecento residenti più altri mille, fra volontari e soccorritori. Il paese brulica sotto al sole. «E qualcuno osa ancora criticare i giovani d’oggi...» dice il vicesindaco Marisa Cebrelli. Dai discorsi è quasi scomparso il racconto dell’accaduto. Non c’è tempo. Si parla di come risolvere i singoli problemi. Tutti in preda a una specie di febbre. Cosa fare, per esempio, dei banchi della chiesa? Li portano fuori, cercano di pulirli, poi li mettono al sicuro, mentre altri combattono con il pavimento.

All’improvviso arriva una notizia. «Hanno trovato Sandro!» «Sì, hanno avvistato Sandro al largo di Rio Maggiore». «Davvero?». Un anziano scuote la testa: «Le correnti...». Ma non è vero. Non l’hanno ancora trovato. Hanno scambiato un tronco in mezzo al mare - scaricato giù dall’alluvione - per il corpo di Sandro Usai, 38 anni, ristoratore e volontario del Comune di Monterosso. Martedì era andato ad aprire i tombini, quando l’onda di piena si è presa le strade. Subito si ricomincia a spalare. Al molo sta attraccando un’altra barca. Scaricano bottiglie d’acqua, pane, caffè e altri ragazzi con gli stivali di gomma. Che il dio delle belle speranze abbia cura dei loro sogni.

(Da: La Stampa del 29 ottobre 2011)