Resti del Sito 046 (Fonte IVG) |
Giorgio Amico
Le bombe di Savona del
1974 fra stragi nere e missili atomici USA
La recente scoperta da
parte di speleologi savonesi di una rete estesa di cunicoli e sale
(anche di notevoli dimensioni) in una zona montuosa compresa fra il
Monte Settepani (sede di una base radar dell'Areonautica Militare) e
Pian dei Corsi (sede abbandonata di una base americana) sta
suscitando vivaci discussioni in rete fra chi pensa si tratti dei
resti di una base nucleare segreta e chi, invece, parla di semplice
rifugio antiaereo.
In realtà di questa
misteriosa base nella zona del Melogno si era occupata agli inizi del
1976 Maquis, singolare rivista politico-militare a
cavallo fra estrema sinistra e uomini del PCI che si diceva molto
vicini ai servizi segreti dell'Est e al vecchio apparato militare comunista esistente dal 1945, allora in via di smantellamento.
Qualunque cosa fosse
Maquis e i suoi sponsor, il dato è che la rivista si occupa
diffusamente nel gennaio 1976 di installazioni militari segrete
nella zona alle spalle di Savona e lo fa con riferimento diretto alle
bombe che fra il 1974 e gli inizi del 1975 avevano insanguinato la
città, generando panico ma anche una decisa reazione popolare
concretizzatasi poi nell'organizzazione da parte di partiti,
sindacati e associazioni democratiche di ronde di cittadini che nelle
ore notturne pattugliavano i quartieri.
La rivista riprendeva un articolo apparso sulla Revue de Defense Nationale, voce autorevole del Ministero della Difesa francese che a proposito delle installazioni militari americane in Italia segnalava come importantissima (tanto da citarla per prima) “la base de missiles américaine du Pian dei Corsi, prés de Savona”.
In effetti, una base
militare americana esisteva dagli anni Cinquanta nella zona indicata,
ma si trattava di una installazione di piccole dimensioni
ufficialmente conosciuta come Sito 046 e destinata alle guerra
elettronica e alle comunicazioni. Un sito le cui ridotte dimensioni e
importanza strategica poco si conciliavano con i livelli altissimi di
vigilanza e con il via vai continuo di elicotteri e grossi mezzi
coperti segnalato dai residenti nella zona.
Ma la cosa che più colpì
l'autore dell'articolo (che uscì anonimo) fu proprio la vicinanza
della base ad una città duramente colpita nell'arco di pochi mesi da
una serie di attentati, mai rivendicati da alcuna organizzazione
terroristica e di cui ancora oggi restano sconosciute finalità e
autori.
“Viene il dubbio – si
legge nell'articolo – che lo scopo vero della catena di attentati
che sconvolse Savona nel 1974-75 fosse quello di provocare una
mobilitazione forzata delle organizzazioni di resistenza per
osservarne la capacità in una condizione di emergenza”.
Dunque un vero e proprio
test. Ma perchè il 1974 e perchè proprio Savona?
Oggi si ricorda il 1974
soprattutto come l'anno del referendum sul divorzio, solo pochi
ricordano la crisi politica gravissima seguita alla sconfitta
referendaria della destra DC, le voci insistenti di golpe avvalorate
dalle dichiarazioni del ministro Donat Cattin sulle pressioni
“riservate” dell'ambasciatore americano John Volpe su parte del
mondo politico italiano per una svolta conservatrice capace di
fronteggiare l'ascesa del PCI e dei sindacati.
Il 1974 è l'anno delle
stragi di Piazza della Loggia a Brescia e del treno Italicus e della
scoperta della organizzazione terroristica e golpista della Rosa dei
Venti, composta da neofascisti e militari in servizio in strutture
NATO collocate principalmente nel Triveneto.
Chi scrive (allora
militare di leva in un reparto operativo del Nord Italia) ricorda i
discorsi degli ufficiali, i continui allarmi e le notti passate
armati e in tenuta di combattimento in attesa di quell'ordine
di uscire dalla caserma che per fortuna non arrivò mai.
Un anno tesissimo,
culmine di quella strategia della tensione iniziata con le bombe del
dicembre 1969 a Milano e a Roma.
Piazza della Loggia |
Ma perchè Savona? Maquis
delineava uno scenario realistico:
“E' a questo punto che
entra in gioco l'importanza specifica della città di Savona, non
come una delle tante città sulle quali poteva essere eseguito un
test, ma come una città che si trova a 18 chilometri in linea d'aria
da una base missilistica segreta di primaria importanza”.
Cosa sarebbe accaduto nel
caso che il golpe ci fosse davvero stato, che rischi correvano i
missili USA stoccati nelle gallerie segrete del Melogno?
Maquis ricordava le
tradizioni antifasciste e “rosse” di Savona e come proprio la
zona di Pian dei Corsi fosse stato l'epicentro del movimento
partigiano nel savonese. Una zona ancora impervia dove in caso di
golpe avrebbe potuto organizzarsi come nel 1943 un tentativo di
resistenza armata.
“Se la base – si
legge nell'articolo – c'è, inevitabilmente l'ipotesi di vedere un
numero indefinito di missili atomici finire nelle mani dei partigiani
deve essere comparsa sui tavoli degli stati Maggiori americani come
una eventualità terrificante”.
Da qui la necessità di
testare la capacità di reazione di una zona “rossa” in una
situazione d'emergenza.
“Se la base
missilistica americana di Pian dei Corsi esiste, è chiaro che
intorno ad essa esiste una struttura locale dei servizi
d'informazione americani, insediata e mascherata con la massima cura,
con il compito di fornire tutte le informazioni possibili utili alla
difesa della base da qualsiasi genere di pericolo, infiltrazione,
sabotaggio. Ciò è ovvio”.
Da qui la conclusione
dell'articolo: “Se c'erano degli osservatori a Savona nel novembre
1974, essi hanno riempito di annotazioni molti taccuini. Se domani
qualcosa accadesse, queste annotazioni potrebbero risultare
decisive”.
L'articolo di Maquis non
suscitò particolari reazioni, né ci risulta fu preso in
considerazione dagli inquirenti. Qualcuno parlò di ipotesi
fantascientifiche. La scoperta oggi di questa città sotterranea in
prossimità dei ruderi della vecchia base USA di superficie riapre la
questione.