Visitare una mostra di
Arturo Martini suscita in noi, liguri di questo piccolo pezzo di
Ponente compreso fra Vado e Savona, emozioni strane.
Ché Martini era uno di
noi, nostri i suoi volti.
A Vado c'è ancora
qualcuno che ha conosciuto chi ha posato per l'artista. Operai, pescatori, donne
del popolo, ragazzi.
Presenze che abitano il nostro cuore, che sentiamo familiari.
E' un pezzo di noi che
andiamo a riscoprire, un brandello della nostra storia.
Qualcosa che ci portiamo
dentro, come un volto segnato dal tempo o un grido che non riesce a uscire.
Quelle di Martini sono
figure enigmatiche fatte di grida silenziose.
Sguardi inquietanti che ci fissano senza vederci
con occhi che scrutano dimensioni che non conosciamo e che pure sono
nostre.
Sguardi muti in cerca di
un altrove.
Guardano il cielo le
statue di Martini.
Lo fanno anche per noi,
che non ne siamo più capaci.
Noi che non sappiamo più volare.
Guardano in alto. Un cielo fatto di attese
in un presente che non riesce a diventare domani.
Ha senso questa attesa?
Ha senso la nostra attesa?
Un silenzio di terracotta ci avvolge, leggero come una cortina di nebbia, pesante come i ricordi.
Fuori, una pioggia triste accarezza un corteo di operai senza
lavoro.