Noi
Liguri siamo gente di montagna e il nostro immaginario più che di
mare è fatto di pietra.
Giorgio Amico
Diavoli, santi e
streghe nelle Alpi Marittime. San Bernardino di Triora
Ci sono porti dove è
impossibile prima o poi non approdare. Almeno per noi liguri, marinai
di montagna, navigatori di valli e crinali. Proprio noi che sempre
abbiamo guardato al Mediterraneo come ad una grande pianura racchiusa
fra monti. E che per questo non smettiamo mai (come fa Angelo
Nicolini nella sua splendida ricerca su Savona alla fine del
Medioevo) di ringraziare Fernand Braudel per aver dedicato tutta la
sua opera (e la sua vita) a chiarirci questo concetto, che comunque
ci portavamo già dentro, lascito delle generazioni che ci hanno
preceduto.
San Bernardino di Triora
e il suo ciclo di affreschi è uno di questi porti dell'animo. Non
dimenticando Taggia, antica e nobile città, ricca di palazzi e di
chiese che testimoniano di un passato glorioso.
Fontane dove si
abbeveravano carovane di muli prima di partire per le vie del
sale, portici ombrosi dove un tempo si accatastavano mercanzie
arrivate da lontano, dal mare o dalla linea grigia dei monti che
tiene la valle come in un abbraccio.
Montagne mai viste come
separazione o frontiera, ma come ponte fra terre e genti. Luogo di
passaggio per pastori transumanti, mercanti e pellegrini e anche
qualche volta soldati. Terre alte, popolate da uomini rudi e
silenziosi, che sentivano tuttavia il dovere dell'accoglienza e
dell'ospitalità, come testimonia ancora oggi l'antico Ospedale di Taggia .
Salendo da Molini, San
Bernardino ci appare all'improvviso, appena sotto il borgo. Chiesa
anomala e misteriosa a partire da quell'ingresso laterale porticato,
forse testimonianza sopravvissuta di una più antica cappella di epoca
carolingia di cui si è persa memoria.
Costruita all'inizio del XV secolo, affrescata a più riprese (e
forse da mani diverse) fra il 1466 e i primi anni del Cinquecento,
già in precarie condizioni nel 1701 quando la Curia lamentò che
l'edificio fosse diventato un deposito per i covoni di grano. Un dato
riscontrabile anche in altre realtà delle Alpi Occidentali e che
forse andrebbe letto a partire da una diversa angolazione, quella
antropologico-culturale utilizzata da
Nicolas Carrier et Fabrice Mouthon nel loro
studio sulle Alpi nel Medioevo.
E misteriosa San
Bernardino lo è soprattutto per il grande ciclo di affreschi che,
davanti allo sguardo stupito degli abitanti di Triora, iniziarono a
riapparire nel 1895 da sotto lo spesso strato di calce che nel 1586
Monsignor Mascardi, visitatore apostolico proveniente dalla Curia di
Albenga, aveva fatto stendere a coprire quelle rappresentazioni per
lui al limite del blasfemo. Corpi nudi di dannati, uomini e
soprattutto donne, attorniati da diavoli, raffigurati in posizioni
talmente allusive da essere per il colto monsignore la dimostrazione
insopportabile della rozzezza barbarica di quelle popolazioni. E
dunque meglio cancellare tutto e che non ne restasse neppure il
ricordo.
Scene terribili di
sofferenza e di disperazione, raccontate con un realismo potente,
disegnano un mondo infero, regno di un Satana insaziabile, dove il
posto d'onore spetta a “fattucchiere e gazari”: luogo comune
della narrazione pittorica di allora e al tempo stesso inquietante
premonizione di ciò che proprio a Triora sarebbe realmente accaduto
quasi un secolo più tardi.
Dolore e disperazione che
preludono alla rappresentazione del Purgatorio, recente acquisizione
(come ci ricorda Jacques Le Goff) dell'immaginario collettivo
cristiano, e poi del Paradiso, Gerusalemme celeste, luogo di armonia
e di pace.
Sulla controfacciata una
bellissima crocifissione evidenzia la bravura dei pittori: Giovanni
Canavesio probabilmente, forse anche i fratelli Biazaci.
E poi, cammeo isolato,
una straordinaria scena di mare, quasi di sicuro un ex voto, ci
ricorda che siamo nelle Alpi del mare e che i liguri sono marinai di
montagna.