TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


lunedì 29 giugno 2020

Azione comunista. Da Seniga a Cervetto (1954-1966)



Sergio Dalmasso

Azione comunista. Da Seniga a Cervetto (1954-1966)

Il savonese Giorgio Amico prosegue il suo lavoro di indagine e di documentazione su pagine della sinistra comunista italiana. Dopo numerosi scritti sulle formazioni bordighiste italiane, su correnti trotskiste e anarchiche, dopo una breve biografia su Arrigo Cervetto, il fondatore di Lotta comunista, e dopo una interessante biografia sul situazionista Guy Debord, affronta ora un organico studio sulle vicende di Azione comunista, con una panoramica sugli anni dal 1954 al 1966.

La figura centrale della prima parte del testo è quella di Giulio Seniga. Nato nel 1915, operaio di fabbrica, partigiano, partecipa alla repubblica dell’Ossola. Vicino a Pietro Secchia, diviene funzionario del PCI, legato all’ala partigiana ed operaista, parzialmente critica verso l’istituzionalismo di Togliatti.

Il 25 luglio 1954, sottrae al partito documenti interni e una grossa cifra, proveniente dall’URSS, parte del finanziamento destinato per acquistare la tipografia dell’”Unità” e scompare. Ospitato a Milano, per i primi giorni, dall’amico Gianni Brera, inizia a tessere rapporti con settori critici verso il PCI e con piccole formazioni della dissidenza comunista. Al centro, l’accusa al PCI di avere abbandonato la via rivoluzionaria, la messa in discussione dell’”imborghesimento” di parte del gruppo dirigente.
Il caso Seniga ha pesanti conseguenze per Pietro Secchia che lo addebiterà ad una sorta di congiura tendente ad emarginarlo. Non a caso, dopo breve tempo, perderà il ruolo di vice-segretario nazionale e sarà nominato segretario regionale in Lombardia. Contemporaneamente, inizia lo smantellamento della struttura organizzativa “secchiana”, i cui funzionari sono progressivamente sostituiti da un nuovo quadro “amendoliano”.

La dissidenza di Seniga tenta di incidere sul PCI e raccoglie l’adesione di Bruno Fortichiari, storico fondatore del partito nel 1921 e Luciano Raimondi, già direttore del convitto “Rinascita”, del giovane Giorgio Galli, “braccio destro” di Seniga. Lo strumento usato è quello delle Lettere ai militanti del PCI, con forti accuse ai dirigenti e la riproposta di un partito classista. Nel 1956, i fatti internazionali (denuncia del ruolo di Stalin, scioperi in Polonia, repressione della rivolta in Ungheria) sembrano permettere la nascita di una formazione autonoma ed alternativa al PCI. Fortichiari e Raimondi sono espulsi, si aggregano i trotskisti dei GCR (Livio Maitan), i bordighisti del PC internazionalista (Onorato Damen), gli anarchici classisti dei GAAP (Pier Carlo Masini) che danno vita al Movimento della sinistra comunista in un incontro nazionale a Milano. Amadeo Bordiga, reale fondatore del Partito comunista nel 1921, sarà sempre estraneo a questa esperienza e fortemente critico.

Le dimensioni sono sempre modeste, ma l’organizzazione produce un foglio, finanziato con i fondi di Seniga. Le difficoltà sono, però, enormi, soprattutto per le differenze interne. E’ criticata la scelta dei trotskisti di “entrismo” nel PCI. Le valutazioni sull’URSS vedono contrasti fra richiami stalinisti, giudizio trotskista di stato operaio degenerato, quello bordighista di capitalismo di stato, dopo le critiche verso i comunisti, il PSI di Nenni inizia a interessare Masini che vede nella prospettiva autonomista la possibilità di costruire una grande forza politica socialista che svuoti il PCI.

Trotskisti e bordighisti lasciano l’organizzazione. Seniga, il fondatore, viene espulso, con conseguenti enormi problemi per la stessa stampa e distribuzione del periodico. Scarsi i legami e insufficiente l’interesse per il ciclo di lotte operaie che si apre con l’inizio del decennio (opposizione al governo Tambroni, lotte degli elettromeccanici, nascita dei “Quaderni rossi”). Nuove divisioni sulla valutazione della Cina. La rottura URSS-Cina produce anche in Italia la nascita di formazioni “maoiste” e il maoismo sembra una variante rivoluzionaria del marxismo, davanti alla “coesistenza pacifica” sovietica, un ritorno a posizioni classiste, presenti nella generazione partigiana e nei protagonisti delle lotte contadine nel meridione. Se Fortichiari tenta una mediazione, nell’illusione di ritornare al PCI del 1921 e all’Internazionale, si delineano due posizioni opposte: Raimondi è sempre più vicino alle posizioni cinesi, l’ex GAAP che dopo il passaggio di Masini al PSI e al PSDI è diretto dai “genovesi” Cervetto e Parodi è passato dall’anarchismo classista al leninismo.

Nel 1965 la rottura definitiva. Raimondi darà vita ad una delle prime formazioni marxiste-leniniste (la Federazione m-l), Cervetto fonda i Gruppi leninisti della sinistra comunista (organo “Lotta comunista”).

Amico segue passo passo queste intricate vicende, fornendo una documentazione aggiornata (molto maggiore di quella di precedenti, parziali, studi). Non tralascia di ricordare come in queste vicende entrino lo spionaggio, la guerra fredda, i mai chiariti rapporti di Seniga con i Servizi segreti, il ruolo di Pace e libertà” di Luigi Cavallo, il ruolo dell’ex partigiano Edgardo Sogno.

Non mancano alcune valutazioni dell’autore sul fallimento di questo contraddittorio tentativo di “critica da sinistra” ai partiti storici: le generose illusioni di Fortichiari, sopravvissuto ad altre fasi storiche, le contraddizioni dei trotskisti di Maitan, vincolati da una analisi “scolastica”, le rigidità teoriche dei bordighisti, l’incapacità di Cervetto di rapportarsi alle novità teoriche portate da Panzieri, dai “Quaderni rossi” e dall’analisi del nuovo ciclo capitalistico.

Il testo è di grande utilità per conoscere pagine sepolte e dimenticate della storia della sinistra minoritaria italiana, anche nei suoi rapporti con tendenze europee. Spiace che molti archivi, come sottolinea l’introduzione, siano incompleti o poco frequentati. Se la tematica di quegli anni e di quelle formazioni ci pare lontana, il non lasciarla alla dimenticanza è comunque meritorio e diventa quasi compito morale per una generazione che è passata per dibattiti teorici, esperienze organizzative, sconfitte che hanno aperto il vuoto di oggi.


Giorgio Amico, Azione comunista. Da Seniga a Cervetto (1954-1966), Bolsena, Massari ed., 2020.

https://www.citystrike.org/2020/06/28/giorgio-amico-azione-comunista-da-seniga-a-cervetto-1954-1966/