TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


martedì 22 febbraio 2022

Ucraina: l'orso russo perde il pelo (sovietico) ma non il vizio (imperialista)

 


Giorgio Amico

Ucraina: l'orso russo perde il pelo (sovietico) ma non il vizio (imperialista)

“La scelta di riconoscere le indipendenze di Lugansk e Donesk è un atto di forza che cercherà di legittimarsi quale risposta asimmetrica alle tante scelte sbagliate delle guerre occidentali. E proprio per questo non possiamo che definire l’annuncio del presidente russo Putin come un grave errore, un’avventura foriera di nuova guerra. Perché se legittimamente si difendono le ragioni del popolo russo, non è la risposta asimmetrica all’arroganza altrui, della Nato e degli Usa”.

Così' inizia l'editoriale del Manifesto di oggi , a firma di Tommaso Di Francesco. Inutilmente si cercherebbe nei titoli e negli articoli del giornale anche un minimo accenno alla invasione militare russa di parte del territorio ucraino. Eventualità sempre negata e presentata come una provocazione dell'Occidente.

Ancora ieri con eccezionale tempismo il giornale “comunista”, come ama definirsi nella manchette, aveva messo in burletta con la vignetta sopra riportata una possibile azione militare sovietica. Poche ore dopo i carri armati di Putin entravano nel Donbass.

Ancora una volta notiamo come per questi “comunisti” l'imperialismo sia solo quello americano. L'imperialismo russo non esiste. Come ai tempi di Stalin, Krushev e Breznev si tratta solo di “errori” e non di crimini. Errori per giunta causati dalle provocazioni, queste si criminali, dell'Occidente.

Sono gli stessi che il giorno del ricordo hanno parlato solo dei crimini del fascismo per negare i crimini, altrettanto feroci, dello stalinismo jugoslavo.

Sono gli stessi che negano scandalizzati che la seconda guerra mondiale sia stata preparata dal patto Ribentropp-Molotov e scatenata dall'invasione congiunta nazi-sovietica della Polonia. A cui Stalin aggiunse l'occupazione delle repubbliche baltiche e l'attacco alla Finlandia. Tutti ex territori dell'impero russo persi nel 1917 e a cui il nuovo imperialismo “sovietico” non intendeva rinunciare.

Il discorso di ieri di Putin è la migliore dimostrazione di questa continuità storica. In sostanza il presidente russo ha affermato che là dove ci sono russi, lì è Russia. Lo aveva sostenuto, con i fatti, già in Crimea e ancora prima nel caso delle province russofone della Georgia. D'altronde non è la prima volta che accade. Fu Hitler a sostenere che dove c'erano tedeschi lì era Germania e in base a ciò invadere prima l'Austria e poi i Sudeti.

Ma i nostri “comunisti” non se ne sono accorti. Per loro la storia non è cambiata. Che la Russia degli oligarchi e delle mafie eredi diretti della vecchia casta brezneviana non si mascheri più dietro la bandiera rossa, come faceva ai tempi del finto (e criminale) “comunismo” sovietico, ma anzi ostenti la bandiera imperiale zarista, come ha fatto Putin ieri, non cambia nulla. Il loro cuore continua a battere a Mosca e, si sa, al cuore non si comanda.

Per fortuna c'è ancora Lotta comunista a ricordarci ogni mese come l'imperialismo sia un fenomeno unitario di cui Stati uniti, Russia, Europa e Cina rappresentano oggi le principali articolazioni. “Briganti imperialisti”, li chiamava Lenin. Briganti imperialisti restano, Putin e Xi Jinping compresi.