Tra poco sarà di nuovo il 25 Aprile in un Italia che pare scivolare all'indietro in un passato che speravamo definitivamente cancellato. Alla decadenza della politica si unisce il precipitare della crisi economica. Emarginazione, precariato, disoccupazione di masse crescenti di lavoratori, giovani e no, italiani e immigrati, si saldano con la più generale degradazione dei rapporti umani diventati spettacolo e merce. Occorre che il vento si alzi di nuovo e che ricominci a fischiare. E' questo il nostro augurio e lo facciamo con i versi inediti che Guido Seborga, già valoroso partigiano, poi scrittore affermato, scrisse in un analogo momento di crisi. Parole come pietre, la poesia diventata il grido degli innocenti, degli invisibili.
Guido Seborga
La cultura
Quando morivamo sulle montagne
E il nostro sangue
Si mescolava al sangue
Del compagno ucciso
Chiara per amore
Dal sangue del bracciante
Dal sangue dell'operaio
Nasceva la cultura.
Ora continuate in nome di leggi
Comode ai ricchi
Con tasse ai poveri
E uccidete l'emigrante senza pane.
Sempre ci ritroverete di fronte
Per ammonire e cantare a cuore aperto
La pace la fratellanza degli uomini.
Nati dal sacrificio di sangue
Dal sangue versato dal partigiano
Dall'operaio dal bracciante
Possediamo una voce sonora
D'acciaio duro che taglia.
(1949)
”originale conservato in Fondazione Basso, Fondo Basso, Serie 25"
Un grazie sincero a Laura Hess Seborga, che ci ha fornito questo testo, per la collaborazione preziosa che fin dal suo nascere non ha mai fatto mancare a Vento largo.