TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


sabato 6 novembre 2010

Berlusconi e Sarkozy, tentativi di riflessione


Depurato dagli aspetti più folkloristici, il berlusconismo è un fenomeno solo italiano o trova corrispondenze in altre realtà europee? Pubblichiamo volentieri questo intervento di Gianluca Paciucci, scritto per "Différences", rivista del MRAP (Mouvement contre le Racisme et pout l'Amitié entre les Peuples), che propone una riflessione sulle politiche, per molti versi convergenti, della destra italiana e francese.



Gianluca Paciucci

BERLUSCONI E SARKOZY, TENTATIVI DI RIFLESSIONE

“...omnia certe concacavit.../...ogni cosa di certo smerdò...”,
(Seneca, Apokolokyntosis, IV, 2).


Ha ragione lo storico Antonio Gibelli (1) a dire che Berlusconi riuscirà a intestarsi un'era politica italiana, quella inaugurata nel 1994 con la “discesa in campo” dell'imprenditore lombardo, e non ancora conclusa. Nel pieno dell'implosione dei partiti della prima Repubblica (democristiani e socialisti, sotto la pressione dei magistrati di “mani pulite”) e appena compiuto il suicidio dei comunisti (il PCI si sciolse per decisione di parte del suo gruppo dirigente, poi imposta alla base), Berlusconi fondò Forza Italia e salvò la destra dall'angolo in cui era finita. Il nuovo partito (“di plastica” e “liquido”, ma in realtà saldo nei suoi rapporti con gli interessi e la mentalità di uno smarrito e rancoroso ceto medio) ebbe un immediato successo, come un nuovo prodotto lanciato sul mercato e accolto con favore dai consumatori/clienti obbedienti/elettori. Berlusconi ha da allora segnato le scelte economiche dell'Italia e l'immaginario di parti consistenti della popolazione, penetrando ovunque grazie a un formidabile apparato di propaganda e alla inconsistenza dei suoi presunti rivali, beceramente antiberlusconiani a parole, e invece intrisi di berlusconismo, quasi ammaliati dal conducator. E in ogni caso inerti, incapaci di reazione. A quest'inerzia Berlusconi ha contrapposto un iperattivismo che ha inflitto all'Italia uno stress quotidiano mediante attacchi ripetuti alla Costituzione, ai magistrati, ai lavoratori e ai giornalisti -in quest'ultimo caso simile a un caudillo sudamericano, a un Chavez, sia pure con altri scopi (2)-, mostrandosi capace di rafforzare il proprio campo (fatto anche di vittime sociali delle sue scelte) e di spezzare quello avversario.

Non so, invece, se Sarkozy riuscirà a intestarsi un'era, per due motivi sostanziali: il suo essere un politico classico, nonostante la vantata rupture di cui si voleva alfiere contro la vecchia politica, con amicizie nei media e nell'imprenditoria, ma non imprenditore lui stesso, non arbitro e giocatore al tempo stesso, come invece il suo amico Berlusconi (3); e per l'esistenza visibile di un'opposizione, anche se più sociale che politica – infatti se i partiti della sinistra francese sono zombi complici del sarkozysmo, i sindacati hanno un reale consenso di massa, che si concretizza in manifestazioni e scioperi duri (contro la controriforma delle pensioni, in questo autunno, ad esempio). Ma mentre i sindacati francesi paralizzano il Paese mostrando seria capacità di egemonia -pur con il consueto opportunismo- in Italia l'unico sindacato rappresentativo e combattivo, quello dei metalmeccanici della CGIL (FIOM) è sottoposto a critiche strumentali e addirittura accusato di rapporti con il terrorismo, e vive nei fatti isolato dai partiti del centrosinistra (Partito Democratico, Italia dei Valori, Unione Democratica di Centro). L'auspicabile sconfitta di Sarkozy (come quella di Juppé quindici anni fa) passerebbe attraverso la vittoria nelle strade e nelle piazze di una Francia in mano agli scioperanti; le continue vittorie di Berlusconi passano attraverso la demonizzazione e la sconfitta delle strade e delle piazze italiane. Chi si oppone sul serio e con radicalità è, in Italia, un “nemico del popolo”, e del Popolo della Libertà in particolare, attuale nome del partito berlusconiano.

All'interno dei due Paesi vi sono questioni aperte che danno ulteriori elementi per capire quanto sta accadendo: per brevità parlerò di “questione musulmana” per la Francia e di “questione settentrionale” per l'Italia. Nel primo caso il Presidente francese si trova a gestire la presenza di circa 4 milioni di musulmani, la maggior parte cittadini/e francesi, ma che pure sembrano ancora un mondo a parte nel panorama sociale e politico: un'urbanistica del disprezzo ha creato città separate, cités e banlieues, ovvero luoghi di emarginazione in cui i fantasmi del patriarcato mediterraneo si uniscono alle violenze del capitalismo postfordista, minacciando l'esistenza di donne e uomini. Dalle banlieues ogni 14 luglio e 31 dicembre, o in occasione di una bavure della polizia o di una partita di calcio (la paradigmatica Francia-Algeria “amichevole”, nel 2002...), si alza il grido ribellistico dei giovani di origini maghrebine, a volte incoraggiato da imam ottusi e reso terribilmente roco da una classe politica francese che ha fatto della difesa dei propri privilegi il primo obiettivo. Lo stile di vita di Sarkozy e del suo clan (ma la sinistra “socialista” non si distingue per sobrietà) e le loro scelte economiche sono una lotta continua contro le vite nelle periferie delle grandi città. Al grido sporadico e dolente, i giovani banlieusards fanno seguire un silenzio altrettanto pieno di tensione. In Italia tale questione, rubricata sotto la categoria di “immigrazione”, viene trattata con furbizia macabra dall'attuale governo, e appoggiata da illustri membri dell' “opposizione”: anche qui urbanistica del disprezzo, attacco alla vita dei migranti, ostacoli continui alle possibilità di lavoro e di socialità di chi ha scelto l'Italia come Paese in cui (soprav)vivere.

Questi nodi si intrecciano, da noi, con la “questione settentrionale”: Berlusconi, dopo aver sdoganato il partito fascista (ma l' ingrato e ambiguo leader dei postfascisti, Gianfranco Fini, è oggi il nemico n° 1 del Presidente del Consiglio), ha anche aperto la porta al secessionismo padano, guidato da politici scaltri, (4) animato da pulsioni razziste e tendenzialmente totalitario. La Lega governa il nostro Paese con Ministeri-chiave (Interni, Riforme...), e la maggior parte delle Regioni e delle amministrazioni del Nord con lo slogan fondante di “padroni a casa nostra”: da qui una miriade di leggi a difesa di un'inesistente e inventata etnia padana. L'asse Berlusconi-Bossi regge l'attuale maggioranza, e lo stile dei due, fatto di becero machismo (5), minacce agli avversari e provvedimenti di preapartheid, trionfa e raccoglie voti. Il machismo accomuna anche Berlusconi e Sarkozy, e questi due agli uomini d'ogni specie dei due emisferi, mentre il secessionismo è tipico del nostro Paese: il centralismo francese ha vinto sui particolarismi, sopravvissuti solo sotto forma di satrapi locali che dettano legge, ma come longa manus di Parigi.

Berlusconi e Sarkozy sono, sia pure in modi differenti, facce della innominabile “questione occidentale e cristiana”, ovvero di quella parte del mondo che si crede (hegelianamente) il fine e la fine della Storia, e che ne è, invece, il nervoso motore: potente, dal trionfo dell'Illuminismo in poi, e carico di morte per chi, a ragione o a torto, si mette sulla sua strada.


1)Antonio Gibelli, Berlusconi passato alla storia, Roma, Donzelli, 2010, pp. 121.
2)La categoria gramsciana di « cesarismo progressivo » (per Chavez) e di « cesarismo regressivo » (per Berlusconi) potrebbe essere utile. Entrambi risultano democraticamente eletti.
3)Gli « amici » di Berlusconi: a livello internazionale occorre ricordare quegli straordinari esempi di democrazia che sono Putin e Gheddafi, entrambi complici del nostro in spericolate operazioni economiche e, almeno il primo, in squallide esibizioni politico-sessuali; a livello italiano ricordo solo che Forza Italia è stata fondata da figuri come Cesare Previti, condannato per corruzione e interdetto in perpetuo dai pubblici uffici, e Marcello Dell'Utri, condannato in appello per contiguità con la mafia.
4)Le biografie, le dichiarazioni e le opzioni politiche dei maggiori esponenti padani sono inquietanti: esemplari quelle dell'eurodeputato Borghezio, di chiare simpatie fasciste, tradizionalista cattolico e amico di fanatici di mezza Europa. Sulla Lega Nord, il bel volume di Lynda Dematteo, L'idiotie en politique. Subversion et néo-populisme en Italie, Paris, CNRS Editions-Ed. de la Maison des sciences de l'homme, 2007, pp. 255.
5)Gli scandali « sessuali » e le battute da caserma dei due sono infiniti, ma sembrano procurar loro consensi, piuttosto che rigetto in un'opinione pubblica complice. Solo alcuni settori del movimento femminista riescono a reagire e a battersi contro l'attacco portato alle donne, a partire dalle « innocenti » barzellette e dal priapismo del Capo, per arrivare ai femminicidi che insanguinano le amate case degli italiani.


Gianluca Paciucci è nato a Rieti nel 1960. Laureato in Lettere, è insegnante nelle Scuole medie superiori dal 1985. Come operatore culturale ha lavorato e lavora tra Rieti, Nizza e Ventimiglia; in questa città è stato presidente del Circolo “Pier Paolo Pasolini” dal 1996 al 2001. Dal 2002 al 2006 ha svolto la funzione di Lettore con incarichi extra-accademici presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Sarajevo, e presso l’Ambasciata d’Italia in Bosnia Erzegovina, come Responsabile dell'Ufficio culturale. In questa veste è stato tra i creatori degli Incontri internazionali di Poesia di Sarajevo. Ha pubblicato tre raccolte di versi, Fonte fosca (Rieti, 1990), Omissioni (Banja Luka, 2004), e Erose forze d'eros (Roma, 2009); suoi testi sono usciti nell’ “Almanacco Odradek”. Dal 1998 è redattore del periodico “Guerre&Pace”. Collabora con le case editrici Infinito, Multimedia e con la "Casa della Poesia".