Gli stessi che propongono la cancellazione dell'articolo primo della Costituzione, vorrebbero anche che il 1° Maggio non si celebrasse più. E' questo riempiendosi la bocca ad ogni piè sospinto di omaggi ad una presunta "volontà popolare" che darebbe a chi governa ogni potere. Ma la democrazia non è populismo. E il 1° Maggio non si tocca.
Franco Astengo
PRIMO MAGGIO tra memoria e attualità
PRIMO MAGGIO tra memoria e attualità
Primo maggio 2011, festa del lavoro nell' "annus horribilis" di Marchionne, dell'attacco diretto ai residui diritti della classe operaia che ha dimostrato una capacit da molti insospettata, di tenuta, di resistenza, anche di controffensiva che ha fornito a tutti noi, che ancora crediamo in determinati valori, principi, ideali, forza e volontà di lotta.
Un Primo Maggio da ricordare anche perchè da altre parti, si pensa di cancellarlo in nome dei "negozi aperti in una città turistica": si tratta semplicemente di un affronto da respingere seccamente. Certo, ci sarà chi, come sempre lavorerà il Primo Maggio per garantire la vita degli altri, i servizi, l'espletamento di necessità inderogabili: perla nostra sarà un'idea romantica, ma il Primo Maggio vede Città e Campagne ferme, rispettose, nei cortei e nei comizi colmi di bandiere rosse. Rispettose, campagne e città dell'idea del lavoro come riscatto sociale.
Nel nostro Paese il lavoro il fondamento del primo articolo della Costituzione Repubblicana, la rappresentazione più visibile, immediata, della sua importanza all'indomani della Liberazione: lavoro, antifascismo, democrazia, questi i punti discriminanti di una identità dell'Italia Repubblicana che non intendiamo dismettere, anzi vogliamo affermare con forza, uscendo dal tunnel dell'arretramento dentro il quale siamo finiti da qualche anno a questa parte.
Non intendiamo, per scrivendo questo poche note limitarci ad una idea quasi "autarchica" del Primo Maggio: il Primo Maggio non è una invenzione italiana, il Primo Maggio appartiene al mondo. Il Primo Maggio è una data simbolo in tutto il mondo.
La Memoria: il Primo Maggio nasce a Chicago nel 1886 e, tre anni, dopo, nel 1889 quella data fu assunta dalla Seconda Internazionale, quale giornata di mobilitazione per la riduzione dell'orario di lavoro. Le Otto ore di lavoro sono state il simbolo, l'essenza, dell'internazionalizzazione della lotta del movimento operaio: insieme mito ed obiettivo del riscatto sociale, punto d'arrivo di una diversa idea dello sviluppo, dell'equilibrio sociale, della possibilità di cambiare "lo stato delle cose presenti". Le "Otto Ore" quale piattaforma universale che consentì all'epoca, di rendere la classe operaia in lotta visibile e vincente.
L'Attualità è la rappresentazione più visibile dell'attualità di quella che è stata definita "globalizzazione" (non certo una novità da un determinato punto di vista). Una "globalizzazione" che porta con se ancora il conflitto, la guerra, le divisioni etniche e razziali, l'idea dell'estensione del mercato capitalistico al mondo intero. Bisogna affermare, senza indugi che, in questo senso, la "Storia non è finita": la globalizzazione non rappresenta l'estensione definitiva del dominio capitalistico.
A questo proposito dobbiamo riprendere un cammino di riflessione e di lotta, pensando alle divisioni che gli interessi specifici, particolaristici, corporativi, settoriali che caratterizzano il fenomeno dell'espansione economica nel mondo: la dialettica unità- scissione oggi caratterizza, forse ancora di più che in altre fasi della Storia, la natura del capitalismo in forma fortemente contraddittoria; maggiore l'unità del mercato mondiale, più grande lo scontro tra gli Stati, oggi a dimensione continentale come dimostrano i fatti più recenti.
Questa tendenza va valutata con attenzione, a questi processi in atto va contrapposta una idea unitaria che parta dalle condizioni materiali dello sfruttamento del lavoro, della sua alienazione, della contraddizione irriducibile e principale che questi fenomeni provoca.
Il Primo Maggio come occasione di riflessione, dunque, per una idea unitaria di riscatto sociale, di recupero del concetto di classe, dell'estensione dell'idea di una trasformazione radicale degli equilibri economici, politici, sociali.
Ancora una volta, al di là delle nostre diverse opinioni politiche correnti, si impone la necessità di sviluppare, nei tempi presenti, una idea di fondo: la contraddizione sotto gli occhi di tutti è ancora quella tra le potenzialità che la specie umana possiede e i limiti che l'organizzazione sociale e politica del capitalismo le impongono: lottare perchò si vada oltre l'angustia dello scambio tra capitale e lavoro salariato, prefigurare una societlà ibera dal bisogno.
Queste, molto semplici, le ragioni per cui vale ancora la pena , ora più che mai, di celebrare il Primo Maggio.
Franco Astengo, politogo e storico della sinistra, collabora con la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Genova. E' autore di numerosissimi saggi apparsi su giornali e riviste.