Storia
della Massoneria 2. Oggi scopriamo come funzionava un cantiere
medievale e cosa fosse una loggia.
Giorgio
Amico
Liberi
Muratori e Logge operative
L'autorità
reale operava per decreti. Quando si doveva aprire un cantiere, il
Tesoro reale impartiva allo sceriffo della contea in cui dovevano
svolgersi i lavori dettagliate istruzioni in merito alla raccolta dei
fondi, dei materiali e della manodopera. Lo sceriffo era così
autorizzato a imporre tasse e a reclutare, anche forzatamente, gli
operai necessari.
Di
norma i lavori era gestiti da un “Treasury Official”, un
funzionario del Tesoro incaricato della gestione finanziaria del
cantiere. Questi funzionari non possedevano alcuna particolare
competenza tecnica in campo architettonico, ma svolgevano un ruolo
essenzialmente amministrativo e di controllo sul buon uso delle somme
a disposizione e sul rispetto dei tempi programmati.
La
direzione tecnica dei lavori spettava al “King's Master Mason”,
un misto di Architetto-Ingegnere-Capo cantiere, anch'egli di nomina
regia. I suoi compiti tuttavia avevano anche risvolti amministrativi
in quanto egli doveva verificare le competenze tecniche degli operai
assunti, pagare i salari (differenziati per mansioni, capacità e
carichi di lavoro), concedere i passaggi di qualifica (documentati
nei registri dagli aumenti di salario. Un uso rimasto nel lessico
della moderna massoneria azzurra che chiama così il passaggio da un
grado all'altro).
Sappiamo
che questi “Architetti” (il termine è approssimativo, non
esistendo oggi un equivalente preciso di tale figura professionale)
provenivano dai ranghi muratori. Per gli storici lo ritengono un dato
certo. Infatti, il nome di alcuni di questi Maestri risulta censito
più volte nei registri dei cantieri, prima accompagnato dalla
qualifica di operaio, poi di assistente ai lavori, infine di Maestro.
Si trattava dunque di operai particolarmente qualificati che avevano
servito per un certo periodo come aiutanti di un Maestro,
impratichendosi nella geometria e nel disegno, fino a diventare a
loro volta capi cantiere.
Resta ancora oscuro come venissero scelti,
come fossero formati teoricamente e se ci fosse qualche forma di
regolamentazione di questi cambiamenti di status professionale. Molto
probabilmente ogni caso era un caso a se. Ma, considerato come il
sapere in quest'epoca fosse quasi esclusivamente patrimonio degli
ecclesiastici, si può ipotizzare un ruolo attivo dei monaci delle
abbazie o dei canonici delle cattedrali in tale opera di formazione.
E questo, sia detto per inciso, apre interessanti prospettive in
merito ai rapporti delle Arti muratorie con gli Ordini
monastico-guerrieri, Templari e Ospitalieri di San Giovanni in
primis.
“Fu
nelle logge annesse alle cattedrali e alle abbazie – scrive Knoop
nel suo “The Mediaeval Mason” - che si accumularono le esperienze
e le tecniche che trasformarono rozzi lavoratori in qualificati
costruttori capaci di produrre i più splendidi esempi di abilità
artigianale del Medioevo”.
Prima
competenza richiesta, oltre la capacità (indubbiamente rara anche
allora) di saper gestire efficacemente numeri non disprezzabili di
uomini di provenienza, formazione e capacità diverse, era l'abilità
nel calcolare con precisione il numero degli operai e la quantità e
il tipo di materiali necessari, al fine di evitare sprechi di risorse
e/o nei tempi programmati di esecuzione dell'opera. Particolare cura
veniva posta allo stato delle vie di comunicazione, alla lontananza
dalle cave o dai porti, perché, vista la situazione dell'epoca, i
ritardi nei lavori (o gli aumenti di costo in corso d'opera)
dipendevano il più delle volte proprio dall'inefficienza dei
trasporti.
Non
molto diversa era l'organizzazione dei lavori nelle costruzioni
gestite direttamente dalla Chiesa. In questo caso l'amministratore
era chiamato Custos fabbricae o Custos ecclesiae.
Dai
numerosi contratti giunti fino a noi risulta che un Maestro massone
veniva ingaggiato annualmente, ma talvolta anche per più anni e in
casi eccezionali a vita. Riceveva uno stipendio annuale e spesso un
alloggio dove vivere con la propria famiglia. Il suo era un lavoro a
tempo pieno , aveva uno o più assistenti che potevano diventare suoi
successori. Poteva sovrintendere contemporaneamente a più cantieri
(cosa non infrequente a partire dal XIV secolo); in tal caso riceveva
una indennità di carica annuale aggiunta ad ogni giornata di lavoro
effettivamente prestata nei cantieri.
Il suo peso professionale
variava secondo l'importanza dei lavori e il numero degli uomini
impiegati in essi. Egli doveva comunque possedere la capacità di
predisporre piani di lavoro. A lui toccava ricercare gli operai,
valutarne le capacità e procedere poi all'assunzione. Solo lui
possedeva l'autorità di licenziare quei lavoratori che si fossero
rivelati inadatti. Un'ordinanza del 1345 relativa al cantiere della
cattedrale di York stabilisce con chiarezza che solo al “Master of
masons” spetta il potere di assumere, promuovere o licenziare.
Nessun altro può interferire nel lavoro degli operai.
L'
organizzazione dei cantieri
Considerata
la durata, talvolta plurisecolare, dei lavori di costruzione di
grandi opere come cattedrali, ponti e castelli il numero dei
lavoratori impiegati poteva variare anche di molto a causa di guerre,
pestilenze, mancanza di risorse finanziarie o scarsità di manodopera
qualificata. I lavori non venivano però mai interrotti, il cantiere
restava aperto e gestito stabilmente da un gruppo relativamente
ridotto di operai qualificati che poteva essere espanso o contratto a
seconda delle necessità. Fu questo, ad esempio, il caso dell'Abbazia
di Westminster.
Ma
come funzionava un cantiere? La prima cosa da fare, una volta
selezionato il sito, era trovare la fonte di approvvigionamento del
materiale, in primo luogo delle pietre e poi del legname necessario
alla costruzione delle impalcature, dei ponteggi e dei rivestimenti.
Considerato il costo elevato dei trasporti, se appena possibile, si
aprivano cave nelle vicinanze. In questo caso gli operai impiegati
nella costruzione potevano lavorare all'estrazione e al taglio delle
pietre, anche se di norma le due attività erano separate. La
selezione delle pietre, soprattutto se acquistate altrove, spettava
al Master mason che si recava a visitare la cava (o, se vicina,
sovrintendeva anche ai lavori di escavazione).
Una volta scelte, le
pietre venivano marcate e trasportate in cantiere dove venivano
lavorate secondo le esigenze della costruzione. Si trattava dunque di
veri e propri materiali semilavorati, pietre squadrate con estrema
perizia secondo misure rigorosamente definite, che venivano poi
ulteriormente lavorate o ornate. Poiché il lavoro di estrazione e
taglio delle pietre era costoso, si procedeva spesso al recupero di
pietre di seconda mano già utilizzate in opere precedenti, talvolta
anche in modo non proprio legale, tanto da comportare nei casi più
gravi (come a Londra nel 1310 e a York nel 1344 dove erano stati
smantellati tratti delle mura cittadine per portarne via le pietre)
l'intervento del potere regio.
Il
lavoro era concentrato nei mesi più favorevoli, ridotto e spesso
sospeso in inverno. Le paghe dunque variavano col passare delle
stagioni: più alte in estate, più basse in inverno (da novembre a
febbraio). Era vietato lavorare di notte, ma se per cause di forza
maggiore accadeva, erano previste indennità. L'orario andava dal
sorgere del sole a mezz'ora prima del tramonto con una pausa di
un'ora per il pranzo, di mezz'ora per dormire e di un'altra mezz'ora
per bere. In tutto, dunque, circa 8 ore e mezzo in inverno e 10 ore e
mezzo in estate.
La
maggior parte dei muratori era pagata a giornata e in denaro anche se
c'erano talvolta benefits in natura (alloggio, cibo, birra).
Esistevano poi una specie di straordinari, legati al protrarsi
dell'orario per motivi eccezionali, premi di produzione relativi al
rispetto o al miglioramento dei tempi di costruzione oltre che alla
qualità della produzione e una sorta di cottimi legati alla quantità
del lavoro svolto. Aspetti salariali che per Knoop testimoniano della
complessità e della modernità di quella organizzazione del lavoro e
che ricordano molto il moderno lavoro in fabbrica. Non mancavano
neppure le ferie, cioè il diritto per i lavoratori di vedersi pagata
la giornata anche in mancanza di prestazione d'opera nel caso di
particolari festività religiose o di ricorrenze della corporazione.
La
loggia: luogo di lavoro, di studio e di riposo
Gli
operai, provenienti in larga parte da località spesso anche molto
lontane dal cantiere, venivano alloggiati in appositi edifici,
chiamati mansiones, domos o anche hospicium
lathomorum. Nelle spese di gestione del cantiere veniva anche
conteggiata l'assunzione di personale addetto alla fornitura dei
pasti. Il lavoro di preparazione delle pietre veniva svolto in locali
chiusi chiamati logge (logia).
La
loggia era un luogo di lavoro coperto, costruito solitamente in
legno, pensato per proteggere i muratori dalle intemperie. Mediamente
una loggia ospitava dai 15 ai 20 lavoratori. In loggia si consumano i
pasti durante la giornata e ci si riposava nelle pause previste dai
contratti di lavoro; vi venivano conservati gli attrezzi e i
progetti. Nei registri della Fabbrica di York è conservata una
lista degli oggetti presenti in loggia nell'anno 1399: 60 asce di
pietra, 1 maglietto grande, 96 ceselli in acciaio, 24 maglietti, 1
compasso, 2 tavole da tracciare, 1 piccola ascia, 1 sega a mano, 1
badile, 1 carriola, 2 secchi, 1 carretto a 4 ruote e 2 più piccoli.
Non ci sono squadre, livelle o fili a piombo che si pensa dunque
fossero di proprietà dei singoli.
La
loggia era retta da regole che disciplinavano l'operare dei muratori.
Assenze ingiustificate o ritardi sul lavoro venivano punite con
trattenute sul salario. Nei casi più gravi si procedeva al
licenziamento immediato del lavoratore che aveva mancato ai suoi
doveri.
Assieme
ai muratori operavano numerosi “servants” o “labourers”
definiti in latino famuli cementarii. Essi svolgevano i lavori
di scavo, trasportavano le pietre, mescolavano la malta, spingevano
le carriole lungo le impalcature, in sintesi assistevano i lavoratori
nelle pratiche ordinarie e in questo modo apprendevano il mestiere.
Un processo di formazione qualche volta spontaneo, qualche volta
programmato. Come nel caso di un muratore specializzato di nome John
of Evenesham a cui nel 1359 viene garantito per contratto l'impiego
nel cantiere per tutta la parte restante della sua vita lavorativa a
patto che istruisca i labourers (lavoranti) nell'arte della
costruzione e della carpenteria. Già dal XIII secolo si ritrovano
riferimenti all'esistenza di apprendisti, ma poco si sa su paghe,
orari e caratteristiche dell'apprendistato. Per una regolamentazione
di questa materia occorrerà attendere la riforma generale del lavoro
di epoca elisabettiana (1558-1603) e in particolare gli Statuti del
1563 che generalizzano per tutte le Arti la durata del periodo di
apprendistato a 7 anni.
Freestone
Masons e Rough Masons
La
prova dell' esistenza di una complessa stratificazione professionale
all'interno del mestiere è fornita dall'ampio ventaglio salariale
testimoniato dai registri. Così, ad esempio, nella fabbrica di
Caernarvon Castle nel nord del Galles, nell'ottobre del 1303
risultavano a ruolino 53 muratori con 17 tipi di salario, ridottisi
nell'ottobre del 1316 a 24, ma con ben 12 differenti trattamenti
salariali.
Questa
grande varietà di qualificazioni professionali è anche evidenziato
dai numerosi termini latini, francesi, inglesi, usati per definire i
vari livelli di specializzazione. Termini che pongono un problema
agli storici in quanto spesso è arduo comprendere bene le differenze
fra l'uno e l'altro. A seconda dei casi i muratori vengono definiti
cementarii o lathomi, cissores (taylatores,
tailleurs), cubitores (couchours o positores), batrari o
scapelers, muratorii (wallers), imaginatores (imagours), marmorarii
(marbelers), alabasterers.
Ma
prima di tutto i muratori medievali inglesi si dividono in due grandi
categorie: Freestone masons (sculptores lapidum liberorum,
magister lathomus liberarum petrarum, mestre mason de franche pere)
e Rough Masons o rowmasons.
I
primi sono coloro capaci di lavorare un tipo di pietra (la cosiddetta
pietra libera) particolarmente pregiata e versatile, gli altri coloro
capaci solo di lavorare grossolanamente la pietra grezza. Gli studi
pioneristici di Knoop e Jones hanno dimostrato che quel termine
“liberi” associato a muratori non deriva, come fino ad allora si
era pensato, da un qualche tipo di franchigia rispetto agli obblighi
feudali (tanto è vero che anche i “liberi muratori” erano, se
necessario, comandati al lavoro nei cantieri regi), ma dal tipo di
pietra lavorata e dunque dalla particolare qualità del lavoro che
erano in grado di produrre. Tesi confermata da tutti gli studi
apparsi da allora ad oggi.
I
liberi muratori erano dunque i membri dell'arte capaci di squadrare
perfettamente la pietra, di lavorarla con maglietto e scalpello a
produrre quei meravigliosi capitelli e quelle statue che ornano i
chiostri delle abbazie e le facciate delle cattedrali, come gli
ornamenti che alleggeriscono e slanciano le pareti e le finestre e i
rosoni finemente intarsiati in un gioco di ricami di pietra.
I
Manoscritti Regius e Cooke
Il
dato che più ha sconcertato gli storici è la scarsità di
informazioni rispetto all'organizzazione liberomuratoria. Fino al XVI
secolo pochissimi sono gli accenni all'esistenza di una specifica
Arte (Craft) delle costruzioni. Il primo dato certo risale al 1376 e
solo nel 1389 si trova traccia di una “fraternitati de masons
Londoni fondatae apud sanctum Thomam de Acres”. Assenza
confermata dal fatto che nel 1356 furono le autorità di Londra che
dovettero incaricarsi di regolamentare lo svolgimento delle attività
muratorie in seguito a contrasti nati all'interno della categoria fra
lavoratori cittadini e forestieri e fra operai qualificati e no.
I
documenti più antichi relativi alla Corporazione muratoria sono il
Manoscritto Regius (in versi, risalente al 1390) e il
Manoscritto Cooke (in prosa, risalente al 1430). Nonostante la
datazione posteriore è il Cooke a risultare più antico, in quanto
si pensa possa essere una copia di un documento andato perduto più
antico di circa un secolo e ciò anche per il carattere relativamente
semplice del contenuto rispetto al Regius. Questi due manoscritti
rappresentano i primi esempi di “Old Charges”, gli statuti
medievali su cui dopo il 1717 furono edificati i Landmarks della
moderna Massoneria.
Composto
di 794 versi suddivisi in un preambolo storico, 15 articoli, 15 punti
e 2 parti conclusive, il Regius (chiamato così perché
originariamente di proprietà di Re Giorgio II (1727-1760) non è
un vero statuto, ma piuttosto un codice di comportamento valevole per
i liberi muratori e redatto in versi proprio per renderne più
agevole l'apprendimento a memoria.
Quanto
al Cooke (pubblicato nel 1861 a cura di Matthew Cooke) si tratta di
un testo in prosa di 960 righe, contiene una parte normativa composta
di sette articoli e nove punti preceduta da una narrazione mitica
delle origini della Massoneria che servì da canovaccio al pastore
Anderson per le sue costituzioni del 1723.
2.
continua