TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


sabato 20 settembre 2014

Gianluca Paciucci, Destre estreme di lotta e al governo (In ricordo di Walter Peruzzi)



Un contributo di Gian Luca Paciucci su un tema assolutamente centrale che è al contempo un ricordo di Walter Peruzzi a quattro mesi dalla scomparsa.

Gianluca Paciucci

Destre estreme di lotta e al governo


Walter Peruzzi* purtroppo non è riuscito a leggere il dispositivo della sentenza di non luogo a procedere nel processo intentato nei suoi confronti e in quelli dello scrivente, autori di Svastica verde, il lato oscuro del va’ pensiero leghista (Roma, Editori Riuniti, 2011), durante il quale ha assunto un ruolo rilevante/militante il nostro collegio di difesa, con Stefania Lopez e Marco Arcangeli. Non è riuscito a farlo perché è morto il 25 maggio, lasciandoci senza voce.

La sentenza, emessa dal giudice A.L. Lanna (Tribunale di Cassino) e datata 2 maggio, ci è pervenuta il 9 giugno. Ed è estremamente positiva. Vista la condanna nei confronti dell’on. Borghezio stabilita dal pretore di Torino il 22 giugno 1993 per un fatto accaduto nel capoluogo piemontese il 28 novembre di due anni prima (“…[l’on. Borghezio] con la violenza consistente nell’afferrare il minore H. N. per un braccio, lo costringeva a stare presso di sé (…) impedendogli di muoversi come avrebbe voluto…”), il giudice Lanna scrive che “quale che fosse la ragione sottesa a tale (sconsiderato) gesto, si verificò comunque una esplicazione di energia fisica; vi fu una materiale costrizione, finalizzata ad imporre ad altri (ad un soggetto peraltro particolarmente debole e indifeso) di fare qualcosa, ovvero di tollerare un’azione non voluta…”.

Inequivocabile. Su cosa si era basata l’accusa? Sul fatto che nella nostra ricostruzione dell’episodio in Svastica verde abbiamo usato il verbo “picchiare” in luogo di “afferrare o trascinare”: ma questa, secondo il giudice Lanna, è “una mera inesattezza semantica” in quanto “l’avvenimento soggettivamente riconducibile al Borghezio (…) rimane infatti pur sempre quello: fu adoperata una forma di coercizione fisica, ossia una esplicazione di violenza, nei confronti di un bambino marocchino…”. Anche qui, niente di più chiaro.

Svastica verde, ricordiamolo, raccoglie e commenta le malefatte e le maleparole di esponenti di primo e secondo piano della Lega Nord, dalle origini al dicembre 2010. Un lavoro meticoloso, basato su fonti d’archivio giornalistiche, come Walter da tempo aveva cominciato a fare, e arricchito dall’immenso materiale che la rete mette a disposizione di chiunque abbia forza e voglia di rovistarvi.



Le ricerche di Walter, cui ho dato il mio appoggio concreto a partire dal 2008, partivano da diversi assunti: innanzitutto dalla constatazione della pericolosità del fenomeno leghista che invece molti tendevano a sottovalutare o, peggio, a corteggiare ritenendolo destinato a scomparire in breve tempo con la conseguente libera uscita di voti da incamerare.

La tesi di una Lega “costola della sinistra” o movimento di popolo (la pseudoproletaria “canotta” di Bossi) è stata sistematicamente smontata dal lavoro di Walter, prima, e poi dal nostro Svastica verde, oltre che da molti altri volumi e interventi: per noi la Lega era, ed è, un movimento di destra estrema –questo vuole esplicitamente dire il titolo del nostro libro- con forti venature razziste, di un razzismo addirittura biologico, come Annamaria Rivera suggerisce nell’importante postfazione al volume. Un movimento, perciò, non “popolare” ma “populista” e cioè contro il popolo, oggetto di un quotidiano avvelenamento attraverso parole d’ordine elementari, ripetutamente/repentinamente cambiate e, sul breve periodo, efficaci.

Questo avvelenamento è stato incoraggiato e reso duraturo dalle mancanze e poi dalla mancanza di una sinistra di “classe”, a partire dagli anni Novanta, che hanno condannato alla perdita di una prospettiva ideale/reale di emancipazione. Essere contro il popolo, vuol dire anche appartenere a quella classe politica corrotta e ladrona (le accuse dei leghisti andavano e vanno per le spicce, quando non si tratti di propri esponenti…) di cui si denunciavano, imitandoli, i peggiori vizi: i casi del tesoriere Belsito e di Renzo Bossi –il figlio preferito del capo-, e infiniti episodi meno conosciuti, sono stati solo la punta di un sistema di potere assai ramificato attorno alla famiglia del grande leader, al “cerchio magico”, etc..

Corruzione che non è solo mazzette e spese pazze, ma anche devastazione del territorio (agricoltura avvelenata e rifiuti tossici, sbancamenti, disboscamenti, asfaltizzazione e edilizia forsennate) su cui qualche procura dovrà prima o poi cominciare a indagare. A questa corruzione diffusa si sono sempre uniti linguaggio e comportamenti sul terreno che hanno senza sosta ribadito l’appartenenza della Lega Nord all’area della destra estrema.

Antimeridionalismo, esibito machismo e omofobia, antiziganismo, islamofobia, antisemitismo poi diventato paradossale filosemitismo (è stato Ivan Segrè a coniare il termine di “reazione filosemita”, quando vecchi nemici degli ebrei e di Israele si convertirono ad appoggiare lo Stato detto ebraico in funzione anti-islamica), sono atteggiamenti e programmi del partito indipendentista da sempre vicini alle parole d’ordine della destra europea, e francese in particolare, con Borghezio a tessere legami tra Nizza, Strasburgo, la fantomatica Padania e movimenti come Casapound.



La svolta a destra della segreteria di Matteo Salvini (le alleanze con il Fronte Nazionale e altre destre estreme nel Parlamento europeo, i legami in nome dell’identità cristiana con la Russia di Putin, etc.) è perciò, più che un cambiamento, un esercizio di continuità e un disvelamento delle radici del partito. Ma queste radici nazional-popolari su base “padana”, in apparenza di “destra sociale”, in realtà si sono sposate disinvoltamente con la destra liberista berlusconiana: ricordiamo il grande amore Bossi – Berlusconi e, ora, le proposte di Salvini per una ricomposizione della destra, in seguito ai risultati delle europee del 25 maggio, segnate da una certa crescita della Lega dopo i rovesci elettorali causati dal rigetto nei confronti della dirigenza bossiana.

Queste proposte potrebbero essere vincenti sotto forma di riunificazione di una destra esplosa per scissioni, processi e corruzione, con la Lega che si candida a cardine di un eventuale nuovo schieramento; e/o sotto forma di idee che andranno in ogni caso a permeare le parole e i programmi di altri, capaci di raccoglierle e di utilizzarle al meglio.

Le recenti esternazioni di Alfano, ministro dell’Interno del governo del “comunista” Renzi, a proposito degli immigrati sono significative. Commentando la gambizzazione di due nigeriani il 12 luglio scorso a Pescopagano e i successivi incidenti, lungi dal deplorare il fatto e provare ad affrontare una realtà fatta di sfruttamento nelle campagne e di potere mafioso, egli ha sottolineato che “quando c’è uno sbilanciamento tra persone straniere e cittadini italiani si creano momenti di tensione”; e al successivo incontro del Comitato Nazionale per l’ordine pubblico e la sicurezza, tenutosi a Caserta il 1° agosto, parlando dei problemi occupazionali Alfano ha usato l’espressione “prima gli italiani e poi i migranti”, servendosi di uno slogan storico del Front National di Jean-Marie Le Pen. Altro che moderati!

In soccorso di Alfano si è subito schierata la sua collega di partito, Nunzia Di Girolamo: “italiani prima di tutto”, perché è questo che “la stragrande maggioranza degli italiani vuole”. Queste elevate riflessioni estive vanno però lette in altro modo: la precedenza / preferenza e il lavoro non verranno dati né agli italiani né agli stranieri, visto lo smantellamento sistematico del tessuto produttivo italiano e del welfare attuato dai governi appoggiati dal NCD, negli ultimi anni, e dai governi precedenti, tutti radicalmente antipopolari.

Qui interessa, però, l’utilizzazione di termini che, una volta a esclusivo uso delle destre estreme, ora vengono a strutturare il discorso di molti esponenti di centro e di non pochi a sinistra, non certo per sottrarre forza agli “estremisti” giocando sul loro campo, ma nella prospettiva di una nuova e programmatica alleanza. Con questi “compagni” del NCD il “comunista” Renzi già governa in modo non provvisorio, ma con una forte unità di intenti e di cultura condivisa.

Per tornare alla Lega Nord e al relativo linguaggio/modo di pensare, il cardine del suo programma è nello slogan bossiano “föra di ball” (fuori dalle palle) di cui Andrea Rognoni provò una strabiliante esegesi tra rivendicazione di un’anima popolare che “non sopporta il peso della retorica e dei giri di parole” e virilità latina da proteggere: “…La scelta poi dell’apparato riproduttivo come cuore della personalità la dice lunga sulla necessità di difendersi da chi invadendo la sfera privata finisce col sostituirsi alla nostra virilità, minacciando implicitamente di procreare una marea di figli in futuro al posto nostro…”.

Come questo slogan venne subito attuato, lo ricorda una prima pagina del Manifesto dal titolo “Effetti collaterali”: “Più di 300 migranti dispersi nel Canale di Sicilia tra Lampedusa e Malta”, e un disegno di Vauro, con persone affogate nel Mediterraneo e la scritta Föra di ball. Come a dire, con grande efficacia, operazione criminale compiuta, allora come ora in questo mare di morti che è il nostro “mare di guerra”, così definito da Annamaria Rivera, da una Libia all’altra (l’attuale caos), e poi Siria, Gaza, e il Corno d’Africa, con i migranti che provano a trovare “esodo” attraverso il deserto e le acque. Appena ieri come oggi.



Su La Padania, negli ultimi mesi, si leggono ossessivamente titoli come questi: “Basta clandestini! È ora di difendere le nostre frontiere”, “allarme immigrazione”, “allarme proselitismo”, “Mare nostrum operazione del Vaticano” (titolo di un’intervista a Luttwak), fino a una memorabile prima pagina del 13-14 luglio, “Resort mare nostrum”. Il giorno prima Matteo Salvini aveva visitato il centro d’accoglienza di Mineo e visto quello che voleva: “Aria condizionata, tv satellitare, palme in giardino (…) E ancora: giardini, sigarette di contrabbando. Il tutto a disposizione dei clandestini sbarcati sulle coste italiane.”

Un’immensa tragedia planetaria ridotta a frasette da pessima osteria (le prigioni e i CIE italiani come hotel di lusso) pronunciate dal leader di un partito nazionale, e nemmeno una parola di dolore o di comprensione umana: danno fastidio vite che cominciano a ricostruirsi, con fatica, che quindi vanno costantemente inferiorizzate nel linguaggio (non si tratta di “persone” ma di clandestini / extracomunitari) e ridotte a merce di scambio sulla scena politica italiana ed europea. Il programma del partito è il sempre valido föra di ball: la “nuova” Lega è vecchissima e decrepita, e non vuole uscire dalle proprie furie, che garantiscono un magazzino elettorale e visibilità nei media.

Abbiamo già dimenticato le trite e tristi parole di Calderoli –ora “grande statista” nel pasticcio delle controriforme renziane, insieme alla senatrice Finocchiaro- e di altri leghisti contro Cécile Kyenge? Eccole riemergere durante i recenti campionati mondiali di calcio, dopo le affermazioni di Balotelli causate dall’eliminazione della nazionale italiana: “Gli africani non scaricherebbero mai un loro ‘fratello’. Mai. In questo noi negri, come ci chiamate voi, siamo anni luce avanti”. Queste parole dette da un viziatissimo calciatore –in un sistema viziato e corrotto quale è il calcio professionistico in Italia- scatenano la reazione leghista, con la penna di Paola Pellai che parla di “razzismo al contrario” e che non perde l’occasione di occuparsi dell’ex ministra Kyenge, intervenuta a favore di Balotelli, scrivendo che “madame Kyenge era scivolata sull’ennesima buccia di banana…”. Proprio così, perché non sanno tirarsi fuori dai peggiori stereotipi, dalle proprie trivialità.



Queste banane vengono usate in un discorso razzista primario, ma che può far scuola, tra lettori e lettrici de La Padania, nelle loro sagre, ma anche fuori, nel mondo giovanile e ancora nello sport: pensiamo al caso del candidato alla presidenza della Federazione Italiana Gioco Calcio –poi eletto-, Tavecchio e alla sua battuta su “giocatori extracomunitari e banane”, il silenzio di Balotelli e compagni, stavolta dalla parte giusta, e soprattutto carriere di potere sportivo basate su giochi di palazzo in perfetta continuità con la cosiddetta Prima Repubblica.

Non c’è “potere liquido” (alla Bauman) che tenga: nella FIGC, come in tanta politica nazionale e locale, ci sono solidi legami, promesse di voti e lavoro, partecipazione a sagre e a cene, contatti personalissimi, uso del denaro pubblico per fini privati, trattative segrete e veri e propri abusi sistematici praticati da teppistelli in giacca, o felpa e cravatta, contro cui sembra non esserci possibilità di azione per chi coltiva l’illusione democratica. Così come non c’è potere liquido nella Lega Nord, ma pesantezza di rapporti intrecciati con furbizia e scambio di favori, ripetendo gli slogan di sempre (e sempre cangianti) in un’ossessività che è, per ora, pagante. Le ricadute interne della rinnovata “guerra al terrorismo” praticato dagli islamisti in Iraq e Siria, e paradossalmente combattuto da chi questo terrorismo ha alimentato e usato, forniscono un enorme bacino di idee e di pratiche politiche al fondamentalismo occidentale di cui la Lega Nord, in Italia, è uno dei maggiori interpreti.

Walter Peruzzi è morto lo stesso giorno delle elezioni per il parlamento europeo, che ha visto un forte spostamento a destra in molti Paesi e un quadro favorevole a creare un continente chiuso al discorso dei corridoi umanitari ma come sempre aperto alla rapina delle risorse nei confronti di altri continenti, con corollario di guerre e bombe. Le sue intuizioni sulla Lega Nord vanno coltivate e protette, senza cedere né alla demonizzazione né all’indifferenza, forme entrambe di un mediocre approccio all’esistente. La via di Walter era, e sarà per noi, quella del paziente lavoro quotidiano di scavo nelle quotidiane violenze agite da un potere sempre più sfacciato e senza misura. Svelare le parole e gli inganni dei presunti “amici del popolo”, in camicia verde o in qualsiasi altra veste si presentino (anche in quella pentastellata, renziana/alfaniana o parafascista), è uno dei compiti affidati da Walter a tutte e tutti noi.





*Walter Peruzzi (1937 – 2014), insegnante e giornalista, militante politico. È stato direttore di diverse riviste come “Laboratorio politico” e “Marx centouno”. In particolare ha diretto, dal 1991 al 2014, Guerre&Pace, periodico di informazione internazionale alternativa. Ha scritto numerosi libri, tra cui “Cattolicesimo reale” e “Oca pro nobis”, entrambi per la casa editrice Odradek di Roma.