TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


martedì 19 dicembre 2017

Il fascismo nell'Italia repubblicana



La presenza politica dei fascisti è stata una costante nella storia repubblicana, fin dall'estate del 1945. Altrettanto costante il loro peso elettorale, stabile attorno ad un 5%. Il vero problema è cosa accadrà in una situazione diversissima dal passato in reazione alla crisi dei partiti, al populismo crescente e al fenomeno inedito di una immigrazione di massa. Un mix che può diventare esplosivo.

Giorgio Amico

Per non dimenticare. Il fascismo nell'Italia repubblicana dalla nascita del MSI alle stragi degli anni '70

I recenti avvenimenti che hanno visto militanti di Forza Nuova e Casa Pound, protagonisti di azioni intimidatorie o xenofobe pensate in funzione delle ormai prossime elezioni politiche del 2018, non sono una novità nella storia della Repubblica. Il neofascismo in Italia fin dai suoi inizi si presenta sotto il duplice aspetto del manganello e del doppiopetto: l'azione clandestina terroristica e squadrista da un lato, accompagnata al tentativo di inserimento con pari dignità delle altre forze politiche nel quadro istituzionale dall'altro.

Immediatamente dopo il 25 aprile 1945 tra gli ex-combattenti della RSI nascono numerosi gruppi clandestini, soprattutto a Milano e a Roma, che si propongono, più che una improbabile conquista del potere, di dimostrare con una serie di azioni spettacolari che il fascismo non è morto. L'organizzazione più importante è quella dei Fasci di Azione Rivoluzionaria, gruppo politico-militare clandestino attivo soprattutto a Roma, guidato da Pino Romualdi, una delle figure chiave del neofascismo. Tra il 1946 e il 1951 i FAR compiono decine di attentati a Roma, Napoli, Milano, Brescia, contro sedi dei partiti di sinistra e del sindacato, case del popolo, luoghi dove si svolgono attività antifasciste (librerie, cinema, teatri).


La nascita del MSI

Ma non c'è solo l'attività militare. I fascisti sono fin dall'immediato dopoguerra attivissimi anche sul piano politico. In vista del referendum del 2 giugno 1946, che deve decidere la natura monarchica o repubblicana dello Stato, vengono presi contatti con esponenti dei partiti antifascisti per trattare la neutralità elettorale degli ex-repubblichini in cambio di una larga amnistia e dell'accettazione di un ritorno ad una attività politica legale. A questo scopo Romualdi tratta con uomini di primo piano della DC, del PSI e dell'area liberale, mentre Stanis Ruinas si incontra addirittura con il vicesegretario del PCI Luigi Longo. 

E' una vera e propria richiesta di legittimazione, in attesa della quale i fascisti iniziano a riorganizzarsi all'interno della formazione politica dell' “Uomo Qualunque”, il movimento fondato nell‟agosto 1945 dall'ex commediografo Gugliemo Giannini che si caratterizza per l'insofferenza verso i partiti (considerati tutti ugualmente corrotti), il rifiuto della politica istituzionale (sostituita dall'appello alla piazza), la denigrazione della Resistenza e dell'antifascismo, il rifiuto di ogni distinzione fra destra e sinistra. Insomma la prima manifestazione di un sentimento antipolitico , populista e protestatario, che, riassorbito negli anni Cinquanta in nome dell'anticomunismo dal sistema di potere DC, riappare alla luce con la crisi della prima Repubblica e l'instabilità politica degli ultimi trent'anni, in varie forme (dipietrismo, leghismo, grillismo) ma sempre nel segno di una sostanziale acquiescenza nei confronti dell'estrema destra.

Il 22 giugno 1946, pochi giorni dopo la nascita della Repubblica, Togliatti vara l'amnistia per migliaia di ex-repubblichini, compresi gli autori di atroci crimini di guerra tra cui il tristemente noto Luciano Luberti, il “boia di Albenga”, autore di oltre duecento omicidi. “L'amnistia – si legge in una pubblicazione della casa editrice di estrema destra il “Settimo sigillo” – fu l'elemento decisivo del processo di istituzionalizzazione del neofascismo verso la nascita del nuovo partito”.

Partito che viene alla luce a Roma nel dicembre 1946 con il nome di Movimento Sociale Italiano e che si richiama esplicitamente all'esperienza ideale e storica della Repubblica Sociale, ma che sceglie fin dal primo Congresso la legalità. Scelta che non impedisce però al nuovo partito, che già nelle elezioni dell'ottobre 1947 per il consiglio comunale di Roma ottiene oltre il 4% dei voti e 3 consiglieri, di continuare a mantenere stretti rapporti con i gruppi clandestini. Ufficialmente il MSI si dichiara contro l'uso della violenza, ma non scoraggia chi, gruppi interi o singoli membri del partito, intraprende azioni di tipo squadristico o terroristico prevalentemente contro associazioni partigiane e partiti della sinistra. 

Il partito neofascista fin da subito si inserisce nel clima della guerra fredda e della politica di contenimento del comunismo finanziata e coordinata dagli USA tramite gli apparati della CIA e della NATO. Nell'agosto 1952 si tiene indisturbato il primo campo paramilitare della gioventù missina, significativamente denominato “Ordine Nuovo”, un nome che ritornerà frequentemente nella storia dell'eversione nera e dello stragismo degli anni Settanta.


Un polo escluso?

A partire dalla fine degli anni Ottanta nell'ambito della politica di sdoganamento della destra fascista che porterà poi alla trasformazione del MSI in Alleanza Nazionale e all'assunzione di responsabilità di governo di esponenti ex-missini nell'ambito del “Polo delle libertà” berlusconiano, si inizia a parlare dei fascisti come di“esuli in patria” e del MSI come di “polo escluso” dalla vita politica dell'Italia repubblicana. Un'operazione ideologica, nonostante la serietà dei contributi di studiosi come Piero Ignazi, perchè in realtà, nonostante l'apparente marginalità, il MSI per tutto l'arco degli anni Cinquanta riesce a condizionare in più occasioni il quadro politico e istituzionale, consentendo, fra il 1953 e il 1960, con i propri voti la nascita di ben quattro governi a guida democristiana (Pella, Zoli, Segni e Tambroni), nonché l'elezione nel 1955 del presidente della Repubblica Giovanni Gronchi. Successo bissato poi nel 1972 con Giovanni Leone. 

Favori che non restano privi di contropartite importanti, come la non applicazione della Legge Scelba del 1952 sulla riorganizzazione del partito fascista e l'occhio di riguardo degli apparati di sicurezza e del Ministero degli Interni verso le attività eversive e violente dei gruppi giovanili missini e di organizzazioni come Avanguardia Nazionale e Ordine Nuovo esterne al MSI, ma di fatto legate a filo doppio alla politica del partito.

La politica di graduale inserimento del MSI negli assetti di potere dei governi centristi a guida DC ha una battuta d'arresto solo con la sconfitta del governo Tambroni, nato con il sostegno determinante dei parlamentari missini, costretto alle dimissioni dalla rivolta di Genova del luglio 1960. La stagione dei governi di centro-sinistra, pure non priva di momenti di tensione dovuti a strategie occulte interne e internazionali (vedi nel 1964 il progettato golpe De Lorenzo e nel 1965 il Convegno all'Hotel Parco dei Principi a Roma sulla “guerra rivoluzionaria”, vero incubatore della strategia della tensione e dello stragismo), vede un ripiegamento del MSI su se stesso.

    1968 Roma: assalto squadrista all'Università occupata

Gli anni delle stragi

Gli anni Sessanta segnano dunque la marginalizzazione politica dell'estrema destra e il sostanziale fallimento della strategia del “doppio petto”, rimpiazzata sotto la nuova direzione di Giorgio Almirante dal ritorno al manganello. Sono gli anni in cui in nome dell'anticomunismo vengono stretti duraturi legami con apparati dei Servizi segreti e delle Forze Armate in funzione del condizionamento da destra della politica italiana sia sul versante di governo (blocco delle istanze riformistiche del PSI nenniano) sia su quello dell'opposizione di sinistra (drastico contenimento dell'espansione elettorale del PCI).

Una strategia della tensione, sintetizzata nel motto “destabilizzare per stabilizzare”, mirante a creare un forte sentimento di insicurezza nell'opinione pubblica in modo da portare consensi alle forze moderate, che sboccherà dopo il biennio 1968-69 delle lotte studentesche e operaie nella politica delle stragi: da Piazza Fontana a Milano nel 1969 (17 morti) alla Stazione di Bologna nel 1980 (85 morti), passando nel 1974 per gli attentati del treno Italicus (12 morti) e di Piazza della Loggia a Brescia (8 morti) e innumerevoli altri eventi minori fra cui le bombe di Savona del 1974/75.

Un progetto eversivo che solo la mobilitazione popolare, democratica e di massa seppe sconfiggere grazie soprattutto all'unità e alle fermezza delle forze antifasciste. Una mobilitazione dal basso che, come nel caso delle bombe di Savona, si rivelò il vero antidoto al diffondersi della paura.

Da: I Resistenti n°3/2017