Auguri
di Buone Feste a tutti gli Amici di Vento Largo con questa piccola
storia.
Giorgio
Amico
L'Olandese
Lo
chiamavano l'Olandese, perchè da giovane era andato a lavorare in
Olanda. Non si era mai davvero capito se fosse un semplice
soprannome, un'usanza antica in quella valle, o una presa in giro.
Qualunque cosa fosse, per tutti era l'Olandese, e questo bastava.
Si ostinava
a lavorare quattro fasce di terra pietrosa. In alto sopra il paese.
Non lo faceva più nessuno ormai. E questo aggiungeva un elemento di
stranezza a quel nome che si portava dietro.
L''Olandeise,
quellu du Cian de prie. Dicevano in paese. E la cosa suonava
strana anche per chi lì era nato e cresciuto. Strana e ridicola. Che
senso aveva continuare ad affannarsi su una terra ingrata che non
rendeva nulla? Meglio scendere a valle, vivere in mezzo agli altri e
non in alto, tra quei monti, come un eremita. A meno che uno non
fosse fuori di testa o non avesse qualcosa da nascondere.
Su questo il
paese si divideva. Solo i vecchi non si ponevano domande. Seduti in
fronte all'ultimo sole sotto i platani della piazza parlavano fra
loro di tutto e di niente. Guardavano venire la sera con occhi che
avevano visto tutto. Guerra e miseria. Una fame antica e tenace e poi
il tempo del consumo e dello spreco. Nulla poteva stupirli, neppure
l'Olandese, quello du Cian de prie.
Come al
solito, scese in paese che il giorno era finito da un pezzo. Ad una
svolta della strada gli apparve il mare, lontano al termine della
valle, al fondo della piana, dopo le luci gialle del casello
dell'autostrada. Ritrasse subito lo sguardo. Troppe luci. Troppa
gente. Troppo rumore. Troppe case. Una costa distrutta, perduta per
sempre. Un altro mondo.
Parcheggiò
la macchina nello spiazzo asfaltato sotto le vecchie case del borgo e
salì per il vicolo stretto che portava alla piazzetta dove c'era
l'unico caffè del paese. La sera era calda, senza un alito di vento.
Attraversò la piazza lentamente,
guardando davanti a sé.
Bona,
Olandeise. Qualcuno lo salutò.
Rispose con un cenno del capo.
Il
bar era caldo e accogliente. Un tempo, forse, era stato una stalla o
magari una cantina. Un soffitto a volta di mattoni ricordava quei
tempi. In un angolo lo sfarfallio delle luci su un albero di plastica
ricordavano che si era a Natale. Una ragazza in minigonna si mosse da
dietro il banco.
Il
solito, disse lui, senza guardarla.
Il
vino era forte e aspro. Sapeva di salmastro e di vento, i sapori di
quella terra.
Beveva
lentamente, assorto nei suoi pensieri. Pensava a quel paese, a
come era stato e a cosa era diventato. Un non luogo, senza più anima
né storia. Quattro case di pietra meta in estate di turisti
frettolosi e distratti. Eppure non era stato sempre così. Quelle
antiche pietre avevano visto tempi migliori. Anni di miseria, certo,
ma anche di vita.
Finì il suo
vino. Poi andò al banco a pagare.
Attraversò
la piazza e imboccò il vecchio vicolo che portava al parcheggio.
Salì in macchina, mise in moto e riprese la strada di casa che si
inerpicava con tornanti stretti lungo la montagna. Alla prima svolta,
in alto, sopra il paese, gli apparve una luna bianchissima.
Appoggiato
all'uscio di casa, l'Olandese fumava. Una leggera brezza saliva dal
mare e increspava i rami degli ulivi. Pace
in terra agli uomini di buona volontà, annunciava
l'angelo nei presepi della sua infanzia. Una promessa o forse
solo una speranza, a lenire la quotidiana fatica del vivere.
Generazioni intere ci si erano aggrappate con fede.
In
basso i latrati di un cane squarciavano il silenzio della valle. Buon
Natale anche a te, pensò. Il mare lontano era una lastra
d'ardesia striata d'argento. La notte era calda. Non sembrava neppure
inverno.