Ristampato
il libro di memorie di Giovanni Burzio che ricostruisce la realtà
savonese dal dopoguerra agli anni '60. In appendice anche un nostro
ricordo di un personaggio già allora centrale nella vita culturale e
politica della città.
Giorgio
Amico
Un
ribelle concreto
Cresciuto
nell'Italia fascista, giovanissimo partigiano, nei primi mesi del
dopoguerra funzionario del PCI, “uomo in rivolta” secondo la
felice espressione di Camus, militante anarchico alla scuola di
Marzocchi (altra grande figura di quegli anni), fondatore poi con
Pier Carlo Masini dei Gruppi Anarchici di Azione Proletaria (GAAP)
che mescolavano pensiero libertario e marxismo, il giovane Arrigo
Cervetto incarna quanto di più vivo abbia espresso una Savona
operaia in cui si intravvedevano già i segni di una crisi che
avrebbe nello spazio di due decenni portato alla pressochè totale
deindustrializzazione e alla città amorfa di oggi, del tutto priva
di un'identità o, forse meglio, di un'anima.
Operaio
metallurgico, licenziato dall'ILVA, in giro per l'Italia nel duplice
ruolo di rappresentante della Casa Editrice Einaudi e di militante
libertario incaricato di reggere le fila piuttosto fragili dei GAAP,
Cervetto intrattiene con la sua città un rapporto intensissimo di
amore-odio.
«Passavo
mesi tra una città e l'altra. Mi fermavo solo quando
l'organizzazione non aveva più soldi per sostenere le spese di
viaggio. Ritornavo, allora, a Savona maledicendo tutto.
Ingenerosamente me la prendevo anche con una città che non ha mai
ostentato bellezze che non ha ma che può essere orgogliosa del suo
vento che pulisce le colline e il mare e rende gli uomini concreti,
fattivamente e meschinamente concreti».1
É
un passo dei Quaderni in cui Cervetto ricostruisce il suo percorso di
formazione politica negli anni Cinquanta, offrendo di sè un'immagine
sorprendentemente calda e ricca di umanità, assai lontana dalla
figura asettica di teorico marxista e di costruttore del “Partito”
che si è venuta affermando sempre più dopo la sua morte in Italia e
non solo.
Insomma,
l'immagine di un giovane che sta cercando con passione di trovare la
sua strada, che crede fermamente di aver qualcosa di importante da
dire, che, come annota in un altro passaggio, «serve a qualcosa, che
ha da parlare non più ai portici di Savona».2
Certo,
nella Savona di quegli anni, dove l'egemonia politica e culturale di
un PCI ancora largamente stalinista si faceva sentire spesso anche
con modalità non prive di una certa rudezza proletaria, il ruolo di
oppositore non era facile e concreto era il rischio di svolgere una
funzione di pura testimonianza, insomma davvero di predicare nel
deserto.
Eppure
quegli anni restano tra i più ricchi e intereressanti dell'intero
excursus teorico cervettiano. Nel periodo 1952-1960 appaiono una
serie di lavori che Cervetto compie per conto del neonato Istituto
Storico Feltrinelli dedicati a ricostruire la storia del movimento
operaio savonese. Studi pubblicati poi da quelle che sono le più
prestigiose riviste della sinistra di allora (Rivista
Storica del Socialismo, Movimento Operaio e Contadino in Liguria,
Movimento Operaio).
In
questi scritti Cervetto si applica a ricostruire la storia della sua
città, rompendo drasticamente con una storiografia locale ossificata
per la quale la storia di Savona finisce con il periodo aureo del
prefetto Chabrol. Nelle ricerche del trentenne Cervetto, invece, vere
protagoniste della vita cittadina diventano le classi subalterne,
quelle masse senza storia a cui egli con rigore cerca di ridare un
volto e un'identità: i contadini inurbati venuti dall'entroterra e
dal basso Piemonte a lavorare nelle fabbriche, i camalli del porto,
gli artigiani eredi di una storia secolare di libere corporazioni e
ora costruttori di un mutalismo di tipo nuovo che si rifà a Mazzini
e Bakunin.
“Antagonista”
nel senso più elevato del termine, il giovane Cervetto sa descrivere
in pagine di grande efficacia anche narrativa la quotidiana fatica
del vivere di quegli uomini e quelle donne, la loro fame di dignità
e libertà, consapevole, da operaio figlio di operai, che la lotta
proletaria è stata fin dai suoi esordi lotta per il pane, ma anche
(e forse soprattutto) per le rose.
Mirco Bottero
Un
impegno di ricerca e di studio che diventa poi confronto di idee
negli affollati e partecipati incontri del Circolo Calamandrei, vero
cuore culturale di una Savona aperta al mondo, ma anche per certi
aspetti laboratorio politico cittadino, animato da un personaggio,
Mirco Bottero, che a Savona ha dato tanto e che oggi è purtroppo
colpevolmente dimenticato anche da chi a quella storia afferma di
rifarsi.
In
quegli incontri, che nel ricordo di chi scrive hanno l'odore un po'
malinconico delle innumerevoli sigarette fumate, Cervetto riporta i
risultati delle sue ricerche, ma anche la sua impostazione politica
che con gli anni sta evolvendo dall'originario anarchismo ad un
marxismo prima con forti connotazioni gramsciane e luxemburghiane,
poi sempre più rigidamente leninista. In quei dibattiti, che spesso
diventano scontro anche aspro, Cervetto non cerca un consenso facile
a scapito della coerenza, ma espone le sue idee senza mai scadere
nella polemica fine a se stessa o nella diatriba personale.
Una
lezione di stile, quasi impensabile oggi, tempo di una politica
spettacolo tanto più urlata quanto più povera di contenuti e di
riferimenti ideali. Cervetto, dunque, come occasione di primo
incontro con la politica e il marxismo per molti giovani savonesi
che in quegli anni si formarono e ciò indipendentemente da
successivi percorsi personali che avrebbero poi portato ad approdi
molto diversi fra loro, spesso anche molto lontani da un impegno
politico rivoluzionario o anche solo di sinistra.
1. Arrigo Cervetto, Quaderni 1981-1982.
Ripreso in Guido La Barbera, Lotta comunista. Verso il partito
strategia 1953-1965, Edizioni Lotta comunista, Milano 2015, p.51.
2. Ivi, p. 64.
(Da:
Giovanni Burzio-Bruno Marengo, Prima di voi, Savona, 2017)