Giorgio Amico
Piero Pentenero.
Ricordo di un amico
Qualche giorno fa è
mancato, dopo una lunga battaglia contro la malattia, Piero
Pentenero. Le esequie sono state essenziali, come essenziale è
sempre stato il suo modo di concepire la vita incentrato sull'essere
e non sull'avere. Una vita controcorrente e piena che testimonia che
anche in anni di regressione e di sconfitta è possibile non perdere la
speranza in un mondo più umano e in diversi rapporti fra gli uomini.
Piero ha avuto un ruolo
importante nella mia vita e anche in quella di molti altri. Inizio io
a raccontare qualcosa, sperando che anche altri lo facciano.
Ho conosciuto Piero quasi
cinquant'anni fa, nell'autunno 1969. Me lo avevano segnalato come un
giovane operaio molto interessato alla politica e forse disponibile a
impegnarsi. Ci incontrammo in un locale, la Sala da te, che aveva
ricavato in un soppalco una saletta adatta ad incontri che si
volevano riservati. Un posto da coppie clandestine, ma che si
prestava bene anche per un primo contatto politico.
Proprio in quei giorni
Piero, operaio ENEL di giorno e studente la sera, stava mettendo in
piedi un movimento di studenti lavoratori che rappresentò per quegli
anni una esperienza non piccola e di cui bisognerebbe prima o poi
scrivere la storia.
L'incontro fu lungo,
parlammo molto di politica, certo, ma anche di film, di musica, di
viaggi fatti e da fare. Fu un incontro che mi cambiò la vita. Piero
mi mise in contatto con un gruppo di giovani, ragazzi e ragazze del
suo quartiere, Lavagnola che si riuniva in un appartamentino a
Mongrifone, una sorta di comune, fonte di scandalo per il vicinato,
ma uno dei pochi luoghi liberi in una Savona ancora bigotta e non
solo negli ambienti cattolici.
Nella “casa”, come la
chiamavamo, reclutai certo dei compagni al “partito leninista”,
alcuni dei quali ancora militano, ma soprattutto iniziai delle
amicizie che mi hanno poi accompagnato per tutta la mia vita e, cosa
più importante di tutte, incontrai Vilma, allora giovanissima
insegnante, con cui da cinquant'anni condivido sogni, speranze,
dolori e un figlio.
Per anni Piero fu il mio
punto di riferimento, l'amico a cui rivolgersi nei momenti di crisi e
con cui condividere le cose che contano davvero. Un anno di vita in
comune da scappati di casa in una soffitta di Zinola sospesa nel blu
del cielo e del mare, il Portogallo antifascista dei garofani, l'esperienza militante di Radio Savona 102, il festival di Parco Lambro e il
sostegno nel 1977 a Radio Alice e alla Bologna del proletariato
giovanile assediata dai carri armati di Kossiga.
Poi la vita ci ha portato
in direzioni diverse, ma ogni tanto ci si vedeva e ci si confrontava
su quello che entrambi ancora si faceva per contrapporsi alla marea
montante di intolleranza, xenofobia, odio. Lui impegnato in prima
fila nel sostegno ai migranti, io su un piano più culturale.
Poi la notizia della sua
malattia, del pudore e del coraggio con cui combatteva un male
insidioso che lasciava poche speranze.
E infine con qualche
amica e amico un ultimo saluto e il ricordo di un uomo libero, un
uomo “giusto”.