Giorgio Amico
Guardare il mondo con
occhi capaci di stupore
Ho conosciuto Bobo, che
allora chiamavamo Taz, alla caserma Testafochi di Aosta. Un periodo
della vita, quello del servizio militare, che spesso si ricorda con
fastidio, ma a cui a me piace ancora a distanza di tanti anni anni
riandare, non per nostalgie militariste, ma per l'amicizia e il calore
umano che allora seppero donarmi alcuni dei miei compagni. Un calore che, a me
lontano da casa, dagli amici e dalla mia compagna (che per inciso è
ancora la mia compagna di oggi), dava colore e allegria a giorni che
altrimenti sarebbero stati di un grigiore insopportabile.
Bobo, allora poco più
che ventenne, fu quello che più di altri sentii vicino. Un amico vero, di quelli che ti auguri sempre di trovare, capace quando ti vedeva più triste del solito di farti ridere con una battuta o di invitarti a cena a casa sua dove la sua mamma sapeva accoglierti come un figlio e ti ridava per una sera il calore della famiglia lontana.
Già allora in quella sua
capacità di ridere e farci ridere degli aspetti più ridicoli della
naja, della spocchia militaresca degli ufficiali, della arroganza dei
sergenti firmaioli (spesso ex contadini meridionali scappati dalla
fame), dei riti grotteschi che scandivano le nostre giornate, Bobo si
dimostrava un artista dal cuore e la fantasia di un bimbo, nonostante
la taglia già allora da orso.
Ritrovo oggi nei suoi
lavori quella sua risata libertaria, capace davvero di seppellire
l'autoritarismo delle stellette, e quello sguardo sul mondo capace di
infondere allegria, serenità, fiducia. Tutte cose fondamentali in un
mondo che ci vuole invece spaventati, sfiduciati, incattiviti e soli.
Valdostano autentico,
Bobo assomiglia davvero alle sue montagne, a prima vista difficili
da scalare ma capaci poi di avvolgerti in un abbraccio che ti scalda
il cuore.
Artista autentico, anche se lui forse preferirebbe essere chiamato artigiano, Bobo ci ricorda con le sue opere che i due
termini hanno la stessa matrice e nel medioevo indicavano la stessa
cosa. La capacità di creare con l'abilità delle mani cose che prima non c'erano e che ci
stupiscono per la loro forza e bellezza, proprio come le montagne
valdostane. Ma ho appena scritto una stupidaggine, perché nulla si
crea dal nulla e le opere di Bobo sono in realtà un pezzo del suo cuore, la
rappresentazione plastica e materiale dello sguardo pieno di stupore e di allegria con cui Bobo sa ancora
guardare il mondo. Uno sguardo che hanno solo coloro che non hanno dimenticato il bimbo che sono stati e che invece, purtroppo, noi non sappiamo più
ritrovare.
Gatto con sedia (2020)