TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


martedì 23 agosto 2022

Un rivoluzionario dimenticato. Michelangelo Pappalardi 5. Il periodo marsigliese


Giorgio Amico

Un rivoluzionario dimenticato. Michelangelo Pappalardi 5

Il periodo marsigliese


Stabilitosi a Marsiglia, Pappalardi si inserì all'interno della numerosa comunità dei comunisti italiani emigrati. In poco tempo strinse stretti rapporti con quei compagni che più si riconoscevano nelle posizioni di Bordiga ed in particolare con Bruno Bibbi, presso cui andò a vivere, Guglielmo Spadaccini e Eugenio Moruzzo segretario amministrativo dei comunisti italiani residenti nel vasto territorio compreso fra Marsiglia e il confine italiano. Le sue condizioni economiche non erano delle migliori, non solo era completamente privo di mezzi di sussistenza, ma essendo un intellettuale non possedeva alcuna competenza professionale che gli permettesse di trovare un lavoro. Secondo le testimonianze di alcuni suoi compagni di allora, nonostante non fosse particolarmente robusto, accettava comunque qualunque lavoro gli venisse offerto, in genere lavori saltuari , pesanti e malpagati come lo scaricatore a giornata sui moli di Marsiglia. Una vita difficile che non gli impedì comunque di svolgere un'intensa attività politica e una grande mole di lavoro intellettuale, ma che gli minò irreparabilmente la salute. Grazie alla sua preparazione teorica, unita anche a un indubbio carisma, Pappalardi divenne in breve l'elemento più rappresentativo di quanti nel gruppo italiano del Pcf marsigliese si rifaceva alle posizioni bordighiane. Fu da allora, che incominciò ad essere conosciuto nell'ambiente dell'estrema sinistra come «il professore». Un segno del rispetto con cui i suoi compagni, pressoché tutti operai senza grandi basi culturali o teoriche, guardavano a lui.

In quel periodo in casa di Bibbi viveva anche Gino Lucetti, l'anarchico autore nel 1926 di un attentato contro Mussolini. Questa coabitazione, dovuta principalmente al fatto che Bibbi e Lucetti erano cugini, fece si che, dopo l'attentato fallito, Pappalardi e i suoi compagni venissero attentamente seguiti dall'Ovra, soprattutto tramite la spia Ugo Girone, non solo come avversari politici, ma anche come possibili esecutori di azione armate rivolte a colpire la persona del Duce in occasione dei suoi viaggi all'estero. Presso l'Archivio centrale dello Stato esiste una copiosa documentazione in proposito, in larghissima parte frutto della fantasia di Girone che ingigantendo ad arte la situazione alzava così il prezzo delle sue informazioni. Si deve però riconoscere che Pappalardi ha una posizione ambigua nei confronti del terrorismo come mezzo di azione politica che tende a giustificare come «un prodotto del processo storico»; atteggiamento per molti aspetti più vicino alle posizioni anarchiche che a quelle marxiste. Lo testimonia l'articolo L'Epos Révolutionnaire et les Bolchévisateurs pubblicato nel novembre 1927 sul primo numero di Le Réveil Communiste, il foglio di agitazione e propaganda su cui svilupperà via via le sue idee.

L'anno in cui Pappalardi si sposta all'estero, prima in Germania e poi definitivamente in Francia, rappresenta un anno cruciale per la formazione di nuovi equilibri nel movimento comunista internazionale e per la maturazione, in Italia, Germania e Francia di una estesa area di dissenso con caratteristiche ultrasinistre, come sottolinea Danilo Montaldi nel suo lavoro su Korsch e i comunisti italiani:

«Maturano nel 1923, e si esprimono appieno nel '26, in sede politica – la sede, in ultima analisi, che decide – di gruppo, di frazione, di partito, molti degli orientamenti che segneranno non soltanto destini individuali quali di Bordiga, di Korsh, di Gramsci, ma quelle masse cui troppo spesso ci i richiama a vanvera.»

Il 1923 è l' anno in cui iniziano a manifestarsi le prime critiche di Bordiga nei confronti della politica dell'Internazionale comunista. Nei primi giorni di settembre dal carcere, dove è detenuto in attesa del processo al gruppo dirigente del Pcd'I che si concluderà poi con l'assoluzione piena di tutti gli imputati, Bordiga scrive il suo «Manifesto a tutti i compagni del Partito» in cui si accusa la direzione dell'Internazionale di puntare alla «liquidazione dei partito quale esso sorse a Livorno». 

Nonostante il delinearsi di questo aperto contrasto i dissidenti restano nel partito che considerano non ancora perso alla causa rivoluzionaria. Diversa la situazione di Pappalardi che porta alle estreme conseguenze la rottura ormai evidente fra Bordiga e la direzione dell'Internazionale comunista, decidendo di uscire dal partito. il 10 novembre 1923 egli da le dimissioni dal partito, nonostante Bordiga cerchi in tutti i modi di dissuaderlo.

Dimissioni accettate il 30 novembre da Tasca (Valle) in nome del Comitato esecutivo del Pcd'I. Dunque l'uscita del «Professore» dal Pcd'I è il frutto di una scelta politica autonoma dell'interessato e non la conseguenza di una espulsione come scrive la rivista del partito «Stato Operaio» nel numero 9-10 del novembre-dicembre 1927.

Una versione che circolava già da qualche anno, tanto da essere ripresa il 15 settembre 1924 dal console italiano a Marsiglia che in una informativa comunicava a Roma che secondo voci ascrivibili a Secondino Tranquilli (Ignazio Silone) Pappalardi era stato espulso dal Pcd'I «per aver criticato l’opera del comitato centrale e per avere aderito al comunicato delle opposizioni». Proprio per smentire una volta per tutte questa notizia mirante a screditare Pappalardi agli occhi dei militanti di base del Pc, Le Réveil Communiste pubblicherà agli inizi del 1928 il testo della risposta ufficiale del Comitato esecutivo del Pcd'I alla domanda di dimissioni.

N. P. 3985 R.

30-11-23.

A Monsieur PAPPALARDI, Marseille

Nous prenons note de ce que tu exposes dans la lettre du 10-11-23, et nous acceptons te demission du parti.

Le Comité exécutif du P.C.I.

Signé par VALLE

5. continua