Riprendiamo da Il Corriere della sera un vecchio articolo in cui Edoardo Sanguineti racconta la Bordighera della sua gioventù e ci offre un'immagine viva di un Guido Seborga, inquieto e contradditorio, ma capace di riconoscere il talento in un giovanissimo villeggiante amante dei libri.
Cinzia Fiori
La Malesia a Bordighera
Ero come l' Agostino di Moravia: un piccolo borghese che scopri' la vita" La villeggiatura in Riviera era come una finestra aperta su un altro pianeta, abitato da coetanei del popolo, di fronte ai quali Edoardo si sentiva un intellettuale, l' orribile "primo della classe" Senza passione per il mare, che gli faceva paura "Ogni tanto si passeggiava: la flora era rigogliosissima e a me ricordava il mondo di Salgari Stavo in disparte Solo dopo vennero la politica, i balli al Kursal, il tennis e le poesie Bruttissime"
La cartolina dalle vacanze di Edoardo Sanguineti risale all' immediato dopoguerra. Lo ritrae seduto a un bar di Bordighera con un libro in mano, magro, forse piu' emaciato di oggi, finalmente al riparo dal sole. "Vivevamo a Torino e ogni anno andavamo un po' al mare e un po' ai monti. I miei genitori si erano conosciuti in montagna, cosi' andarci era quasi un cerimoniale obbligato. Ma io preferivo il mare: con il tempo, a differenza delle vette dove mi annoiavo, era diventato un luogo mentalmente abitabile. Andavamo da una zia, sorella di mio padre, che stava a Bordighera. Li' si era sposata con un ferroviere e aveva un figlio: il mio solo cugino. Eravamo entrambi figli unici. E ritrovarlo ogni anno, per me significava rompere la solitudine. Ma non andavamo granche' d' accordo. Avevamo fra i quindici e i vent' anni, lui girava con le ragazze, ballava, praticava sport e di fronte a me, piu' piccolo, si dava arie da grande. Pero' , in fondo, mi aggregava sempre alle sue compagnie...".
Bordighera. Capo S. Ampelio
Sanguineti racconta come una favola la sua vacanza a Bordighera, per lui, spiega, era una finestra aperta sul mondo. Un altro mondo, abitato da ragazzi del popolo, come quel cugino tanto diverso da lui. "Io rappresentavo il tipo del giovane intellettuale, l' orribile primo della classe. Mio cugino invece non studiava volentieri, era uomo rivolto alla vita pratica, molto concreto, molto allegro, molto mondano. La zia, religiossissima, si preoccupava di quel figlio incontrollabile. Cio' nonostante era un ragazzo con degli interessi precisi: sognava di fare la vita di mare, che poi segui' . Con le crociere Costa viaggio' per l' universo mondo, in moto perpetuo mandava cartoline da ogni parte del globo. Ma allora, erano i tempi dell' asse Roma Berlino Tokio, lui studiava il giapponese. E io lo guardavo sbigottito, anzi con un po' di invidia: alle prese con il greco e il latino com' ero, quella lingua esotica mi appariva ben piu' affascinante. "Comunque . sorride Sanguineti . andando li' imparai a nuotare. Verso quella pratica non avevo nessuna vocazione, tant' e' vero che ho nuotato per tutta la vita annaspando come i cani sull' acqua. E poi ho un allergia fisica nei confronti del mare: dopo un quarto d' ora incomincio a tremare come una foglia per il freddo. Con l' insicurezza che avevo, non sono mai andato sott' acqua e se ci andavo era del tutto contro la mia volonta' .Insomma procedevo con una costante angoscia d' annegamento. Ma bene o male imparai. Il cugino e i suoi amici, invece, erano degli eccellenti nuotatori, naturalmente".
Sanguineti preferiva pescare con lo zio. Dire che si divertiva gli pare troppo: "Era un' esperienza curiosa. C' erano i granchi e c' era tutta una fauna da scogli davvero appassionante, esseri abbastanza incredibili: il Paguro bernardo, le conchiglie abitate...". Tutta l' estraneita' e lo stupore del giovane Sanguineti sono ancora qui, nei suoi occhi sgranati e nelle mani che si muovono accompagnado le parole, poi rallenta il ritmo: torna a parlare di spiaggia. "No, andarci non mi piaceva granche' , anche se un po' alla volta mi abituai all' idea di stare al sole. Ma mentre prendere il sole in montagna e' bello perche' non si rischia nulla, in spiaggia come fai? Dopo un po' devi buttarti in acqua e allora iniziano il freddo, il gelo, le sofferenze". Percio' Sanguineti andava al bar, all' ombra, con il mare li' sotto finalmete tenuto a bada. Seduto al tavolino leggeva un libro di Carlo Bo. Ironia della sorte o documentazione precoce non si sa, vero e' che proprio contro gli scrittori e critici ermetico spiritualisti una quindicina di anni piu' tardi, Sanguineti, divenuto esponente della neoavanguardia, avrebbe acceso le polemiche, militando per una nuova letteratura. Ma lui adesso non ne parla cosi' . "Era un libro su Mallarme' , che doveva essere uscito negli anni Quaranta. Lo ricordo come uno dei testi piu' ermetici che si potessero immaginare, nel senso sia culturale che letterale della parola: poetica dell' ermetismo portata fino in fondo. Insomma . ride Sanguineti . non si capiva un accidente. Pero' ero davvero affascinato e un po' ipnotizzato da quella scrittura ardua, ma tanto suggestiva, mallarmeana davvero". Alle spalle del bar, appena sopra il paese, stavano le colline, incoronate dalle bellissime ville art nouveau che la comunita' inglese aveva fatto costruire. Prima della guerra per pallidi nobili, principi, botanici e scrittori d' oltre Manica trascorrere l' inverno li' era diventata una consuetudine. La Belle Epoque correva sulle prime macchine decappottabili. Si fermavano davanti ai fastosi alberghi o ai club odorosi di cuoio. Perfino la regina Margherita non mancava una stagione. Ma anche adesso, che Bordighera non era piu' Il paradiso degli inglesi raccontato da De Amicis, nell' esperienza di Sanguineti: "Restava una cittadina di tradizione anglosassone, un ambiente di grande garbo, insomma. Qualcuno degli inglesi, piu' affezionato degli altri, tornava, infischiandosene dei trascorsi bellici. D' estate pero' erano davvero in pochi. Del resto i bagni non s' usavano ancora, ci andavano solo i giovani del luogo, pescatori, gente che lavorava: gli amici di mio cugino, per esempio. E non so come biasimarli, gli inglesi, perche' la spiaggia era tutta pietre, durissime...". Sopra i giardini delle ville inglesi le palme, che la leggenda narra portate da oriente, finivano. Riprendeva la vegetazione selvaggia. "Ogni tanto facevamo delle passeggiate. La flora era rigogliosissima. Ricordo anche delle lumache enormi, degli insetti spaventevoli. Io non leggevo Salgari volentieri, ma li' era davvero come finire a Mompracem, in Malesia. Per chi come me veniva dal Piemonte, cioe' dal nord, arrivare al mediterraneo era come arrivare ai tropici. C' erano dei tipi di libellule stupefacenti o cose di questo genere, io non sono mai stato esperto di natura. E c' erano piante che erano liane incrociate, e grandi cisterne d' acqua dove si raccoglievano nuvole di insetti, li' si muoveva sempre qualche cosa. Un amabile effetto di spaesamento".
Guido Seborga
Per sentirsi a casa Sanguineti andava in libreria. A Bordighera, racconta, ce n' era una sola "piccolissima, stipata di libri che una signorina appassionata selezionava con cura. Voleva creare una specie di piccolo polo culturale cittadino. Mi ricordo che li' scoprii i cataloghi degli editori, meravigliosi. Uno in particolare, quello Bompiani, era talmente bello che non invitava a comprare, bastava guardarlo per immaginare che cosa potessero essere quei libri. A quei tempi non esisteva l' editoria di consumo, i libri erano rari e costosi: un lusso. Leggere romanzi poi, era cosa indecorosa e moralmente sospetta. Agli occhi di genitori e insegnanti significava non studiare. Come si dice oggi dei ragazzi che guardano troppo la Tv".Ma i libri piu' belli glieli portava Seborga. Al bar sul lungo mare, naturalmente. "Anche lui non amava la spiaggia. Faceva un bagno al mattino presto e poi, come me, saliva al caffe' . Passavamo il tempo chiacchierando. Era persona di cultura bizzarra e disordinata, ma con delle passioni interessanti. Conosceva bene i surrealisti, era stato in Francia e adorava Artaud. Arrivava carico dei suoi libri quando delle avangurdie in Italia ancora non si sapeva nulla. Quei testi stranieri erano difficili da avere. Anche perche' le avangurdie storiche non erano amate dagli ermetici, che cercavano una scrittura di originaria purezza e al massimo si spingevano a un orfico mallarmeismo, tutt' altro che aggressivo. Un mallarmeismo all' italiana, insomma: la mistica della poesia. Ma neppure ai neorealisti piacevano le avanguardie. Cosi' si trattava di trovarli questi libri e Seborga me li portava. Curioso, lui che scriveva romanzi nient' affatto spregevoli ma nell' ambito di una poetica neorealista, mi inizio' alla conoscenza delle avanguardie storiche... Ma era un tipo bizzarro. Artaud mi piaceva. Lessi Eliogabalo o l' anarchico incoronato e il testo su Van Gogh, Il suicidato dalla societa' , e poi ce n' era uno bellissimo: Per farla finita con il giudizio di Dio".
Notturno a Bordighera
A dire il vero, con il giudizio di Dio Sanguineti l' aveva gia' fatta finita da tempo, complice anche un episodio accadutogli qualche anno prima a Bordighera. "Mio cugino, che non finiva mai di meravigliarmi, aveva mantenuto un rapporto abbastanza profondo con certi frati. D' estate ogni tanto ci andavo anch' io e cosi' imparai a conoscerli. Ma un giorno nel tunnel che portava al mare uno di loro mi salto' addosso per abbracciarmi. Io ero sbigottito, fino a un istante prima pronunciava ammonimenti morali, e l' attimo dopo...". L' ex ragazzo solitario, stupito ancora oggi, allarga le braccia. Incredibile, sembra voler dire, ma l' ironia gli viene in soccorso: "La mia avversione per il mondo ecclesiastico non poteva che aumentare". E ride. Dopo la religione, anche con la politica a Bordighera Sanguineti fece i conti. "Negli anni della guerra, andare li' voleva dire ascoltare radio Londra. Grande eccitazione e poi tutti in silenzio e attenti, come a una messa. Mio zio, da buon ferroviere, era di un antifascismo furibondo. Anche mio padre e mia madre erano contrari a Mussolini, ma un po' piu' rassegnati. Lo zio invece aveva un temperamento sanguigno, non si poneva o non voleva porsi simili problemi. Era un uomo passionale, credo addirittura che a quei tempi osasse proclamarsi socialista". Cosi' , mentre con Seborga Sanguineti scopriva l' avanguardia, con lo zio consolidava il suo timido antifascismo. "Tutto un mondo nuovo", tira le somme divertito. E a ripensarci ora, da dietro la cattedra dell' universita' di Genova, gli viene da paragonarsi all' Agostino di Moravia: il giovane piccolo borghese che scopre le cattive compagnie. Intanto, stagione dopo stagione, era arrivato all' ultimo anno di liceo. Con quel suo cugino scavezzacollo s' era tuffato nell' attivita' fisica e nella mondanita' . Ormai nelle serate estive andavano insieme a ballare al Kursal: "Era una specie di rotonda sul mare", sorride. E confessa che piu' di tutto, pero' , gli piaceva il tennis: giocare nei bei campi che Bordighera aveva ereditato dagli inglesi. Ma ci andava sempre meno ora che, assaggiando la vita qua e la' , s' era scoperto una nuova passione: "In quegli anni la vocazione letteraria incominciava a farsi forte. A Seborga avevo fatto leggere cio' che scrivevo. Che cosa? Poesie, ma brutte. Com' erano? Bah, ancora influenzate dalla tradizione ermetica italiana". Inutile insistere, di quei versi altro non dice. A sessantasei anni Edoardo Sanguineti, tanto generoso di confidenze, serba il pudore della sua giovinezza per la letteratura.
(Da: Il Corriere della Sera, 3 agosto 1996)