TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


venerdì 1 giugno 2012

Antonio Martino, La guerra e le parole



















Giorgio Amico

A proposito dell'ultimo lavoro di Antonio Martino

“Lo scopo di questa ricerca è stato quello di recuperare dalla dispersione e dal progressivo deterioramento la stampa della resistenza savonese, e di analizzarne i contenuti. La stampa clandestina, tutta tirata a ciclostile, è nella quasi totalità comunista ed è stata il veicolo più evidente del messaggio antifascista. Per questo riteniamo che la salvaguardia di questo materiale sia importante per la storia locale contemporanea. La stampa clandestina è articolata in varie testate che si rivolgono a tutti i soggetti della società: in generale (Savona proletaria, L'Unità, Il Corrieredel Popolo) e in particolare, per i giovani (La Voce dei Giovani), gli studenti (Nuova goliardia), gli intellettuali, i professionisti, il ceto medio (Democrazia), le donne (Noi donne, Donne in Lotta, La donna nuova), i contadini (Il solco). I temi sono essenzialmente: l'informazione (gli scioperi, le azioni rivendicative del "fronte operaio", le azioni dei partigiani e delle SAP, le rappresaglie dei nazifascisti, le deportazioni), il proselitismo politico (con l'esempio dei caduti), l'incitamento alla lotta e all'insurrezione liberatrice, per giungere alla nuova società del dopoguerra (con uno sguardo rivolto all'Unione Sovietica).”

Così Antonio Martino presenta la ristampa del suo lavoro dedicato alla stampa clandestina della Resistenza nella Savona del 1944-45. Un'opera che raccoglie e rende finalmente disponibile ad un pubblico largo i risultati di una paziente ricerca su ciò che ancora rimane dei giornali ciclostilati che il movimento partigiano redasse e fece circolare negli anni della guerra civile allo scopo di allargare l'area di sostegno popolare alla lotta armata e di costruire un fronte il più possibile ampio di organizzazioni di massa (donne, giovani, studenti, contadini, ceto medio). 

Un libro che, come i precedenti, persegue un duplice scopo: sottrarre all'oblio materiali di grande interesse per la comprensione di ciò che fu, nella sua complessità e contradditorietà, la Resistenza e insieme sensibilizzare Istituzioni ed Enti ad una migliore salvaguardia di un patrimonio documentale che lasciato a se stesso rischia un progressivo deterioramento se non la scomparsa.

Un lavoro di ricerca e di sistematizzazione capace di andare oltre la semplice memorialistica e l'agiografia corrente che in gran parte esauriscono la bibliografia resistenziale savonese e che appare sempre più necessario per ridare senso e significato a quegli avvenimenti contro l'usura inevitabile del tempo, i rigurgiti revisionisti e l'errore grave commesso in passato di ridurre l'approccio storico alla guerra partigiana a costruzione di un mito che si voleva fondante di una democrazia repubblicana per tanti versi incompiuta e fragile. Un approccio che ha portato a una dittatura ferrea del "politicamente corretto" fatto di retorica, di omissioni e silenzi che ha impedito finora una comprensione autentica di ciò che, nella sua estrema complessità, è stata la Resistenza anche nello specifico savonese. Basti pensare al rifiuto persistente e ottuso di accettare la categoria di guerra civile come elemento centrale della ricerca, privandosi così di ogni possibilità di comprensione (e dunque di ricostruzione storica) di episodi che pure ci furono e che rivestirono carattere non marginale come, solo per citare fatti ripresi recentemente in modo strumentale da destra, la strage di Cadibona (materia non a caso di un'altra importante ricerca di Antonio Martino) e la serie di omicidi politici successivi alla Liberazione.

Non è un caso, ne siamo sempre più convinti, che mentre troviamo una storia in più volumi della Resistenza imperiese di grande spessore storiografico e documentale, nulla di simile esista per Savona, città medaglia d'oro della Resistenza, ma dove a lungo ha pesato una visione minimalista e conservatrice della ricerca orientata prima di tutto alla difesa ostinata di assetti ed equilibri politici e personali considerati immodificabili. 

Manca dunque, al di là degli studi importanti di Guido Malandra, delle attività dell'ISREC e di poco altro, un lavoro complessivo di risistemazione della materia di cui si sente sempre più l'esigenza e che non potrà, crediamo che essere opera collettiva e di cui l'impegno di Antonio Martino rappresenta uno dei presupposti.