Giorgio Amico
Bombe di Savona: era a
Celle ligure l'arsenale del gruppo stragista La Fenice
Il 7 aprile 1973 il
fascista Nico Azzi resta gravemente ferito mentre sul treno
Torino-Roma tenta di innescare una bomba che deve provocare una
strage. Poco prima Azzi si era fatto vedere dai passeggeri con in
mano il giornale “Lotta Continua”. L'intenzione è di far
attribuire la strage all'estrema sinistra. Non si tratta di un gesto
isolato: altri attentati ai treni sono in programma. L'obiettivo è
creare il caos, attribuirlo alla sinistra, perchè poi i militari
golpisti dell'organizzazione NATO Rosa dei venti intervengano per
riportare l’ordine.
Nico Azzi è un militante
del gruppo “La Fenice” di Milano, organizzazione di estrema
destra legata a Ordine Nuovo. Uomini della Fenice sono coinvolti
nella strage di Piazza della Loggia del maggio 1974.
In quel periodo incominciano ad esplodere le
bombe di Savona.
L'inchiesta della Procura
di Milano su La fenice e il suo capo Carlo Rognoni porta alla
scoperta che il deposito di esplosivi del gruppo era a Celle ligure,
a 10 chilometri da Savona.
Una "coincidenza" perlomeno inquietante.
Una "coincidenza" perlomeno inquietante.
Riportiamo uno stralcio
della sentenza del giudice Guido Salvini.
“Nico AZZI, dopo una
serie di contatti con personale del R.O.S. Carabinieri, pur senza
divenire in alcuna forma un collaboratore e sottolineando sempre
l’immutata fedeltà ai propri principi ideologici, ha ritenuto
giusto rivelare che un deposito di esplosivo sotterrato del gruppo La
Fenice esisteva ancora nell’entroterra ligure, nel territorio del
comune di Sanda, non lontano dalla villetta di proprietà di
Giancarlo ROGNONI a Celle Ligure.
Tale deposito (da cui
provenivano sia i panetti di tritolo utilizzati per l’attentato al
treno del 7.4.1973 sia le bombe a mano SRCM lanciate durante la
manifestazione in cui fu ucciso l’agente Antonio Marino; int. AZZI,
10.2.1995, f.2), la cui esistenza era nota solo a lui, ROGNONI e
Francesco DE MIN e che con ogni probabilità non era stato più
toccato dopo l’arresto di AZZI nell’aprile 1973 e la fuga
all’estero di ROGNONI, consisteva in tre contenitori di plastica,
occultati in una buca di scarsa profondità con assi di legno poste
nel fondo della stessa, contenenti detonatori al fulminato di
mercurio e bombe a mano SRCM, rubate dallo stesso AZZI presso la
Caserma di Imperia ove aveva prestato il servizio militare, alcune
munizioni ed esplosivo del tipo ANFO utilizzato nelle cave (int.
AZZI, 10.2.1995 ff.3-4 e rapporto del R.O.S. Carabinieri in data
15.10.1994, f.2).
Nico AZZI si era reso
anche disponibile a tentare l’individuazione e il recupero di tale
deposito, ma il sopralluogo effettuato il 12.10.1994 da lui insieme a
personale del R.O.S. dava esito solo parzialmente positivo in quanto,
pur essendo stato individuato il casolare ove si trovava il deposito,
non era stato più possibile localizzare il punto esatto
dell’interramento essendo venuti meno, a oltre vent’anni di
distanza, per i numerosi incendi che avevano toccato la zona e per la
conseguente modifica della vegetazione, i punti di riferimento
ricordati da AZZI.
Si riteneva inoltre
inutile proseguire le ricerche con mezzi tecnici sofisticati quali
metal-detector sia per la presenza nel terreno di minerali ferrosi,
che avrebbero comunque reso lunga e costosa la ricerca, sia perché
lo stato di abbandono della zona esclude comunque che l’esistenza
del deposito possa costituire un pericolo per l’incolumità di
qualcuno.
Francesco DE MIN, sentito
in qualità di indiziato in data 18.3.1995, ha ammesso di essere al
corrente dell’esistenza del deposito di esplosivo, sostenendo
tuttavia di esserne venuto a conoscenza quando il suo allestimento
era già avvenuto.
In particolare, nel marzo
1973 quando, poche settimane prima del fallito attentato al treno
Torino-Roma, tutto il gruppo aveva partecipato al convegno a Genova
del Centro Studi Europa, egli, con la sua autovettura, aveva
accompagnato AZZI e ROGNONI sino a Celle Ligure e poi a piedi i tre
avevano raggiunto la località isolata ove era stato sotterrato il
materiale.
Secondo DE MIN in tale
occasione ROGNONI ed AZZI intendevano solo verificare lo stato dei
luoghi e controllare che non vi fossero pericoli di deterioramento,
cosicchè il gruppo si era limitato a guardare a livello superficiale
senza scavare sin nel punto ove si trovavano i contenitori (int.
citato, f.2).
Anche Mauro MARZORATI,
seppure con toni più sfumati, ha dichiarato di aver appreso, durante
un’esercitazione effettuata proprio nell’entroterra di Celle
Ligure con ROGNONI, AZZI, DE MIN e altri camerati, che in quella zona
esisteva un deposito di esplosivo o qualcosa del genere di pertinenza
del gruppo (dep. 31.3.1995, f.2).
Inoltre Biagio PITARRESI
ha riferito che, all’inizio degli anni ‘70, ROGNONI gli aveva
confidato che nell’entroterra di Celle Ligure era stato sotterrato
dell’esplosivo, fornendo a PITARRESI anche gli essenziali punti di
riferimento.
Biagio PITARRESI, qualche
tempo dopo, si era recato sul posto con un altro camerata per
allenarsi all’uso delle armi da fuoco e aveva cercato di
individuare il deposito, senza tuttavia riuscirci (dep. 9.9.1986,
ff.2-3).
Giancarlo ROGNONI, come
prevedibile, ha escluso di sapere alcunché di tale deposito di
esplosivo (int. 22.12.1995, f.2), ma la circostanza più interessante
in proposito è comunque emersa da un interrogatorio di Martino
SICILIANO:
"Io sono stato
ospite nella casa di ROGNONI a Celle Ligure per uno o due giorni dopo
il mio matrimonio con Ada Giannatiempo, nel 1971. Nell'occasione
ROGNONI mi confidò che, non distante dalla sua casa, verso l'interno
di Celle Ligure, in una zona impervia, avevano costituito un deposito
di armi ed esplosivi sottoterra. Faccio presente che la casa di
Rognoni a Celle Ligure si trovava alla periferia del paese, verso
l'interno, e subito alle sue spalle ci sono le montagne.
Parlai per caso con Bobo LAGNA di questa circostanza ed egli mi disse che non solo non c'era più la casa di Celle Ligure, ma anche che il deposito di esplosivo e munizioni, pur ancora esistente, non era più raggiungibile perché l'assetto del territorio era cambiato e non era più possibile orientarsi.
Bobo Lagna, a Mestre, era colui che si occupava di tenere i contatti con Anna Cavagnoli quando Rognoni era detenuto e quindi anche delle iniziative di aiuto in suo favore ed evidentemente in tale contesto egli aveva appreso del deposito. Del resto Lagna aveva frequentato a Mestre Pietro BATTISTON che veniva a Venezia con una certa frequenza". (SICILIANO, int.18.3.1996, f.6).
La circostanza riferita
da Martino SICILIANO è assai significativa in quanto, tenendo
presente che Bobo LAGNA (deceduto nel 1993) era uno degli uomini di
fiducia di Delfo ZORZI, la conoscenza da parte del gruppo mestrino
del deposito di esplosivo allestito da Giancarlo ROGNONI e dagli
altri milanesi evidenzia ancora una volta la sinergia operativa di
antica data fra i due gruppi.
(…)
(Sentenza - ordinanza del
Giudice Istruttore presso il Tribunale Civile e Penale di Milano, dr.
Guido Salvini, nel procedimento penale nei confronti di ROGNONI
Giancarlo ed altri)