Bobo Pernettaz alla Fiera di S.Orso 2023 |
Quando eravamo soldati
Arrivai ad Aosta dopo il Silenzio che la caserma dormiva già.
Non sapevano dove mettermi e così passai la notte in una delle celle adiacenti al corpo di guardia.
La Testafochi era una caserma dura, ma non un brutto posto. Il posto adatto per incontrare persone interessanti. A parte i valdôtaines, ospitava politici di estrema sinistra e marginali con precedenti penali. Tutti insieme per poterci controllare meglio.
Dopo qualche settimana, mi assegnarono alla compagnia Comando. Come in tutte le caserme d'Italia avevano bisogno di gente che sapesse fare il lavoro dei sottufficiali e anche gli estremisti andavano bene. Sempre meglio dei firmaioli che si erano arruolati perché “meglio le stellette che lavorare”.
Mi trovai così catapultato in una specie di intergruppi, in una camerata piena di compagni di Lotta continua, Avanguardia operaia e gruppi vari, assegnati a uffici, magazzini e persino armerie, come Bobo Pernettaz.
Lo notai già la prima sera. All'ora della libera uscita, un gigante si catapultò dal locale docce, nudo come un bimbo appena nato, saltellando al ritmo di una canzoncina di cui ricordo ancora il ritornello celebrativo della serata che l'attendeva: “fuori dalla Testafochi per chiavare come pochi”.
Era Bobo.
Fu subito amicizia vera.
Era il 1973.
Oggi, abbiamo tutti e due la barba bianca e un po' di esperienza in più.
Ma lo sguardo di Bobo è rimasto lo stesso come il pizzico di allegra follia che lo rende l'artista e il poeta che è.
Un abbraccio, Bobo.