TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


sabato 18 luglio 2015

La crisi greca e noi



Proponiamo un articolo interessante, scritto da un caro amico di Vento largo. Ne condividiamo pienamente la visione desolante di una sinistra (noi ci mettiamo anche Landini) residuo di una serie tragica di naufragi. Non ci convince (e speriamo che l'autore non ce ne voglia) invece la prima parte che, pur senza cadere nel piagnisteo populista sulle malefatte delle banche (terreno d'incontro possibile e in parte già in atto di sinistra e destra estrema), evita di confrontarsi con il tema vero: il tentativo di costruzione (oggi economico domani militare) di un imperialismo europeo in grado di reggere in un mondo sempre più globalizzato. Un processo complesso e contraddittorio, ma salvo sconquassi più generali irreversibile. Il concetto di “democrazia privata del suo popolo” non è nuovo. Fino alla prima guerra mondiale (che l'interventismo democratico ne fu il logico sbocco) sostanziò la critica radical democratica alla politica di costruzione nazionale post unitaria in termini non molto dissimili da quelli con cui oggi si  critica la costruzione unitaria europea. E sui limiti e le ambiguità del concetto resta illuminante il vecchio “Scrittori e popolo” (1964) dell'allora ancora operaista Asor Rosa . Insomma, c'è terreno per un confronto. Che invece è impossibile con i "rivoluzionari" da parrocchia che impazzano sulla rete. Quelli che, confondendo il marxismo con un pauperismo buonista da Azione Cattolica, si riparano sempre più dietro le parole del papa stravolgendone il senso. Tanto che “Francesco” del tutto a ragione si sgola a chiarire che lui non è comunista, e che “beati i poveri” e “il denaro sterco di Satana”, non c'entrano con Marx, ma sono da sempre la dottrina sociale della Chiesa.
Quanto umano è lei”, diceva Fantozzi al padrone. E viene da pensare che, come un tempo tanti a sinistra, incapaci di pensare a fondo la mostruosità dello stalinismo (togliattismo compreso), auspicavano un socialismo dal volto umano, oggi molti critici della Merkel in realtà vogliano solo un imperialismo europeo dal volto umano (in casa ovviamente, chè fuori, come dimostra la politica francese in Africa, non vale). 

Raffaele K. Salinari

La crisi greca e noi

Dopo l’accordo sul debito greco è legit­timo chie­dersi se l’Europa unita può ridursi ad una serie di Stati più o meno vas­salli della poli­tica libe­ri­sta a guida tede­sca. Come nel Medio Evo, infatti, oggi assi­stiamo ad una pro­gres­siva clas­si­fi­ca­zione ope­ra­tiva dei Governi euro­pei in vas­salli, val­vas­sini e val­vas­sori del capi­ta­li­smo teu­to­nico, sino ad arri­vare, secondo chi vuole ispi­rarsi a que­sta datata impo­sta­zione geo­po­li­tica, ad avere anche i servi delle gleba, in que­sto caso la Gre­cia o il più arren­de­vole Por­to­gallo. Ma se que­sto è il qua­dro di rife­ri­mento della poli­tica libe­ri­sta di stampo renano, la visione che se ne ha oltre oceano è ben diversa.

Da parte loro gli Usa capi­scono bene che, all’interno della cre­scente ten­sione con la Rus­sia, oggi inse­rita a pieno titolo all’interno dei Brics e della loro nascente poli­tica di auto­no­mia dalla Banca Mon­diale a guida ame­ri­cana, una Gre­cia dispe­rata potrebbe ten­tare due mosse entrambe pre­oc­cu­panti per gli equi­li­bri glo­bali: chie­dere un pre­stito alla neo­nata Banca Mon­diale per lo Svi­luppo finan­ziata dai BRICS, e aprire ulte­rior­mente le porte alle imprese cinesi per quanto con­cerne la pri­va­tiz­za­zione di infra­strut­ture por­tuali a par­tire dal Pireo.

Que­ste deci­sioni, ancora pos­si­bili, se non neces­sa­rie, in caso di una ulte­riore for­za­tura sui rien­tro del debito greco da parte della Troika, andreb­bero non sol­tanto a raf­for­zare i Brics nel loro insieme, ma a ten­dere ulte­rior­mente intorno all’Europa caro­lin­gia quell’arco di crisi già estre­ma­mente pre­oc­cu­pante che fu com­ple­tato dalla miope poli­tica euro­pea con l’esclusione della Tur­chia.

Se oggi, infatti, ci tro­viamo cir­con­dati da una morsa fer­rea che, par­tendo dal Magh­reb, arriva sino al Kosovo pas­sando per l’instabilità letale del Medio Oriente, lo dob­biamo anche alle poli­ti­che neo-ottomane dell’attuale diri­genza turca, e que­sto pro­ba­bil­mente non sarebbe acca­duto se i gover­nanti euro­pei aves­sero fatto dei cal­coli un po’ più lungimiranti.

Pur­troppo pare che la sto­ria, almeno quella recente, non abbia inse­gnato nulla né alla Mer­kel né tan­to­meno ai suoi vas­salli, come la Fran­cia di Hol­lande, o ai val­vas­sini, come l’Italia di Renzi. E allora, com’è pos­si­bile che que­sti governi subal­terni sia agli USA che alla Ger­ma­nia non rie­scano a eser­ci­tare una fun­zione di equi­li­brio all’interno dei loro stessi inte­ressi nazio­nali ma si siano spo­stati deci­sa­mente verso quelli mer­can­tili mit­te­leu­ro­pei?

Com’è pos­si­bile che i resi­dui di social demo­cra­zia fran­cese o il Par­tito demo­cra­tico a guida ren­ziana che vanta la stessa appar­te­nenza, non vogliano poter gio­care l’ultimo mar­gine nego­ziale che gli resta per non scom­pa­rire del tutto all’ombra delle Demo­cra­zia Cri­stiana tede­sca?

Qui sta l’arcano della poli­tica spet­ta­colo, della demo­cra­zia pri­vata del suo popolo, del potere fatto di annunci twit­tati, in breve della crisi radi­cale del modello demo­cra­tico euro­peo. Infatti, quando, come nel caso di Renzi, si giunge al potere senza nes­suna inve­sti­tura diretta da parte degli elet­tori, ma anzi, si con­ti­nua per­vi­ca­ce­mente ad ero­dere se non azze­rare le basi per la par­te­ci­pa­zione real­mente demo­cra­tica, cioè cri­tica, alla vita del pro­prio par­tito, quando solo le legit­ti­ma­zioni media­ti­che, anch’esse pilo­tate dai poteri forti, san­ci­scono l’appoggio alla lea­der­ship, ecco che può benis­simo avve­rarsi quella poli­tica da «Arlec­chino servo di due padroni» che il nostro Pre­si­dente del Con­si­glio pra­tica con molta disin­vol­tura: da un canto le pac­che sulle spalle da parte di Obama che in cam­bio di un sor­riso alla Casa Bianca ha infos­sato per altri anni le nostre truppe nel pan­tano afghano e, dall’altra, la sud­di­tanza alle poli­ti­che, non euro­pee ma interne, della Ger­ma­nia, anche qui in cam­bio di una serie di annunci di pro­ta­go­ni­smo nego­ziale a bene­fi­cio esclu­sivo dei media main­stream. In que­sto qua­dro la sini­stra anti­li­be­ri­sta ita­liana cerca un enne­simo rilan­cio par­tendo da resi­dui par­ti­tici o movi­men­ti­sti alquanto logo­rati dalle pas­sate scis­sioni e suc­ces­sive false ricomposizioni.

Ma non basta citare oggi Syriza come solo un paio di anni or sono si citava la Linke ed il suo modello orga­niz­za­tivo, o Pode­mos o ancora altre espe­rienze latino ame­ri­cane, non a caso nate in Paesi dove la sini­stra non ha la sto­ria da legno storto che vige in casa nostra, per creare le basi di una forza non solo in grado di gover­nare, come sta facendo Tzi­pras in Gre­cia, ma di con­vin­cere tutto un popolo della neces­sità di alzarsi in piedi e riven­di­care quelle che furono le basi dell’Europa di Ven­to­tene.

Forse sarebbe il caso di riflet­tere che, par­tendo dalla cri­tica della social­de­mo­cra­zia o avendo come oriz­zonte pro­gram­ma­tico l’essere alter­na­tivi a que­sto Pd ren­ziano, si fini­sce con l’usare le stesse cate­go­rie poli­ti­che di sem­pre, logore e inu­tili a pro­ce­dere oltre la crisi delle radici stesse di quel pen­siero.

La sini­stra del pre­sente deve supe­rare il richiamo ana­lo­gico, igno­rare le cor­ri­spon­denze ed i rimandi: rom­pere con l’appartenere alla stessa sfera cul­tu­rale e poli­tico orga­niz­za­tiva che si cri­tica.

È pro­prio que­sta rin­corsa che non con­vince i cit­ta­dini e li tiene lon­tani da un’alternativa che, invece, le for­ma­zioni poli­ti­che di altre realtà hanno costruito mat­tone dopo mat­tone usando cate­go­rie nuove, oltre le divi­sioni e dun­que le visioni del secolo scorso.

Da que­sto punto di vista quando si parla di «allon­ta­nare i reduci ed i guar­diani delle tombe» per­ché si intende sem­pre qualcun’altro e mai chi ha ten­tato negli ultimi vent’anni espe­ri­menti che al mas­simo hanno pro­dotto qual­che seg­gio buono per una ren­dita di oppo­si­zione?

Credo sia que­sta anche l’intuizione che muove la coa­li­zione sociale di Lan­dini. Se vogliamo essere coe­renti con la sfida di pen­sare le nuove cate­go­rie per una poli­tica dell’inclusione e della sal­va­guar­dia dell’ambiente, del diritto dei diritti fon­da­men­tali, allora biso­gna pro­gram­ma­ti­ca­mente dare spa­zio alle for­ma­zioni ine­dite, soste­nere nuove diri­genze, fare real­mente un passo indie­tro da parte di chi sino ad ora non ha con­cluso nulla se non con­ve­gni e car­telli fal­sa­mente pat­tizi, pro­muo­vere una gio­ventù che forse non ha un pas­sato ma che cer­ta­mente vuole avere un futuro.


Il manifesto – 17 luglio 2014