Una terra, degli
uomini, il lavoro, la fatica, la dignità e la speranza. Questa è
l'ultima grande mostra di Pino Bertelli , cantore degli ultimi e
orgogliosamente refrattario alle lusinghe del mercato. E naturalmente vecchio amico di Vento largo.
Silvia Trovato-Tiziano
Arrigoni
Ferro, Fuoco, Terra!
50 anni di lavoro in Maremma
La mostra di Pino
Bertelli «Ferro, Fuoco, Terra! 50 anni di lavoro in Maremma»
racconta con lo sguardo libertario di questo autore di fama
internazionale il lavoro di ieri e di oggi della Maremma toscana.
L'iniziativa fa parte del progetto di collaborazione tra Irta
Leonardo (Istituto di Ricerca sul Territorio e l'Ambiente) e Magma
Follonica, museo che fa dell'attenzione al mondo del lavoro e della
memoria storica locale uno dei suoi principali fulcri.
Da sempre sensibile e recettivo alle questioni del lavoro e della
società, dell'emarginazione, della diversità e della libertà, Pino
Bertelli raccoglie in questa mostra ritratti, ambienti, luoghi di
lavoro e di memoria in trenta foto in grande formato seguendo un
percorso che unisce gli elementi della terra, del mare, del ferro e
del fuoco.
La prima dimensione
ambientale è quella dei lavori agricoli e del bosco, l'elemento
della terra è catturato nella sua trasformazione che negli anni
Settanta è già arrivata a modificare la fisionomia delle campagne.
I lavoratori dell'agricoltura in questo periodo sono ormai ridotti a
proporzioni marginali, ma in Maremma, territorio agricolo, ci sono
persistenze ed elementi di continuità che fanno ancora resistenza.
Le nuove generazioni agricole saranno più specializzate, più
attente al prodotto, fino all'agricoltura biologica e alla creazione
degli agriturismi.
L'altra fondamentale
dimensione che racconta le terre di Maremma è quella delle miniere
che negli anni Settanta/Ottanta vivono gli ultimi momenti di vita,
come la miniera di Campiano/Boccheggiano: si tratta di un mondo che
scomparirà totalmente nel giro di pochissimi anni, e di cui le foto
di Bertelli conservano una fondamentale traccia.
Parlare di lavoro in
Maremma significa anche parlare di grande industria pesante, dal polo
chimico di Scarlino, a quello siderurgico di Piombino. Gli anni
Ottanta e Novanta porteranno forti trasformazioni motivate da
esigenze ambientali, e dal mercato mondiale che porterà a un
profondo processo di ristrutturazione. I poli della grande industria
diverranno sempre più marginali, trasformandosi da industrie
propulsive che assorbivano manodopera ed erano anche un simbolo
politico, a roccaforti disseccate e sospese anche nell'immaginario
collettivo.
Accanto ai modelli da
"seconda rivoluzione industriale" si pone il settore
terziario, da quello turistico balneare di massa, al turismo
culturale e gastronomico delle colline, ai percorsi di archeologia
industriale che cercano di recuperare la memoria e farne un motore di
sviluppo futuro.
Infine i nuovi mestieri
legati alla quarta rivoluzione industriale, quella informatica, ma
soprattutto la precarizzazione progressiva ed incisiva del lavoro,
che semina i suoi vuoti, le sue questioni aperte e le sue ferite e
poi le migrazioni del mondo che si uniscono a formare i nuovi
ritratti di questa Maremma che raccontiamo attraverso il lavoro,
attraverso l'identità del passato e quella in costruzione del
futuro.
Carlo Arturo
Quintavalle
Ordinario di Storia
dell'Arte, Università di Parma
Le strade della
fotografia
Pino Bertelli è uno dei
fotografi più importanti del nostro tempo, è un fotografo di
consapevolezze complesse, di qualità molto alta, di passioni anche
estreme. Comunque le sue immagini sono di quelle che restano nella
storia della fotografia, e non solo in quella del nostro paese.
Se siano davvero
realistiche non importa, i realismi sono molti e proprio Bertelli ne
ha sperimentati diversi per giungere alla qualità delle sue
raffigurazioni, ma ha anche vissuto da vicino, ne sono certo, la
fotografia della astrazione, quella delle avanguardie. Che esse siano
borghesi non credo, come non credo al filo rosso del realismo
staccato da queste ricerche non di segno diverso, credo. Ma tutto
questo non importa, anche le avanguardie, quelle dell'astrazione,
hanno contribuito a distruggere le immagini pianificate di ogni
ufficialità, dai futuristi ai costruttivisti, da Dada al
Surrealismo, e parlo di fotografia.
Così forse un giorno
potremo meglio ripercorrere le matrici della ricerca di Bertelli
proprio dentro l'astrazione, come certo non sarebbe piaciuto a Ždanov
e ai suoi poveri evocatori. Ma questa, forse, sarà altra storia.
La fotografia di Bertelli
ha dialogato e dialoga ancora oggi con le immagini scattate da alcuni
grandi protagonisti della fotografia, e sopratutto con Henri
Cartier-Bresson, e con alcuni altri fotografi della Magnum, ma anche
con altri attori sulla scena storica della fotografia, quelli legati
alla Farm Security Administration. Come pensare dunque che siano nate
queste foto che analizzano le persone, non i mestieri delle persone,
se non da una partecipazione attenta allo spazio del loro lavoro,
dalla comprensione della loro fatica? Come non pensare a quello che
suggerivano Stryker e gli altri della FSA, dunque a Dorothea Lange e
a Walker Evans, sul modo di porsi di fronte a un evento, sul come
analizzarlo, sul come raccontarlo per immagini?
Bertelli ha una sapienza
diversa rispetto a tanti fotografi impegnati, sa fermare il tempo e
sa condensarlo nelle fotografie.
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