Ultima
puntata del nostro sintetico viaggio alla scoperta
dell'Internazionale situazionista. La conferenza di Cosio, presentata
spesso come un semplice incontro di artisti, fu invece per Debord
un'operazione squisitamente politica. Di qui il contrasto con gli
italiani e l' espulsione di Simondo, Verrone e Olmo a pochi mesi
dalla fondazione dell'Internazionale. E domani tutti a Cosio per i 60
anni di un evento che ancora oggi mantiene intatta la sua attualità.
Giorgio
Amico
Alla
vigilia della conferenza di Cosio, il Rapporto sulla costruzione
delle situazioni
All'inizio
dell'estate 1957 dopo quasi un anno di lavoro in comune con gli
italiani Debord ritiene che sia giunto il momento di accelerare il
processo di unificazione fra l'Internazionale lettrista e il MIBI. In
un articolo, apparso sul numero 28 di Potlatch,
egli definisce con grande lucidità finalità e modi della fusione
con il gruppo di Alba. Del tutto consapevole dello scarso peso del
suo gruppo, Guy delinea uno scenario che assomiglia più ad
un'operazione entrista che ad una fusione fra due movimenti di pari
importanza:
«L'allargamento
delle nostre forze, la possibilità e la necessità di una vera
azione internazionale devono condurci a cambiare profondamente la
nostra tattica. Dobbiamo impadronirci della cultura moderna, per
utilizzarla per i nostri scopi, e non condurre più un'opposizione
esterna fondata sul solo sviluppo futuro dei nostri problemi. [...]
La tendenza di Potlatch
deve accettare, se necessario, una posizione minoritaria all'interno
della nuova organizzazione internazionale, per permetterne
l'unificazione».
Debord
è consapevole che il piccolo gruppo lettrista rischia di annullarsi
all'interno di un movimento più ampio composto prevalentemente da
pittori e ridursi così ad una mera avanguardia artistica al servizio
degli ultimi frammenti dell'estetica moderna, ma sa anche il rischio
va corso se si vuole avere i mezzi, prima di tutto economici,
necessari a svolgere quel ruolo rivoluzionario che egli ritiene
essere ormai pienamente alla portata dei lettristi internazionalisti:
«É
certo che la decisione di servirsi, dal punto di vista economico così
dal quello costruttivo, di frammenti arretrati dell'estetica moderna
comporta gravi pericoli di decomposizione. Degli amici si inquietano,
per citare un caso preciso, per l'improvvisa predominanza numerica di
pittori, di cui giudicano la produzione fortemente insignificante e i
legami con il mercato dell'arte indissolubili. [Ma] dobbiamo correre
il rischio di una regressione; tendere a superare al più presto
possibile le contraddizioni della frase presente approfondendo una
teoria d'insieme, e pervenendo a delle esperienze i cui risultati
siano indiscutibili».
Dunque
nel momento stesso in cui accelera il processo di unificazione,
Debord pare non contare troppo sugli «italiani», ad eccezione di
Jorn e forse di Simondo con cui ha in quel periodo una intensa
interlocuzione, ma allo stesso tempo non voler forzare la situazione.
La fase è ancora quella della raccolta delle forze. In quest'ottica
la fusione con il MIBI ha una valenza prevalentemente tattica,
occorre utilizzare ogni mezzo, anche artistico, utile a costruire
un'alternativa rivoluzionaria alla cultura dominante e a questo scopo
il «Fronte» con gli italiani va bene. Proprio l'accettazione dei
limiti dell'operazione comporta però la necessità di definirne con
chiarezza le linee strategiche di fondo. Perchè come Debord, buon
conoscitore della storia militare, sa bene, non può darsi tattica
al di fuori di una strategia, pena il cadere in un tatticismo
inconcludente e contradditorio.
Nel giugno 1957 Debord
pubblica un Rapporto sulla costruzione delle situazioni e sulle
condizioni dell'organizzazione e dell'azione della tendenza
situazionista internazionale, come documento preparatorio della
conferenza d'unificazione dei gruppi che già avevano partecipato al
Congresso di Alba e base strategica dell'intera operazione. L'inizio
è una dichiarazione d'intenti folgorante:
«Noi
pensiamo per prima cosa che si debba cambiare il mondo. Noi vogliamo
il cambiamento più libertario della società e della vita in cui ci
troviamo imprigionati. Noi sappiamo che questo cambiamento è
possibile per mezzo di azioni appropriate».
Segue
un bilancio della situazione delle avanguardie che riecheggia toni
trotskisteggianti:
«La
nostra epoca è caratterizzata fondamentalmente dal ritardo
dell'azione politica rivoluzionaria sullo sviluppo di possibilità
moderne di produzione, che esigono un'organizzazione superiore del
mondo […] Tuttavia l'azione del movimento operaio internazionale da
cui dipende il rovesciamento preliminare dell'infrastruttura
economica dello sfruttamento, non è arrivato che a dei parziali
successi locali. Il capitalismo […] si appoggia sulla degenerazione
delle direzioni operaie; irretisce per mezzo di diverse tattiche
riformiste, le opposizioni di classe».
La perpetuazione del
sistema di dominio borghese avviene prima di tutto sul terreno
dell'ideologia, attraverso la «banalizzazione»
della cultura operata dai mezzi di comunicazione di massa. Ne deriva
la centralità della lotta culturale, ma per evitare il recupero da
parte del potere delle «scoperte sovversive», sempre possibile come
dimostra la parabola del movimento surrealista, occorre elaborare un
nuovo tipo di avanguardia che sia al tempo stesso superamento del
concetto stesso di avanguardia come realtà separata. Ciò può
avvenire solo con il passaggio aperto dalla critica dell'arte alla
critica dell'ideologia e della politica:
«La
nozione stessa di avanguardia collettiva, con l'aspetto militante che
essa implica, è un prodotto recente delle condizioni storiche che
comportano allo stesso tempo la necessità di un programma coerente
nella cultura, e la necessità di lottare contro le forze che
impediscono lo sviluppo di questo programma. Tali raggruppamenti sono
condotti a trasporre nella loro sfera di attività metodi
d'organizzazione creati dalla politica rivoluzionaria, e la loro
azione non può più ormai concepirsi al di fuori di una critica
della politica».
Il
pensiero dominante è ovunque in piena decomposizione, nell'Ovest
capitalista, come nell'URSS e negli Stati “operai”:
«Il
pensiero borghese perso nella confusione sistematica, il pensiero
marxista profondamente alterato negli Stati operai, il
conservatorismo regna all'est e all'Ovest, principalmente nel dominio
della cultura e dei costumi».
Eppure,
nonostante questo, «il riflusso del movimento rivoluzionario
mondiale, che si manifesta qualche anno dopo il 1920 e che si andava
ad accentuare fino all'inizio degli anni Cinquanta, è seguito, con
uno scarto di cinque o sei anni, dal riflusso dei movimenti che hanno
cercato di affermare delle novità liberatorie nella cultura e nella
vita quotidiana».
In
questa situazione alcune esperienze, seppur limitatamente, hanno
tentato di fare argine alla decomposizione e garantito una continuità
di iniziativa: l'Internazionale degli artisti sperimentali-Cobra
nell'Europa del 1949-1951, il Movimento Internazionale per una
Bauhaus Immaginista in Italia, l'attività di Bertolt Brecht a
Berlino con la sua rimessa in questione della nozione stessa di
spettacolo, e, naturalmente, l'Internazionale lettrista in Francia.
Debord passa poi a definire gli elementi costitutivi di una
opposizione «provvisoria» che andrà concretamente costruita
mediante l'azione «collettiva» e «disciplinata» dei partecipanti
al nuovo raggruppamento internazionale che si va a costituire.
Centrale nella sua proposta è il passaggio dal rifiuto all'utilizzo
tattico della cultura moderna:
«Si
deve intraprendere immediatamente un lavoro collettivo organizzato,
tendente ad un impiego unitario di tutti i mezzi di rovesciamento
della vita quotidiana […] Dobbiamo costruire degli ambienti nuovi
che siano insieme prodotto e strumento di comportamenti nuovi. Per
farlo, occorre utilizzare empiricamente, all'inizio, le iniziative
quotidiane e le forme culturali che esistono attualmente […] Non
dobbiamo rifiutare la cultura moderna, ma impadronircene, per
negarla».
Egli
auspica la creazione di situazioni, definite come la costruzione
concreta di momentanei ambienti di vita e la loro trasformazione in
momenti di una qualità passionale superiore. Le situazioni sono
l’opposto dello spettacolo, la forma di vita alienata e passiva
propria della società capitalistica nello stadio della
decomposizione. Gli strumenti pratici di questa azione sono la
deriva, la psicogeografia e soprattutto l'urbanismo unitario, inteso
come utilizzo integrato di tutte le arti e le tecniche. Dal 1957 al
1962 l'intera prima fase di vita dell'IS sarà incentrata su questo
punto che è considerato il cuore stesso della teorizzazione del
superamento dell'arte: «L'arte integrale, di cui si è tanto
parlato, non potrà che realizzarsi a livello dell'urbanismo»
annuncia il Rapporto.
Questo
impegno, richiede organizzazione e disciplina, e il superamento di
ogni settarismo. Ciò significa che «si deve esigere un accordo
completo dalle persone e dei gruppi che partecipano a questa azione
unita» e che il programma deve essere definito «collettivamente» e
realizzato «in modo disciplinato».
Il
Rapporto
si chiude con un’esortazione ad un agire in comune pienamente
organico. Debord è tuttavia consapevole delle difficoltà insite
nell'impresa, della possibilità che procedendo in avanti si arrivi
comunque a nuove rotture. Una visione realistica che non manca,
tuttavia, di una forte carica utopica che in molti punti cita
apertamente il giovane Marx:
«Dobbiamo
avanzare le parole d'ordine dell'urbanismo unitario, dei
comportamenti sperimentali, della propaganda iper-politica, della
costruzione di ambienti. Si è abbastanza interpretato le passioni:
si tratta ora di trovarne altre».
Esplicito il richiamo al
Marx della celebre XI tesi su Feuerbach: «I
filosofi hanno finora interpretato diversamente il mondo, si tratta
ora di cambiarlo». Qualche anno più tardi tuttavia Debord
considererà il Rapporto
«indebolito da un certo schematismo e soprattutto da
un'insufficiente analisi politica».
(Da:
Giorgio Amico, Guy Debord e la società spettacolare , Massari
Editore, 2017)