Giorgio Amico
Pinot Gallizio. Un
situazionista re degli zingari
Alba, dicembre 1956. I
benpensanti insorgono contro il passaggio di una carovana di zingari
che sosta nelle vicinanze della città. Nei caffè, nelle piazze non
si parla d'altro: sono sporchi, accattoni e ladri. Da quando sono
arrivati, sono aumentati i furti nei pollai.
Il consiglio comunale
viene riunito d'urgenza. Gli zingari devono essere cacciati, l'ordine
(e il rispetto della proprietà) ristabilito. La città va tutelata e
i suoi cittadini (polli compresi) difesi.
Ma non tutti sono
d'accordo: si alza Pinot Gallizio, ex farmacista, ora pittore a tempo
pieno e consigliere comunale indipendente di sinistra.
“Cacciateli pure”
esordisce “ tanto me li prendo io. Li ospiterò nei mei terreni
sulle rive del Tanaro, dove nascerà una grande utopica città
nomade”.
L'annuncio è accolto con
schiamazzi e risate. Non si può prendere sul serio un intervento
così. È solo l'ultima uscita di Pinot, che da quando si è messo in
testa di essere un artista non smette di combinare casini.
E invece no. Il villaggio
nasce sul serio.
Pinot chiama dall'Olanda
Constant Nieuwenhuys, grande architetto e urbanista, che progetta una
straordinaria città nomade, che non verrà poi realizzata, ma che
resta una delle grandi utopie del Novecento. Constant ne parlerà
sempre come della sua opera più importante:
“Gli zingari che si
fermavano per qualche tempo nella piccola città piemontese di Alba
avevano preso da molti anni l’abitudine di costruire il loro
accampamento sotto la tettoia che ospitava una volta alla settimana
il mercato del bestiame. Qui accendevano i loro fuochi, attaccavano
le loro tende ai pilastri per proteggersi e per isolarsi,
improvvisavano ripari con casse e tavole abbandonate dai
commercianti. La necessità di ripulire la piazza del mercato dopo
tutti i passaggi dei Gitani aveva portato il Comune a vietarne
l’accesso. Si erano visti assegnare in compenso un pezzo di terreno
erboso su una riva del Tanaro, il piccolo fiume che attraversa la
città. È là che sono andato a trovarli, in compagnia del pittore
Pinot Gallizio, il proprietario di questo terreno scabro, fangoso,
desolato che gli era stato affidato. Di quello spazio tra le
roulotte, che avevano chiuso con tavole e bidoni di benzina, avevano
fatto un recinto, una “città dei gitani”. Quel giorno ho
concepito il progetto di un accampamento permanente per i gitani di
Alba e questo progetto è all'origine della serie di maquettes di New
Babylon. Di una New Babylon dove si costruisce sotto una tettoia, con
l'aiuto di elementi mobili, una dimora comune; un’abitazione
temporanea, rimodellata costantemente; un campo nomade alla scala
planetaria”.
Da allora Pinot porterà
un paio di orecchini gitani e si definirà con orgoglio re degli
zingari.
Sono passati molti anni
da allora, siamo qui a ricordare i 60 anni dalla fondazione a Cosio
d'Arroscia dell'Internazionale situazionista che vide fra i suoi
protagonisti proprio Pinot. La città degli zingari ad Alba esiste
ancora. Ma di nuovo si raccolgono firme fra i cittadini per
allontanarli, per farla finita una volta per tutte con quello
sconcio. Perché si sa: da quando ad Alba ci sono gli zingari nei
pollai spariscono le galline.