TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


mercoledì 13 febbraio 2019

Un'estate indimenticabile. Storia in quattro atti (e un passo indietro) della Conferenza situazionista di Cosio d'Arroscia



E' fresco di pubblicazione il volume che raccoglie i materiali dell'incontro di Cosio d'Arroscia del 28-29 luglio 2017, quarto punto della situazione. Proponiamo il nostro contributo relativo alla Conferenza di Cosio del 1957. Le foto di Pino Bertelli sono tratte dall'ampio servizio fotografico in appendice al volume.

Giorgio Amico

Un'estate indimenticabile. Storia in quattro atti (e un passo indietro) della Conferenza di Cosio d'Arroscia

Primo atto: Alba

“Quella del '57 fu veramente un'estate storica: innanzi tutto il due di giugno, Elena ed io ci sposammo, nella cattedrale d'Alba. (…) Erano presenti, come spesso avviene, amici e parenti, tra gli altri amici c'erano Jorn e Debord, che si erano comprati un vestito uguale per l'occasione: pantaloni grigi, giacca giallo chiaro-canarino, farfallino su camicia bianca, erano molto bellini, in chiesa e fuori. Ho ancora le foto per la storia”.1

Chi racconta è Piero Simondo in un piccolo libro del 2004 destinato, come recita il sottotitolo “l'infondata fondazione dell'Internazionale situazionista”, a smontare il mito di una Internazionale situazionista fondata con tanto di “Conferenza” e documenti preparatori a Cosio d'Arroscia negli ultimi giorni del luglio 1957.

Foto pubblicate in bella evidenza da Donatella Alfonso nella sua appassionata ricostruzione dei fatti (chiamiamoli così per non far torto a Simondo) di Cosio uscita in occasione del sessantesimo anniversario della nascita dell'I.S. Nel libro si parla di “un bel matrimonio, per quanto semplice” e si riportano ampi brani di un colloquio con l'artista torinese.2 E di foto storiche si tratta davvero, ché mai prima (e sicuramente mai dopo) si erano visti Asger e Guy così tirati a lucido, senza i soliti maglioni d'ordinanza per l'occasione sostituiti da farfallini da cerimonia e con corredo di sorrisini imbarazzati di circostanza. E fino a qui tutto bene, il racconto regge senza bisogno di ulteriori verifiche.


Secondo atto: Albisola

Terminato il pranzo di nozze, fatte le foto di cui sopra, archiviate le pratiche burocratiche, i due sposi si trasferiscono con gli amici per qualche giorno ad Albisola, dove Jorn ha casa e dove li raggiungeConstant Anton Nieuwenhuys, meglio conosciuto come Constant. Proprio nella cittadina ligure tra grandi bevute, pranzi in trattoria e qualche imbarazzo dovuto a storie matrimoniali pregresse fra Jorn e Constant, matura la decisione di ritrovarsi a Cosio. Per Simondo l'idea nasce quasi per caso:

«La frequentazione più assidua avveniva con Debord, partivamo, a piedi, per i cinque chilometri necessari a raggiungere il porto di Savona e il relativo luogo di sosta dove bevevamo un (e più d'uno) Australian rum, scoperto fra le bottiglie del bar portuale... Eravamo giovani e incuranti, più che insolenti, tutto ci divertiva e ci rallegrava... Fu in quei lunghi e pigri conversari che si profilò l'idea di ritrovarci verso la fine di luglio a Cosio, dove Elena e io saremmo andati per l'estate, dopo la parentesi albissolese, mentre Debord dopo un soggiorno presso la nonna a Cannes avrebbe risalito la valle Arroscia. Dovevamo trovarci a Cosio, tra i soliti amici e in vacanza, ignoro se Guy avesse già in testa un retro pensiero fondante, noi certamente no».3

E qui il dubbio che i ricordi si siano con il tempo un poco appannati sorge spontaneo, a maggior ragione dopo che nel 2010 Fayard fa uscire, a completamento dell'imponente raccolta in sette volumi della corrispondenza di Debord, un ulteriore volume, il numero «0», contenente un centinaio di «lettere ritrovate» fino ad allora sconosciute anche agli studiosi più coscienziosi. Un materiale molto interessante che aiuta a ricostruire nei particolari cosa veramente accadde in quei mesi.



Un passo indietro

Giunti a questo punto occorre, come nei romanzi d'appendice di una volta, fare un passo indietro. In una lettera a Simondo, in data 29 marzo e dunque ben prima delle giornate albisolesi, Debord presenta un quadro dettagliato della situazione parigina a partire dalla risoluzione positiva del contrasto con Jorn, quella famosa e piuttosto ambigua litigata meglio conosciuta come l'affaire de Bruxelles. Tranquillizzato l'amico sul fatto che i rapporti con Jorn sono ritornati buoni e che il contrasto è rientrato, Guy aggiunge un paio di annotazioni che rendono la lettera molto interessante:

«Successivamente ho incontrato Ralph Rumney, Yves Klein, Mariën e due altri Belgi [sic], Kotik. In generale, tutto bene. Dobbiamo avanzare insieme verso un'unità teorica rigorosa. Io credo che sia possibile. Ma è urgente».4

Ma unità su cosa? É a questo punto che Debord accenna a un documento in gestazione, lo scritto che poi, diventato il Rapporto sulla costruzione delle situazioni, vedremo rispuntare a Cosio:

«Appena possibile, ti spedirò ad Alba un manoscritto di circa quaranta pagine che rappresenta la piattaforma che noi proponiamo per la nuova organizzazione internazionale. Dovrete studiarlo, e inviarmi le vostre critiche».5


«Nuova organizzazione internazionale»: la frase è chiara e non lascia dubbi in proposito. Dunque, già dal mese di marzo Debord ha avviato a Parigi un confronto con esponenti di altri gruppi di avanguardia finalizzato alla fondazione di una nuova organizzazione internazionale. Un processo da svolgersi in tempi brevi, come evidenzia il riferimento all'urgenza. Checchè ne dica Simondo, il retro pensiero fondante dunque c'era davvero e non era nemmeno poi tanto «retro», visto che Debord già tre mesi prima ne discuteva nei dettagli con lui e un'altra mezza dozzina di artisti che pensava di poter coinvolgere nell'impresa.


Terzo atto: Bruxelles

Ai primi di giugno 1957 esce a stampa in mille esemplari il Rapport sur la construction des situations et sur les conditions de l’organisation et de l’action de la tendance situationniste internationale. La gestazione dell'opuscolo è stata lunga e travagliata, come documentato dalle lettere con cui Debord tempesta Marcel Mariën, direttore di Les Lèvres nues, che, forse un po' incautamente, si è assunto la responsabilità della pubblicazione. Il pamphlet, corredato da una squillante copertina rossa, esce a Bruxelles senza data, ma tre lettere di Debord permettono di datarlo con assoluta sicurezza intorno alla metà di giugno. L'11 giugno Guy invia a Mariën le bozze corrette insieme alle ultime raccomandazioni:

«Cercate di ottenere, ve ne prego, la stampa nel più breve tempo possibile di almeno trecento primi esemplari, di cui ho urgente bisogno (mi sarebbe molto utile anche averne una dozzina di esemplari un poco prima di questi trecento). Invece, gli altri settecento non sono così urgenti. Di solito gli stampatori amano questo genere di concessioni».6

Il 19 giugno il libro non è ancora pronto, ma Debord scrive a Pinot Gallizio preannunciandogli l'invio a breve di alcune copie del Rapporto da far circolare fra gli artisti che fanno riferimento al Laboratorio di Alba.7

Quattro giorni più tardi l'attesa ha finalmente termine. É domenica, ma Debord non aspetta il lunedì e scrive immediatamente a Simondo:

«Caro Piero, dopo molto ritardo dello stampatore belga, è solamente oggi che ho cominciato a ricevere il mio Rapporto. Te ne invio immediatamente un primo esemplare, perchè ne ho solo qualcuno: nello spazio di qualche giorno te ne spedirò un'altra dozzina».8

Dunque il Rapporto esce tra l'11 e il 23 giugno e Simondo è tra i primi a riceverlo, non si capisce dunque perchè tanti anni dopo egli insista a sostenere che il testo è uscito dopo l'incontro di Cosio:

«Il testo di G.E. Debord (…) è stato pubblicato come un opuscolo con copertina in brossura rossa e senza data d'edizione. (…) Una data è fornita da Gallizio, nella traduzione italiana e bruttina come ho detto in nota, ma si tratta di un falso costruito per creare una coerenza ed una veste di battesimo storica alla neonata IS. Tale testo è stato, in ogni caso, pubblicato dopo l'incontro estivo di Cosio – avvenuto, lo ripeto a scanso d'equivoci, a casa d'Elena e mia e su nostro invito, a partire dal 22-23 luglio».9

Forse Simondo ricorda male, sono passati tanti anni. Ci può stare. Ma ora occorre fare un altro piccolo passo avanti.


Quarto atto: Cosio d'Arroscia

A Cosio in quella fine di luglio del 1957 si ritrovano in otto, divisi in tre gruppi: c'è Ralph Rumney del Comitato psicogeografico di Londra di cui è l'unico membro; ci sono i rappresentanti del M.I.B.I., Asger Jorn, Piero Simondo, Elena Verrone, Walter Olmo e Pinot Gallizio che arriva l'ultimo giorno giusto per votare; e infine Guy Debord e Michèle Bernstein per l'Internazionale lettrista. Per Simondo ciò che accade a Cosio è tutto meno che una conferenza:

«In quella settimana non c'eravamo mai raccolti in tavola rotonda, solo in rettangolo a bere e a mangiare; soltanto l'ultimo giorno ci riunimmo per votare sul cambiamento d'etichetta, proposto da Guy. Devo riconoscere che la morte del MIBI fu inavvertita e del tutto indolore (...) e l'IS fu!»10

A differenza delle affermazioni sulla data del Rapporto, qui siamo di fronte a una mezza verità. Se cerchiamo dei riscontri, immediatamente troviamo che la versione di Ralph Rumney, l'altro degli otto partecipanti che ha lasciato una memoria scritta di quei fatti , non è poi molto diversa. Per l'inglese, che immortalò quei giorni con una serie di foto straordinarie, a Cosio la discussione ci fu davvero, ma limitata ad una cerchia ristretta di persone:

«All'interno di questo gruppo c'era un piccolo clan che faceva la sua conferenza, una conferenza nella conferenza, costituito da Debord, Michèle Bernstein, Jorn e me. Non mi ricordo di interventi di Olmo, né di Elena. Gallizio spiegava la sua pittura industriale. E Piero sembrava inquietarsi per l'idea del superamento dell'arte. Non è che ci siano stati imbrogli o azioni segrete. Semplicemente, non mi ricordo che essi siano stati molto presenti nel dibattito teorico».11 Quanto a Jorn «egli adorava tutto ciò che somigliasse a un movimento o a una conferenza... Aveva circa vent'anni più di noi ma ci lasciava parlare. Ci osservava»12. Rumney conferma che il Rapporto di Debord non fu oggetto di una discussione formale: «Non mi ricordo di sedute in cui questo testo sia stato votato all'unanimità, nella misura in cui Olmo ascoltava Vivaldi, gli altri, non so a che cosa pensassero o se l'avessero compreso».13

L'affermazione ci pare ragionevole, tenuto anche conto del fatto che, sempre secondo Simondo, almeno due dei partecipanti, Gallizio e Olmo, non parlavano francese e il testo, già di suo non facile, non era ancora stato tradotto in italiano. Non abbiamo dubbi sul fatto che l'incontro di Cosio non rassomigliasse in nulla a una conferenza, almeno nel senso che solitamente si da al termine: un incontro formale, con inviti e manifesti pubblici, relatori ufficiali ed invitati. Come era stato, tanto per fare un esempio, un anno prima il congresso di Alba. È altamente probabile che del manifesto programmatico di Debord non si sia in effetti molto discusso e che addirittura a qualcuno non importasse neppure poi tanto. La cosa non ci turba. Anzi ci piace molto perché rende perfettamente il senso giocoso di quei giorni che Donatella Alfonso ha ricostruito così bene nel suo libro. E d'altronde, a parte Gallizio e Jorn che erano di un'altra generazione, di un incontro di giovani si trattava, di una festa mobile tra Alba, Albisola e Cosio.

Il punto è un altro. Nel suo libro del 2004 Simondo dimostra a distanza di quasi cinquant'anni un coinvolgimento emotivo e un disincanto che il tono volutamente provocatorio del testo non riesce a coprire del tutto. Ed in effetti per lui dovremmo parlare di un epilogo, l'espulsione nel gennaio 1958 la prima di una lunga serie, decisa dall'alto e nemmeno comunicata agli interessati a cui si accompagnò la totale e immediata rescissione di ogni rapporto personale.

«Simondo e Olmo – ordina da Parigi Debord a Gallizio – non sono solamente degli idioti, ma delle persone ripugnanti da trattare esattamente allo stesso modo, e questo ci pare sia il caso, anche negli aspetti della vita quotidiana. Si deve togliere loro il saluto».14

Una condanna a morte simbolica che colpì Simondo, la moglie Elena e l'amico Olmo. Una brutta pagina, insomma, da cui Debord e Pinot Gallizio, che la avvallò, non escono bene.15 A volerla buttare in psicoanalisi, si può anche pensare che a Simondo, a cui era mancata la figura paterna, e che aveva vissuto in casa di Gallizio per cinque anni, il tradimento del suo mentore non fece di certo piacere. Donatella nel suo libro racconta che Simondo la prese abbastanza bene. A lui, scrive, stavano a cuore altre cose, «l'università, i suoi studi, la pittura, Elena e la nuova vita a due».16 Ci permettiamo di dubitarne. Nei ricordi di Simondo avvertiamo forte il retrogusto amaro di una ferita ancora aperta, di una storia d'amore finita male.


1. Piero Simondo, Guarda chi c'era, guarda chi c'è, Ocra Press, Genova 2004, p. 16.
2. Donatella Alfonso, Un'imprevedibile situazione, Il melangolo, Genova 2017, p. 13.
3. Piero Simondo, cit., pp. 19-20.
4. Guy Debord, Correspondance, volume «0», Fayard, Paris 2010, epub. p.97.
5. Ibidem
6. Ivi, p. 100.
7. Guy Debord, Correspondance, volume 1, Fayard, Paris 1999, p.16.
8. Guy Debord, Correspondance, volume «0», cit., p.102.
9. Piero Simondo, cit., p.53.
10. Ivi, p.23.
11. Ralph Rumney, Le consul, Allia, Paris 1999, p.43.
12. Ivi, p. 45.
13. Ivi, p. 46.
14. Guy Debord, Correspondance, volume I, cit., p. 64.
15. Anche in questa occasione Asger Jorn si mostrò il migliore. A differenza di Gallizio e nonostante l'interdetto di Debord, egli continuò a mantenere con Piero ed Elena i fraterni rapporti di prima.
16. Donatella Alfonso, cit., p.80.

(Da : Roberto Massari, Da Cosio nasce cosa..., Massari Editore, Bolsena 2019, pp. 23-32)