Il
Partito Socialista nacque a Genova nel 1892. E a Savona che cosa
succedeva? Un vecchio lavoro di qualche anno fa ricostruisce gli
inizi del movimento socialista savonese.
Giorgio Amico
Anarchici e socialisti nella Savona
del 1894
Per il 14-15 agosto 1892
fu convocato a Genova il congresso costitutivo del Partito dei
Lavoratori Italiani. Nel manifesto programmatico venivano chiamati a
raccolta «le
rappresentanze di tutte le associazioni e circoli operai che
accettino in massima i principi cardinali del Partito approvati
nell'ultimo congresso e cioè: la costituzione di un grande partito
di lavoratori indipendente da tutti gli altri partiti;
l'organizzazione operaia per la rivendicazione delle terre e dei
capitali in mano alla collettività dei lavoratori; la conquista dei
poteri pubblici, come altro mezzo per l'emancipazione dei
lavoratori».
(1)
L'andamento dei lavori fu
burrascoso e sancì la definitiva separazione fra la corrente
socialista e quella anarco-operaista. Il partito attenderà fino al
Congresso di Reggio Emilia dell'anno successivo per definirsi
esplicitamente socialista, ma a caratterizzare in tal senso il
Congresso di Genova vengono la definizione di un preciso programma
ideologico e l'accettazione di questo da parte dei più importanti
centri del movimento operaio organizzato. In breve, come scrive
Arfè, « il partito che nasce a Genova ha una base
proletaria, é ideologicamente collegato al marxismo, si collega per
questo pur tenue filo con gli altri partiti socialisti europei». (2)
Il Primo congresso
socialista ligure
Nonostante le difficoltà
del momento politico attraversato e la pochezza dei mezzi
organizzativi del nuovo partito operaio, in breve tempo l'idea
socialista prende in Liguria uno sviluppo veramente straordinario. Ne
è prova il Primo Congresso Socialista Ligure che si tiene un anno e
mezzo più tardi a Sampierdarena alla presenza di oltre duecento
delegati in rappresentanza di ben 36 società di tutta la regione.
Aperti i lavori con le
relazioni dell'operaio Pietro Chiesa, già membro della presidenza
del congresso del '92, e di Andrea Costa, che porta il saluto della
direzione nazionale, in due giorni di intenso dibattito vengono
definiti punti fondamentali per l'attività futura del partito quali
l'atteggiamento da tenere nei confronti delle elezioni, la
costituzione di una Camera del Lavoro a Genova, la municipalizzazione
dei servizi pubblici, l'agitazione a favore del suffragio universale.
In particolare viene approvato all'unanimità un ordine del giorno
conclusivo con cui « il Congresso afferma il dovere e l'utilità
della lotta elettorale politica e amministrativa, intesa alla
conquista dei pubblici poteri, mediante candidati propri sempre
dovunque sia possibile, almeno allo scopo di propaganda...». (3)
Il Congresso sancisce
anche la nascita di una struttura organizzativa permanente, la
Federazione Socialista Ligure, diretta da un Consiglio in cui viene
chiamato a rappresentare Savona il prof. Alberto Cuneo, esponente di
primo piano della da poco costituita Lega Socialista Savonese.
La Lega Socialista
Savonese
Dopo un lavoro
preparatorio durato diversi mesi, si era infatti costituita anche
nella nostra città una sezione socialista: la sera del 16 marzo 1894
nella sala della Società Fabbro-Ferrai si era svolta, alla presenza
di oltre duecento persone tra cui numerosi socialisti di Oneglia,
Sanremo e Genova, la seduta inaugurale della Lega Socialista
Savonese. Le attività iniziali della neonata organizzazione si erano
rivolte alla propaganda all'interno delle società operaie e alla
preparazione della giornata del Primo Maggio la cui celebrazione era
allora severamente interdetta dalle norme di pubblica sicurezza.
Nonostante le eccezionali
misure adottate dalle autorità – era stato posto in allerta anche
il 64° Reggimento di fanteria di stanza in città – la festa del
lavoro si svolse nella massima calma. Le società operaie
organizzarono nella mattinata escursioni alla collina dei cappuccini
da cui i lavoratori e le loro famiglie tornarono nel pomeriggio «
carichi di verde e di fiori». (4) A sera, nonostante il tempo si
fosse guastato e piovesse a dirotto, si tenne nella sala della
Fratellanza Operaia per iniziativa della Lega una conferenza del
pubblicista Ferruccio Mosconi, redattore de “Il Caffaro” di
Genova e esponente di spicco della Federazione Socialista Ligure. La
riunione fu occasione di aspro scontro fra socialisti da un lato e
anarchici e repubblicani dall'altro. In fatti, non appena l'oratore
ebbe terminato di sostenere che il partito non doveva cercare né
accettare l'alleanza con gli anarchici e mirare invece a impadronirsi
con mezzi legali del potere, alcuni operai anarchici vivacemente
ribadirono la loro avversione al sistema elettorale e la comprensione
per i « lanciatori di bombe». In particolare si sostenne da parte
dei libertari che « l'dea del voto è per i socialisti un modo di
salire in alto e di scordare chi soffre» e che « dai deputati e
consiglieri comunali socialisti nulla può sperare il proletariato».
(5)
Quanto ai repubblicani,
essi rivendicarono a Mazzini la gloria di aver ideato un programma
socialista migliore e più nobile di quelli di Marx e Lassalle e
accusarono i socialisti di volere la divisione del movimento operaio
e di rafforzare così gli avversari.
Il processo agli
anarchici e i fatti di Sicilia
L'animata conferenza del
Primo Maggio non è il solo indizio della presenza in città di un
agguerrito, seppur ridotto, manipolo anarchico. Pochi giorni più
tardi – il 5 maggio – si aprì davanti al Tribunale di Savona il
processo contro sette giovani anarchici accusati di associazione a
delinquere. Secondo l'accusa i sette, tutti operai, capeggiati dal
tipografo ventitreenne Giuseppe Cava, erano soliti riunirsi
all'angolo di Piazza Giulio II e lì, durante i fatti della
Lunigiana, avevano espresso l'intenzione di andare in aiuto degli
anarchici carraresi e di compiere a scopo dimostrativo attentati
contro la ferrovia.
In realtà, e lo
svolgimento del processo lo dimostrò inequivocabilmente, i giovani
anarchici, da tempo tutti accuratamente sorvegliati dalle autorità
per timore che « volessero provocare disordini», si erano limitati
ad un'opera di propaganda o, come allora si diceva, di «
preparazione del terreno». A questo scopo erano stati allacciati
contatti con gruppi libertari di altre città, specialmente a Genova,
e diffusi nelle fabbriche savonesi, e in particolare alla Servettaz
dove uno dei sette lavorava, opuscoli, manifestini e giornali
anarchici come “La Favilla” e il “Sempre Avanti!”. Sempre a
Savona e a Alassio, dove risiedevano due degli imputati, erano stati
tracciate scritture murali inneggianti all'ormai prossimo trionfo
dell'anarchia e organizzate conferenze clandestine a cui aveva preso
parte un ristretto numero di simpatizzanti. La Corte non ebbe la mano
pesante e, dopo tre giorni di dibattimento, condannò cinque degli
imputanti e precisamente Giuseppe Cava, Leonardo Zino, Giuseppe
Fortunato, Pio Rossi e Mario Mobello, a sei mesi di reclusione e a
cento lire di ammenda, mentre assolse per insufficienza di prove
Vincenzo Costa e Antonio Stalla.
Fioccavano intanto a
migliaia le condanne per i fatti di Sicilia, dove il movimento dei
Fasci operai e contadini era stato brutalmente represso con l'ausilio
dei tribunali militari e della legge marziale. All'onorevole De
Felice Giuffrida, considerato principale istigatore dei tumulti,
venne inflitta una grave condanna nonostante l'immunità
parlamentare. Il fatto suscitò l'unanime sdegno di tutti i
democratici. La Massoneria, che già per per bocca del suo Gran
Maestro aveva protestato contro i provvedimenti eccezionali adottati
dal governo in Sicilia e in Lunigiana, solidarizzò pubblicamente con
il Partito Socialista. (6)
Anche a Savona la
riprovazione per il brutale atto repressivo fu unanime. La Lega
Socialista diffuse in tutta la città questo manifestino:
« La Lega Socialista
Savonese di fronte all'enorme ed efferata condanna pronunciata dal
tribunale “giberna” di Palermo contro De Felice e compagni,
protesta energicamente contro l'attuale governo e in special modo
contro il vigente sistema capitalistico, sola e unica causa di tutte
le ingiustizie e ineguaglianze sociali, e fa voti che un'energica
perseverante agitazione del partito socialista riesca a ridonare ai
compagni condannati la loro libertà». (7)
Fu il canto del cigno
della prima organizzazione socialista savonese. Ottenuti i poteri
eccezionali, Crispi li usò contro il suo principale nemico il
Partito Socialista. Decreti legge “anti-anarchici” colpirono le
camere del lavoro, le leghe operaie, le società di mutuo soccorso, i
circoli ricreativi e culturali. Centomila persone furono private del
diritto di voto con il pretesto che erano state iscritte per errore
nelle liste elettorali. Di fatto il Partito socialista, che aveva
ormai più di 160 sedi in tutta Italia, venne posto nella più
completa illegalità. Un'ondata senza precedenti di arresti potò
nelle carceri migliaia di lavoratori accusati di voler sovvertire le
istituzioni e di istigare all'odio di classe. Anche la Liguria fu
travolta da questa spirale repressiva che pareva inarrestabile.
Sciolta d'autorità la Federazione Socialista Ligure, arrestati e
condannati i suoi dirigenti, costretti all'esilio i più decisi dei
suoi militanti, il partito si trovò pressoché completamente
paralizzato. Iniziava così una fase di ripensamento teorico e di
riorganizzazione del movimento operaio costretto a rivedere i propri
obiettivi e i propri metodi di lavoro. Una fase destinata a sboccare
il 25 dicembre 1896 nella fondazione de « l'Avanti!» e nel ritorno
impetuoso del Partito Socialista sulla scena politica nazionale.
Note
1) Citato in G.
Trevisani, Storia del Movimento Operaio Italiano, Milano 1960, vol.
II, pp. 213-214.
2) Cfr. G. Arfè, Storia
del socialismo italiano, Milano 1977, pag. 9.
3) “Il Cittadino” del
16 maggio 1894.
4) “Il Cittadino” del
2 maggio 1894.
5) Ibidem.
6) “Il Cittadino” del
31 gennaio e del 2 maggio 1894.
7) “Il Cittadino” del
12 giugno 1894.
Pagine savonesi, anno 3°,
n.1, febbraio 1983