Riprendiamo dalla
pagina Fb di un caro amico alcune riflessioni sul rapporto fra
politica e cultura che consideriamo di grande interesse e uno stimolo
importante ad una approfondita (e non emozionale) riflessione critica
sullo stato attuale delle cose.
Marco Bellonotto
La rottura del nesso
storia-politica: un segno della decadenza del mondo occidentale?
Ogni volta che esce un
romanzo di Walter Veltroni (questo "Assassinio a Villa Borghese"
deve essere il terzo o il quarto) mi tornano in mente le parole di un
articolo di Giovanni De Luna, storico contemporaneista
dell'Universita' di Torino, pubblicato su "La Stampa" ormai
molti anni fa: "Amendola e Togliatti scrivevano libri di storia,
Veltroni e Franceschini scrivono romanzi".
Il senso
dell'affermazione non risiede in un confronto letterario. E neppure
si intende sfottere Veltroni o rimpiangere Amendola e i suoi tempi.
La riflessione che fece De Luna, uno degli studiosi più attenti ai
mutamenti del suo mestiere nel corso degli ultimi decenni, è come lo
studio e la conoscenza della storia siano diventati marginali (per
non dire inesistenti) per la quasi totalità della classe politica
italiana e, inoltre, come la rottura del nesso storia-politica (nella
cultura occidentale la storia ha nutrito la politica fin dai tempi di
Tucidide) abbia portato conseguenze di indebolimento della capacità
di analisi, mancanza della dimensione comparativa, superficialità
ecc.
Non solo nelle classi
dirigenti: il processo si è esteso provocando (insieme ad altri
fattori naturalmente, e in primis l'uso pervasivo dei media, vecchi e
nuovi) una desertificazione di quegli spazi pubblici dove la politica
veniva praticata dai cittadini (argomento a cui De Luna ha dedicato
un saggio perspicace, "Una politica senza religione").
Si potrà obiettare che
la concezione che Togliatti e Amendola avevano della storia era
rigidamente orientata in senso marxista; ma i libri erano, per quelle
generazioni, uno strumento per conoscere e cercare di migliorare la
società, la vita, il futuro ("Questo è vero studio, e studio
che rende, anche per comprendere meglio le posizioni generali. Ma
richiede attenzione, applicazione, pazienza, sforzo, disciplina - e
ore e ore di lavoro ", ancora Togliatti; ma questa affermazione
l'avrebbero potuta sottoscrivere Moro, Fanfani, La Malfa...) e non un
mezzo per essere chiamato "scrittore" o "intellettuale"
durante le interviste; non un orpello decorativo abilmente (?)
collocato dallo staff della comunicazione (Renzi che si fa
fotografare con una copia de "L'arte di correre" di
Murakami).