Contrariamente
a quanto solitamente si crede, il football nasce come sport popolare, addirittura
operaio. E questo accade anche da noi, in una Oneglia piena di
fabbriche e ciminiere che i cronisti di allora chiamavano "la
piccola Manchester".
Giorgio Amico
Il calcio operaio
nell'Oneglia del primo Novecento
In un articolo apparso su
Alias*, il supplemento culturale de il manifesto, di qualche giorno
fa, Pasquale Coccia, ricordava come il calcio nasca come sport
popolare, addirittura operaio. "In tempi di anestesia generale - scrive
in apertura del suo articolo - e di rimozione della memoria storica,
i simboli della classe operaia che ancora sopravvivono, si trovano
negli stemmi delle squadre di calcio di varie parti del mondo".
Dunque è una leggenda la
storia tante volte ripetuta del calcio creazione di ricchi e annoiati
borghesi inglesi stanchi di sport aristocratici come il golf o il
tennis e in cerca di distrazioni forti.
Il calcio, dunque, nasce
operaio e ostenta con orgoglio questa sua natura già a partire dagli
stemmi delle società che un pò dovunque si vanno a formare nei
grandi centri industriali inglesi fra la fine dell'Ottocento e
l'inizio del Novecento.
Scrive ancora Coccia:
"Gli stemmi delle
squadre di calcio rappresentano la storia dei luoghi dove sono state
fondate. I simboli riportati, oggi oggetto di profitti di ogni
genere, non sono il frutto del lavoro di affermati designer o di
studi di architetti, ma una trovata alla buona dei fondatori delle
squadre, spesso amici o compagni di lavoro spinti dalla passione per
il calcio. Buona parte delle compagini calcistiche sono nate in
Inghilterra sul finire dell’800 intorno alle fabbriche e nei
decenni successivi in altri paesi europei. Classe operaia e calcio
sono stati tutt’uno per molti anni, soprattutto nella prima metà
del ‘900. I dirigenti politici più attenti hanno visto nel calcio
una sana alternativa all’abbrutimento degli operai, che dopo il
duro lavoro in fabbrica nei fine settimana correvano nei pub o nelle
osterie per abbandonarsi all’alcol. Antonio Gramsci nel libro Sotto
la mole definì il calcio: «Paesaggio aperto, circolazione di
aria, polmoni sani, muscoli forti, sempre tesi all’azione» e
su L’Ordine Nuovo riservò spazio al calcio operaio".
Gramsci testimonia di
come anche qui da noi in Italia, il calcio arrivi e si diffonda con
le stesse caratteristiche identitarie. La foto ingiallita che apre
l'articolo, trovata nel "cassetto dei ricordi" che tutti
abbiamo nelle nostre case, risale ai primi del secolo e testimonia di
questa realtà in una Oneglia, allora importante centro operaio,
tanto da essere chiamata la "piccola Manchester d'Italia".
Una Oneglia di fabbriche e ciminiere, di cui oggi resta solo il
ricordo nei resti delle "Ferriere" e in foto come queste.
Un gruppo di giovani lavoratori orgogliosamente in posa nelle loro
divise di calciatori. Tanto per metterla sul personale, mio nonno è
il primo in alto a sinistra. Di più preciso non saprei dire: né
l'anno, né il nome della squadra.
Chissà se il caro amico
Tommaso Lupi, che della storia popolare (e non solo) di Imperia e
dell' Imperiese è un profondo conoscitore è in grado di aggiungere
qualcosa.
* Pasquale Coccia, Il calcio operaio degli stemmi, il manifesto/Alias del 19 ottobre 2019.