TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


martedì 25 febbraio 2020

A proposito di Azione comunista. Passioni, ambivalenze e l’ordito con il Pci





Raffaele K. Salinari

A proposito di Azione comunista. Passioni, ambivalenze e l’ordito con il Pci

SAGGI. Un volume di Giorgio Amico in cui spiccano lettere, testimonianze, rigorose ricostruzioni


Azione comunista, chi erano i compagni che la fondarono, i loro riferimenti ideologici, e infine, come si diceva una volta, quale la fase e i compiti che si prefiggevano? A queste domande, e molte altre, cerca di rispondere, con notevole densità analitica e riferimenti bibliografici, il piccolo libro dello storico Giorgio Amico, Azione Comunista, da Seniga a Cervetto (1954-1966), per i tipi di Massari Editore (pp. 350, euro 20). Già dall’introduzione di Paolo Casciola si coglie l’atmosfera di quei tempi, le feroci e titaniche contese ideologiche tra le grandi correnti del movimento comunista, lo stalinismo, il leninismo, il trotskismo, con il corteo dei gruppuscoli più o meno organizzati e interpreti della purezza originaria. Ma, come ben sappiamo, le idee marciano con le gambe degli uomini e delle donne che le rappresentano, anch’essi dunque strumenti ma altre volte strumentalizzatori, di quelle stesse ideologie che li animavano.

ED È ESATTAMENTE a questo punto di intersezione tra personale e politico, a volte tra vita privata sentimentale e passioni spesso inconfessate ai protagonisti stessi, che il libro-cronaca di Giorgio Amico trova la sua originalità e il suo ritmo, intrecciando l’evidenza dei fatti storici – attraverso lettere, testimonianze di prima mano, ricostruzioni rigorose – a una introspezione quasi psicoanalitica dei protagonisti. Qui Seniga e Cervetto, in particolare, in qualche modo epitomizzano dunque non solo la storia di questa formazione a sinistra del PCI, con tutte le sue «contraddizioni in seno al popolo» ma, più in generale, quelle che poi saranno le dinamiche personali e politiche di tutta la cosiddetta sinistra extraparlamentare degli anni ’60 e ‘70 del secolo scorso.

Sta in questa continua sovrapposizione di piani, infatti, il vero pregio del libro che interseca la trama di Azione Comunista, la sua nascita, le relazioni con il Pci di Togliatti, Amendola, Pajetta e Secchia, all’ordito formato dai gruppi che si rifanno alla Quarta Internazionale e non solo, con tutte le sue scissioni, anatemi, denunce, ma anche passioni politiche fortissime, di una intensità che oggi, nel clima narcotizzato a sinistra da una parte, e decisamente parafascista dall’altra, si fa persino fatica a comprendere.

E ALLORA CHI ERA Giulio Seniga, partigiano della prima ora e poi uomo responsabile dell’«apparato parallelo» del Pci, la struttura che doveva assicurare case sicure ai compagni in caso di repressione e la tenuta dell’archivio riservato del Partito, ma anche colui il quale rubò una ingente somma dai suoi fondi segreti (mai si è saputo quanto) per dare vita proprio ad Azione Comunista o, come fu insinuato dall’apparato togliattiano, un semplice ladro traditore? La vicenda personale di Seniga interroga così quella politica di Secchia, illumina i termini oscuri e sotterranei dell’aspra sua lotta all’interno del Pci contro Il Migliore, ma anche la fittissima rete di relazioni tra i servizi segreti americani ed esponenti del Partito, oltre alle contese ideologiche tra operaismo e socialdemocrazia, rivoluzione armata e via parlamentare al potere.

LUNGO L’ARCO di una dozzina d’anni, dunque, si snoda un percorso tortuoso di Azione Comunista, metafora ed epitome di una sinistra certo molto ideologizzata, ma ancora capace di produrre una visione prospettica dell’umano e del suo divenire, degli strumenti per la liberazione concreta dal bisogno e dalle ingiustizie. Dalle pagine del saggio emerge allora un mondo quasi dimenticato, la Cina di Mao, l’Urss della destalinizzazione, le relazioni tra i partiti socialdemocratici e gli Usa, il grande affresco della Guerra Fredda, la galassia irredenta dei gruppuscoli dei duri e puri del marxismo leninismo, ma anche il corollario lessicale dell’epoca con il corteo di slogan capaci di racchiudere tutta una Weltanschauung fino alla nascita del ‘68. In sintesi un testo che dalla vicenda di un segmento del movimento comunista e dei suoi protagonisti, ricostruisce lo spirito di quei tempi, il genius loci di un periodo storico al quale siamo ancora debitori spesso inconsapevoli; almeno sinché non si leggono le sue pagine.

il Manifesto - 25 febbraio 2020