Raffaele K. Salinari
A proposito di Azione
comunista. Passioni, ambivalenze e l’ordito con il Pci
Azione comunista, chi
erano i compagni che la fondarono, i loro riferimenti ideologici, e
infine, come si diceva una volta, quale la fase e i compiti che si
prefiggevano? A queste domande, e molte altre, cerca di rispondere,
con notevole densità analitica e riferimenti bibliografici, il
piccolo libro dello storico Giorgio Amico, Azione Comunista, da
Seniga a Cervetto (1954-1966), per i tipi di Massari Editore (pp.
350, euro 20). Già dall’introduzione di Paolo Casciola si coglie
l’atmosfera di quei tempi, le feroci e titaniche contese
ideologiche tra le grandi correnti del movimento comunista, lo
stalinismo, il leninismo, il trotskismo, con il corteo dei
gruppuscoli più o meno organizzati e interpreti della purezza
originaria. Ma, come ben sappiamo, le idee marciano con le gambe
degli uomini e delle donne che le rappresentano, anch’essi dunque
strumenti ma altre volte strumentalizzatori, di quelle stesse
ideologie che li animavano.
ED È ESATTAMENTE a
questo punto di intersezione tra personale e politico, a volte tra
vita privata sentimentale e passioni spesso inconfessate ai
protagonisti stessi, che il libro-cronaca di Giorgio Amico trova la
sua originalità e il suo ritmo, intrecciando l’evidenza dei fatti
storici – attraverso lettere, testimonianze di prima mano,
ricostruzioni rigorose – a una introspezione quasi psicoanalitica
dei protagonisti. Qui Seniga e Cervetto, in particolare, in qualche
modo epitomizzano dunque non solo la storia di questa formazione a
sinistra del PCI, con tutte le sue «contraddizioni in seno al
popolo» ma, più in generale, quelle che poi saranno le dinamiche
personali e politiche di tutta la cosiddetta sinistra
extraparlamentare degli anni ’60 e ‘70 del secolo scorso.
Sta in questa continua sovrapposizione di piani, infatti, il vero pregio del libro che interseca la trama di Azione Comunista, la sua nascita, le relazioni con il Pci di Togliatti, Amendola, Pajetta e Secchia, all’ordito formato dai gruppi che si rifanno alla Quarta Internazionale e non solo, con tutte le sue scissioni, anatemi, denunce, ma anche passioni politiche fortissime, di una intensità che oggi, nel clima narcotizzato a sinistra da una parte, e decisamente parafascista dall’altra, si fa persino fatica a comprendere.
E ALLORA CHI ERA Giulio
Seniga, partigiano della prima ora e poi uomo responsabile
dell’«apparato parallelo» del Pci, la struttura che doveva
assicurare case sicure ai compagni in caso di repressione e la tenuta
dell’archivio riservato del Partito, ma anche colui il quale rubò
una ingente somma dai suoi fondi segreti (mai si è saputo quanto)
per dare vita proprio ad Azione Comunista o, come fu insinuato
dall’apparato togliattiano, un semplice ladro traditore? La vicenda
personale di Seniga interroga così quella politica di Secchia,
illumina i termini oscuri e sotterranei dell’aspra sua lotta
all’interno del Pci contro Il Migliore, ma anche la fittissima rete
di relazioni tra i servizi segreti americani ed esponenti del
Partito, oltre alle contese ideologiche tra operaismo e
socialdemocrazia, rivoluzione armata e via parlamentare al potere.
LUNGO L’ARCO di
una dozzina d’anni, dunque, si snoda un percorso tortuoso di Azione
Comunista, metafora ed epitome di una sinistra certo molto
ideologizzata, ma ancora capace di produrre una visione prospettica
dell’umano e del suo divenire, degli strumenti per la liberazione
concreta dal bisogno e dalle ingiustizie. Dalle pagine del saggio
emerge allora un mondo quasi dimenticato, la Cina di Mao, l’Urss
della destalinizzazione, le relazioni tra i partiti socialdemocratici
e gli Usa, il grande affresco della Guerra Fredda, la galassia
irredenta dei gruppuscoli dei duri e puri del marxismo leninismo, ma
anche il corollario lessicale dell’epoca con il corteo di slogan
capaci di racchiudere tutta una Weltanschauung fino alla nascita del
‘68. In sintesi un testo che dalla vicenda di un segmento del
movimento comunista e dei suoi protagonisti, ricostruisce lo spirito
di quei tempi, il genius loci di un periodo storico al quale siamo
ancora debitori spesso inconsapevoli; almeno sinché non si leggono
le sue pagine.
il Manifesto - 25
febbraio 2020