E' mancato Umberto
Scardaoni, presidente dell'ISREC provinciale e già sindaco di Savona
e senatore del PCI. Uomo colto e attento ai mutamenti della società
e della politica, Umberto è stato prima di tutto un comunista, un
intellettuale organico secondo la definizione di Gramsci, espressione
di un movimento operaio ancora capace di egemonia. Di lui, con cui
soprattutto negli ultimi anni abbiamo condiviso battaglie e ricerche,
ci mancherà la capacità di ascoltare, la pacatezza dei ragionamenti
e la grande carica ideale che nascondeva sotto un sorriso
disincantato. Lo ricordiamo con un suo intervento di qualche anno fa
nell'ambito di un convegno dell'ISREC sulla questione dei confini
orientali d'Italia. Ne emerge la rara capacità di trattare argomenti
anche spinosi senza mediazioni o compromessi, ma restando fedele
all'invito spinoziano di non lodare né condannare, ma comprendere.
Umberto Scardaoni
La Questione di Fiume
e del confine orientale d'Italia
Certamente la vicenda dei
confini orientali del nostro Paese è complessa; molto è stato
scritto e molto ancora resta da chiarire anche perchè tale vicenda è
stata strumentalizzata di volta in volta a fi ni di politica
interna. Secondo alcuni storici bisogna risalire addirittura alla
romanità o almeno alla storia della Serenissima Repubblica di
Venezia. Senza voler andare così a ritroso tutti gli storici più
avveduti fanno riferimento al primo dopoguerra, dopo il disgregarsi
dell’impero Austroungarico e al trattato di Pace che ne seguì, con
le insoddisfazioni e le polemiche che seguirono in Italia tra le
forze del nazionalismo, del reducismo che accusarono di “tradimento”
e di “cedimenti” il governo di allora.
In questo quadro si
colloca la storia di Fiume con le sue particolarità, poiché nel
l’area della cosiddetta Venezia Giulia secondo i dati dei
censimenti uffi ciali austriaci nel 1910 gli italiani non superavano
il 40% invece a Fiume città gli italiani erano più del 50% e
saliranno nel 1921 al 79%, mentre nelle campagne circostanti il
rapporto con gli abitanti di nazionalità slava si inverte, tanto che
nel 1924 con l’accordo di Roma tra l’Italia e il Regno di
Jugoslavia, la città di Fiume viene assegnata all’Italia mentre la
periferia, l’entroterra e il porto di Baros alla Jugoslavia.
Tutti gli studiosi di
quel periodo che in questi anni hanno dato vita a molte e
approfondite iniziative (pubblicazioni, convegni, giornate di studio)
e tra esse spiccano le iniziative assunte dall’Istituto Storico
Friuli-Venezia Giulia di cui il prof. Todero è dirigente, sono
concordi nel ritenere che la storia di Fiume meriti un posto
particolare, anche di fronte al più generale interesse per il confine
orientale, a cominciare dall’avventura dannunziana con la sua
ricaduta nella crisi delle istituzioni liberali, del ruolo degli
intellettuali di fronte ad essa e dell’incredibile esperienza “ante
litteram” di immaginazione al potere.
Nella scelta di dedicare
questa nostra iniziativa a D’Annunzio e alla Repubblica del
Quarnaro, alla repressione condotta dal generale Caviglia, al
processo di colonizzazione violenta operata dal fascismo negli anni
successivi, convergono quindi un insieme di motivi. In primo luogo
quello di contribuire a poco distanza dalla celebrazione del “Giorno
del Ricordo” dedicata alle vittime per lo più innocenti di lingua
italiana, tutte tacciate di fascismo infoibate , dopo l’8 settembre
del ‘43, dalla sollevazione delle popolazioni slave e nel ‘45 dai
partigiani comunisti di Tito e all’esodo forzato di centinaia di
migliaia di italiani, a far conoscere, pur nella condanna, la radice
di quegli eventi.
Poi di capire sempre, che
più i problemi sono complicati più devono essere affrontati con
prudenza e intelligenza politica e che la guerra e l’uso della
violenza nelle controversie internazionali, come recita l’art. 11
della nostra Costituzione, devono essere bandite perchè rendono più
diffi cile ogni ragionevole soluzione.
(...)