Un
ricordo di Franco Balestrini, uomo di cultura e di impegno
Mauro Baracco
Se c'è una cosa che poco
gradisco, è dover esprimere pensieri in ricordo di qualche
personaggio col quale ho avuto l'avventura umana di fare
conoscenza: un po' perché considero che anche un pezzetto della mia
umanità scompare con loro, molto in quanto conscio che sempre in
agguato è l'antipatico rischio della rettorica, “du magun”.
Più lieve, quando ciò
corrisponde all'essenza di uomini che so, fino all'ultimo, essere
stati ben vivi e vitali e la cui presenza continua in qualche modo ad
aleggiare, in virtù di ciò che in vita seppero costruire.
Quando poi a ciò si
aggiunge la consapevolezza di parlare di Amici che sono stati ben
distanti dalle mie sensibilità ideologiche, il tutto si fa più
facile, considerato che una delle “fissazioni” del mio modesto
pensare sia, da sempre, la necessità di far comprendere, specie alle
nuove generazioni, che la Resistenza fu scelta e sacrificio di uomini
“diversi” ed in quanto tale debba essere considerata patrimonio
comune della coscienza democratica collettiva.
Oggi ho la pena ed il
piacere di scrivere qualche parola su Balestrini, il trentennale
Amico Franco che ad ogni mia visita nella sua prestigiosa Galleria
d'Arte di Albissola Marina, mi tartassava implacabilmente: “..voi
comunisti...per colpa di voi comunisti..”...refrain che sarebbe
durato felicemente per almeno un decennio...(..poi l'amicizia prese
il sopravvento ed i comunisti...).
Giovane discretamente
fazioso, sopportavo stoicamente: un po' perché riuscivo comunque in
qualche modo ad afferrare che di provocazioni “amabili” pur si
trattava, molto per la scanzonata simpatia della quale quell'uomo era
debitamente dotato e più in generale per il rispetto che
comprendevo a lui era in ogni caso dovuto, per l'impegno
assolutamente rigoroso che metteva nel suo operato artistico: in quel
prezioso spazio di via Isola, nel paese dei vasai, si andava
con la certezza che si sarebbero ammirate, sempre, esposizioni “da
levarsi tanto di cappello”; curate da solo o negli ultimi anni con
la preziosa collaborazione dell'Amico Riccardo Zelatore; stiamo
parlando di qualcosa come oltre 200 mostre (..se ne ricordi la cara
Albissola..).
Era, il suo, un percorso
iniziato nel 1979 con una mostra di Carlos Carlè; un lavoro
coscienzioso che avrebbe portato in quelle belle stanze del vecchio
caruggio albissolese, artisti della levatura di Lam, Reggiani,
Rotella, Schifano e poi, via via, tra i migliori emergenti del
panorama artistico, nazionale ed anche internazionale.
Di lui apprezzavo ancora
l'amore discreto per le rime amorose e la sua disponibilità umana
per quegli amici artisti che di essa potevano aver auisilio.
Poi...metà degli anni
2000, consultando una pubblicazione dell'ANPI Savonese curata
dal Prof. Guido Malandra e dedicata a “Le Squadre di Azione
Patriottica Savonesi”, mi imbattei in:
Franco Balestrini
(Napoleone)
Brigata SAP “Falco” -
Divisione “Antonio Gramsci”
ferito in combattimento
il 24 aprile 1945 nelle battaglie per la Liberazione
della Città di Savona
Incontro casuale per
Corso Italia in Savona: ”...scusa ma...sei tu
Napoleone?!..”...”...sono sessant'anni che nessuno mi chiama più
così..”..
Il resto è storia
dell'oggi: contatti con l'Amico Umberto Scardaoni, la raccolta della
sua testimonianza (n.19 aprile 2010) su un numero dei Quaderni
Savonesi edito dall'ISREC di Savona.
Leggevo e...ecco svelarsi
le ragioni di quella simpatia “a prescindere” che provavo per
lui: papà suo e papà mio accomunati nell'impegno sindacale all'ILVA
di Savona; entrambi furesti di città (lui di Villapiana ed io di Via
Untoria) che si erano ritrovati ad operare nella promozione artistica
in Albissola Marina; amicizia “storica” con uomini come Carlos
Carlè; quei valori democratici comuni che ci rendevano assai più
vicini di quel che avevo ritenuto un tempo.
C'è un aspetto che
vorrei sottolineare, perché sintomatico della personalità di Franco
Balestrini: nello scrivere le sue brevi memorie su quella
pubblicazione dell'ISREC, iniziava e terminava lanciando un appello
affinché Savona continuasse a ricordare nella maniera dovuta la
figura di Agenore Fabbri, il cantore monumentale della Resistenza,
quell'Amico che aveva incontrato nel 1989 e dal quale non si era più
separato.
Sì, lo so, poco ho
narrato del Franco Balestrini partigiano, del perché delle sue
scelte di quel tempo: un po' in quanto credo che ben difficile resti,
per chi di quei periodi non sia stato autenticamente
protagonista, interpretarne l'essenza, gli stati d'animo; molto per
cercare di rifuggire da quell'agiografia alla quale facevo
riferimento all'inizio di questo mio breve testo.
Poco ho parlato di
quel ragazzo di quattordici anni che a suo tempo seppe operare una
scelta di vita rischiosa e consapevole, che da anziano ci narrava
l'odore delle spighe di grano falciate dalle mitragliatrici
nazifasciste su per quei viottoli della sua Villapiana; ricordava il
suo compagno di lotta Mirko Bottero (altro prezioso savonese che
abbiamo un po' troppo a lungo dimenticato) che lo aiutava a mettersi
in salvo; dei suoi pianti di dolore che lo accompagnavano per tutto
il giorno nel camerone del Santa Corona:
Ho privilegiato la
narrazione senz'altro carente ma assolutamente affettuosa di un
uomo di Cultura (..sì: con la “C” maiuscola..) che ha saputo
bene operare; di un caro Amico, di un Uomo che se ne è andato nella
notte tra il 15 ed il 16 gennaio di quest'anno, lasciandoci un
tantino più soli e più umanamente poveri.