TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


mercoledì 1 luglio 2020

Rivoluzionari russi nella Riviera del primo Novecento (1905-1914)

    Boris Savinkov ai tempi dell'esilio in Liguria


Una pagina poco conosciuta della storia ligure.

Giorgio Amico

Rivoluzionari russi nella Riviera del primo Novecento (1905-1914)

La Riviera ligure all'inizio del Novecento fu da Nizza (ché la Costa Azzurra - confini politici a parte - ne fa parte integrante) a La Spezia patria degli inglesi, come testimoniano ancora oggi ville, parchi e piccole deliziose chiesette anglicane. Ma non ci furono solo gli inglesi o pittori come Monet, sceso a Bordighera in cerca di luce e colori, la Riviera ospitò anche una nutrita colonia di esuli russi, costretti ad abbandonare il loro paese per la dura politica repressiva dell'autocrazia zarista verso ogni forma di dissenso.
Questi esuli, fra cui molte donne, scelsero la Riviera per il clima, dato che molti soffrivano di tubercolosi a causa del duro sistema carcerario zarista, ma anche perché soprattutto nel Ponente molti Comuni erano retti da amministrazioni socialiste e dunque potevano offrire condizioni migliori di accoglienza. Non va poi dimenticato che molti di questi esuli erano massoni, iniziati nelle logge francesi o nella Massoneria russa rinata clandestinamente dopo la rivoluzione del 1905 dopo essere stata bandita dallo zar Alessandro I nel 1822, con l'obiettivo dichiarato di abbattere l'autocrazia zarista e di instaurare in Russia una moderna democrazia di tipo occidentale. Essi trovarono rifugio e supporto nelle logge liguri, soprattutto del Ponente, considerato che il Grande Oriente d'Italia, memore delle sue radici garibaldine e mazziniane, era fieramente avverso allo zarismo tanto da organizzare grandi manifestazioni di protesta in occasione della visita in Italia dello zar Nicola II, "l'imperatore delle forche".

Uno dei maggiori centri di soggiorno dei socialisti russi era Nervi, allora importantissima località di villeggiatura. Nel 1909, secondo fonti di polizia, si contavano in città ben 305 russi di cui 120 , i più benestanti, ospitati in albergo e il resto, definiti di povere condizioni; residenti in camere ammobiliate o presso amici. Sembrano molti, ma nel 1911 erano diventati addirittura 800, tanto da preoccupare il Prefetto che allarmato denuncia la presenza al loro interno di quasi 300 "iscritti al partito terrorista russo". Eppure, nonostante questi timori, nessuna particolare misura di polizia fu presa nei loro confronti, né ci risultano campagne di stampa contro "l'invasione" straniera, a dimostrazione di come, contrariamente a quello che solitamente si pensa, l'Italia giolittiana fosse per molti versi più tollerante e persino più democratica dell'Italia di oggi, in cui, nonostante il gran parlare che si fa di "accoglienza", "Costituzione" e "diritti civili", gli stranieri sono trattati soprattutto come un problema di ordine pubblico.
La comunità russa era stabile tanto da darsi una rete di istituzioni finalizzate all'assistenza e all'aiuto reciproco, come "Villa Maria", una clinica a Bogliasco creata e diretta da medici russi e frequentata soprattutto da emigrati, un ambulatorio medico a Nervi affiancato da una libreria e addirittura una "Società di soccorso per i profughi russi" con un proprio giornale "Echo Riv'erij" (L'Eco della Riviera), stampato a Davos in Svizzera e diffuso da Nizza a La Spezia. Collegata a questa società, ma con centro a Genova funzionava poi un ufficio incaricato di fornire informazioni ai profughi su alberghi, pensioni e possibilità di cura in caso di malattia, denominato "Soccorso. Pervoe russkoe spravočnoe biuro v Italii" (Soccorso. Primo ufficio russo di informazione in Italia).

Anche a La Spezia soggiornava una comunità russa, raccolta attorno allo scrittore Aleksàndr Valentinovic Amfiteatrov, allora molto famoso e in esilio dal 1905 dopo la repressione dei moti rivoluzionari. Molto ricco, Amfiteatrov ospitava nella sua villa di Porto Venere esponenti di primo piano del movimento rivoluzionario russo come lo scrittore Gor'kij e German Aleksandrovič Lopatin, già amico e collaboratore di Herzen e di Marx e primo traduttore nel 1872 in Russia de Il Capitale.

Presenza che allarmava i vertici militari, vista la contiguità con la maggiore base navale italiana, che temevano possibili attività spionistiche. "L'espulsione in massa della colonia russa da Spezia - si legge in un documento segreto della Marina - sarebbe certo il provvedimento più radicale, ma è cosa evidentemente delicata, specie ora che sta per associarvisi la personalità di Gorki; ma è al di fuori delle ordinarie prerogative dell'autorità militare, non essendo la piazza sul piede di guerra, e considerando che una simile azione può avere dei legami con l'indirizzo politico e diplomatico del governo". E infatti, a riprova di quanto dicevamo sulla tolleranza dei tempi, non se ne fece nulla, salvo una perquisizione nella villa di Amfiteatrov che scatenò comunque un putiferio politico e fu denunciata dai socialisti come una scandalosa violazione delle libertà democratiche.

Consistente anche la presenza russa nella Riviera di Ponente a cavallo del confine. Théoule-sur-Mer, importante località balneare sul golfo di la Napoule ospitava una forte colonia di socialisti rivoluzionari, animata da Boris Savinkov, scrittore, massone e capo dell'apparato militare del partito socialista rivoluzionario. Savinkov, che era realmente un terrorista, faceva frequentemente la spola fra Théoule e la villa di Amfiteatrov a Porto Venere, soggiornando spesso in una villa che aveva preso in affitto a Sanremo, cittadina che con Bordighera, Ospedaletti, Ventimiglia, Porto Maurizio rappresentava uno dei principali luoghi di residenza degli esuli.

Inutile dire che tra queste centinaia di russi si annidavano numerosi agenti e informatori della polizia segreta russa e dei servizi di intelligence italiano e francese. Anzi, probabilmente, come sempre accaduto in simili situazioni, erano più le spie e gli avventurieri che i veri terroristi. Qualche problema però ci fu. Come l'arresto nell'aprile 1911 a Porto Maurizio di un collaboratore di Savinkov trovato in possesso di una pistola automatica. Ma anche in questo caso la reazione fu minima, limitata ad una condanna a 25 giorni di carcere e all'immediata espulsione a Cannes dell'interessato.

Forte fu nel Ponente ligure la solidarietà dei socialisti. Lo testimonia una relazione del 1908 del prefetto di Porto Maurizio che lamenta come gli esuli "da qualche tempo vanno prendendo parte assidua a manifestazioni, specie elettorali (...). Si sono visti numerosi nei diversi comizi socialisti prendere posto insieme coi maggiorenti del partito sul palcoscenico, applaudire gli oratori con quel calore che denota la loro devozione alla causa sovversiva".

La cosa non stupisce se si pensa, cosa poco conosciuta anche a molti specialisti della materia, che a Bordighera soggiornò a lungo Pëtr Alekseevič Kropotkin, con Bakunin uno dei padri dell'anarchia, mentre a Sanremo, dove la moglie, medico illustre, dirigeva un sanatorio, dal 1908 al 1914 visse il padre del marxismo russo e fondatore del Partito Socialdemocratico Georgij Valentinovič Plechanov .

Una storia che finì con lo scoppio della guerra nel 1914 e poi riprese nel 1918 dopo la rivoluzione russa, ma questa volta gli esuli erano russi "bianchi" in fuga dal governo dei soviet e dunque, come si suole dire, si tratta di un'altra storia che magari racconteremo in una prossima occasione.


Per saperne di più è sempre attuale lo studio di Angelo Tamborra, Esuli russi in Italia dal 1905 al 1917, Laterza 1977, da cui abbiamo largamente attinto per queste brevi note).