Qualche anno fa, uscì
per la la Colibrì di Milano, Il "rinnegato" Korsch. Storia
di un'eresia comunista, prima (e ci risulta ancora unica) biografia
italiana del filosofo e esponente del comunismo dei consigli tedesco.
Il libro andò subito esaurito e non è stato più ristampato. In
attesa di una possibile riedizione aggiornata del libro, ne
riproponiamo il contenuto. Oggi presentiamo il terzo capitolo relativo
alla scoperta del leninismo.
Giorgio Amico
La
scoperta del leninismo (1920-1923)
Agli inizi del 1920
Korsch è ormai pronto ad aderire al partito comunista. In realtà si
tratta di un fenomeno assai più generale che va ben al di là delle
scelte individuali di Korsch e che coinvolge larga parte della base
operaia dell’USPD al cui interno opera una corrente di sinistra
sempre più orientata verso una rapida adesione alla Terza
Internazionale. Alla conferenza di Jena del 9-10 settembre
Hilferding, esponente di punta della corrente moderata maggioritaria
nel partito si dichiara sia contro la riunificazione con il Partito
socialdemocratico (SPD) che contro l’adesione alla Terza
Internazionale suscitando la vivace reazione della minoranza.
Fra la conferenza di Jena
e il congresso di Lipsia del dicembre 1919 la sinistra compie
ulteriori progressi. Le incertezze della Direzione, che esita a
rompere con la SPD, alimentano all’interno del partito una
crescente insoddisfazione della base. Questo fermento porterà a
Lipsia all’approvazione a larga maggioranza di un ordine del giorno
che schiera il partito a fianco della Russia sovietica. Per la prima
volta gli Indipendenti si dichiarano a favore della “dittatura del
proletariato” anche se vengono espresse riserve sul regime
sovietico e si condanna il terrore, pur spiegandone l’esistenza in
Russia con le condizioni terribili della guerra civile.
Korsch partecipa
attivamente a questo dibattito, schierandosi apertamente a fianco
della Russia sovietica. Per lui l’isolamento del primo stato
proletario, accerchiato da un mondo capitalistico ferocemente ostile,
basta a spiegare il deficit di democrazia esistente nella società
sovietica e perché l’autogoverno operaio non proceda nel senso
sperato nei giorni dell’Ottobre.
“Nella stessa Russia
sovietica – scriverà qualche anno più tardi ripensando a quel
dibattito – uno stato proletario accerchiato da un mondo
capitalistico ostile, la ‘autogestione degli operai’ non potè
conseguire in modo durevole il grado di consolidamento affermato nel
principio del ‘codice del lavoro’ che abbiamo già citato. Qui
però è stato almeno compiuto un sincero tentativo di realizzare un
vero sistema consiliare, ed è certo che tale tentativo sarà portato
fino in fondo dal proletariato russo non appena il progredire della
rivoluzione mondiale lo permetterà”. 1
Questa evoluzione dei
rapporti di forza all’interno dell’USPD tra l’opposizione di
sinistra e la direzione del partito determina nei primi mesi del 1920
l’apertura di una discussione politica pubblica fra i dirigenti
sovietici e gli internazionalisti tedeschi. L’obiettivo di Lenin è
di ottenere attraverso l’adesione all’Internazionale comunista
dell’USPD la riunificazione in unico “partito comunista di massa”
degli internazionalisti tedeschi. Queste sono anche le speranze di
Korsch che al congresso straordinario della USPD, che si tiene ad
Halle nell’ottobre 1920, è uno dei più accesi sostenitori
dell’immediata confluenza nel Partito comunista (KPD).
La realtà vera delle
cose è un po’ diversa, in privato con la moglie e gli amici pù
fidati egli si dichiara allarmato dalle condizioni di ammissione
all’Internazionale Comunista che nei fatti subordinano i partiti
comunisti dei vari paesi al programma e alla tattica decise dal
Centro di Mosca, controllato dal Partito comunista russo. 2
Una diffidenza che
riemergerà a partire dal 1925 e lo metterà in piena rotta di
collisione con la direzione stalinista del partito e
dell’internazionale. Nonostante questa diffidenza, egli ritiene che
gli intellettuali rivluzionari debbano stare a fianco delle masse. Se
l’avanguardia operaia guarda a Mosca, i rivoluzionari non possono
sottilizzare su questioni marginali. Importante è schierarsi con il
Comintern, partito mondiale della rivoluzione, non disperdere le
forze e offrire alla classe operaia una direzione
politico-organizzativa all’altezza della situazione. A questo
convincimento egli conformerà l’intero suo agire politico fino a
quando riterrà l’URSS il paese della rivoluzione trionfante e del
comunismo in costruzione. A larga maggioranza il congresso dell’USPD
vota l’accettazione delle ventuno condizioni di adesione
all’Internazionale comunista e l’inizio delle trattative per la
fusione con la KPD.
“Si può e si deve
dirlo – proclama trionfalmente il Presidente del Comintern Zinov’ev
– il proletariato tedesco per primo in Europa si è risollevato da
una crisi senza precedenti e ha nuovamente stretto le sue file. La
vecchia scuola ha vinto. Il lavoro dei migliori rivoluzionari
tedeschi non è stato vano. Un grande partito comunista è nato in
Germania. Ciò provocherà avvenimenti di significato storico senza
precedenti”. 3
Tra questi “migliori
rivoluzionari tedeschi” c’è anche Karl Korsch che, pur non
apprezzando il tono un po’ sopra le righe tipico di Zinov’ev,
sicuramente ne condivide le speranze rivoluzionarie. La realtà si
rivelerà fin dai giorni immediatamente successivi assai meno
positiva: solo una minoranza dell’USPD aderisce al nuovo partito
comunista unificato. 4
“Stato e
rivoluzione” e i comunisti d’Occidente
Intellettuale illustre,
eccellente oratore, buon scrittore, Korsch è ammesso fin da subito
al vertice del partito, anche se formalmente egli non riveste ancora
incarichi di particolare importanza. Fin dall’inizio, egli
similmente a molti altri ex-indipendenti si colloca all’ala
sinistra in posizione defilata rispetto alla vecchia componente
luxemburghiana. Teorico dei consigli, egli non idealizza la
spontaneità operaia, anzi proprio perché si rende lucidamente conto
dell'assoluta impreparazione del proletariato tedesco ad assumere e
gestire il potere , egli vede nel leninismo
"l'elemento in grado
di conciliare l'azione spontanea 'economica' di massa con la sua
efficacia 'politica'. le istanze democratiche dei soviet, organizzate
centralmente in 'sistema', concilierebbero le aspirazioni di
autogestione operaia con le necessità tecnico-produttive". 5
La sua è un'adesione
contradditoria anche se apparentemente entusiastica. E' difficile
valutare quanto egli conoscesse veramente della realtà russa dove la
"dittatura dei commissari" aveva già di fatto soffocato
la democrazia dei soviet. 6
Gian Enrico Rusconi
curatore negli anni Settanta dell'edizione italiana di larga parte
degli scritti di Korsch, ha fatto notare correttamente come in questa
fase egli non pare ancora possedere gli strumenti politici per
comprendere a pieno il senso delle scelte leniniane. Ancora
fortemente condizionata dalla sua formazione giuridica, la lettura
che Korsch fa degli avvenimenti russi non riesce a vedere le
difficoltà e le contraddizioni dell'esperienza in atto. Fin qui
tutto bene, ma Rusconi va oltre. Per lui, Korsch tende a contrapporre
l'azione economica delle masse alla politica al punto che la sua
visione complessiva dei processi sociali ne risulta indebolita. Egli
"[…] risente di
una concezione riduttiva e pragmatica di politica, identificata
semplicemente con il complesso di misure legali, istituzionali decise
dall'alto. Il concetto di 'economia' a sua volta rimane ambiguo: da
un lato sembra indicare la totalità della struttura sociale
-determinata marxisticamente appunto dal sistema economico-
dall'altra però questo stesso sistema economico tende ad essere
identificato in modo specifico con la concezione e costituzione del
lavoro (Arbeitsverfassung) di volta in volta esistente". 7
E’ una tesi che non ci
sentiamo assolutamente di condividere. Dell’esperienza sovietica
ciò che Più di ogni altra cosa affascina Korsch è l’azione
diretta delle masse. Egli pensa che l’unico fattore che non può,
al di là di ogni possibile evoluzione della situazione concreta,
essere completamente riassorbito o recuperato sia proprio l’autonomia
operaia. Lontano dall’essere un segno di immaturità o un limite
giovanile, questa identificazione totale con la classe rappresenta il
segno distintivo dell’intera esperienza, politica ed umana, di Karl
Korsch. Più corretto ci pare l’appunto critico di Rusconi nei
confronti di un approccio ai temi dell’economia ancora largamente
viziato di giuslavorismo. In questo Korsch è realmente ancora un
professore di diritto.
Altrettanto evidente è
come Korsch conosca relativamente poco della storia del bolscevismo e
della più complessiva produzione teorica leniniana. Ma è un dato
che in se significa molto poco, comune com’è ad un’intera
generazione di militanti rivoluzionari. Ciò che allora conquista
Korsch è il Lenin di Stato e rivoluzione, che nel 1917 si appoggia
contro l'ortodossia kautskiana al Marx della Critica al Programma di
Gotha e in parte almeno alle tesi del più radicale esponente del
comunismo dei consigli: quell’ Anton Pannekoek destinato ad essere
poi rapidamente scomunicato all'indomani stesso della rivoluzione. 8
Questa sopravvalutazione
dell'importanza di Stato e rivoluzione rispetto al più complessivo
corpus teorico leniniano è chiaramente espressa nello scritto
Introduzione alla Critica del Programma di Gotha. Pubblicato nel 1922
l’articolo rappresenta una efficacia sintesi delle posizioni
teoriche di Korsch dopo due anni di militanza nella KPD. Rileggendo
la polemica fra Marx e Lassalle alla luce della polemica tra
socialdemocrazia e bolscevismo degli anni Venti come un conflitto fra
concezione materialistica e concezione ideologica della società,
Korsch sottolinea con vigore l'ortodossia marxista di Stato e
rivoluzione e l'attualità del pensiero di Marx:
"Quale immensa
importanza derivi a questo proposito alla lettera sul programma di
Gotha, non è più necessario doverlo documentare oggi in modo
particolare. Il lettore trova la valorizzazione critica nel più puro
spirito marxista e l'ulteriore sviluppo di tutti i punti della
lettera sul programma nel V capitolo dell'opera classica sulla teoria
e prassi della concezione marxista dello Stato: Stato e rivoluzione
di Lenin. Tutte le espressioni di queste densissime 20 pagine di
Lenin sul problema del rapporto fra Società e Stato e i problemi
connessi della transizione dal capitalismo al comunismo, attraverso
le diverse forme di democrazia e dittatura e il loro superamento
grazie alla graduale evoluzione della società comunista del futuro,
emergente dalla società capitalistica e in un primo momento
determinata ancora per lungo tempodalle sue forme e tradizioni e
quindi frenata nel suo 'libero' sviluppo, appaiono chiaramente come
l'ultreriore sviluppo di quelle proposizioni di base che Marx ha
sviluppato per la prima volta su questi problemi proprio nella
lettera sul programma di Gotha del 1875, al culmine della sua
conoscenza, in contrapposizione stridente alla concezione lassalliana
e tedesco-socialdemocratica, contemporaneamente ideologica e
utopistica che è rimasta quella predominante ancora sino ad oggi nel
movimento operaio europeo e americano ". 9
Sono le stessi tesi che
due anni più tardi Lukács svilupperà nel suo studio sull'unità e
la coerenza del pensiero di Lenin. Per il filosofo ungherese con
Stato e rivoluzione Lenin ristabilisce "la dottrina di Marx
nella sua purezza", depurandola dalla deformazione
revisionistica operata dalla socialdemocrazia tedesca. E questo
perché "proprio l'attualità della rivoluzione, che è l'idea
fondamentale di Lenin, è anche il punto che lo collega decisamente a
Marx". 10
Per Korsh, come per
Lukács la rivoluzione proletaria in Russia altro non è che la
concretizzazione nella realtà pratica della concezione
materialistica della storia. "Il materialismo storico è la
teoria della rivoluzione proletaria": con queste parole Lukács
apre il suo volumetto su Lenin, 11 sintetizzando in una definizione
incisiva come uno slogan le considerazioni di Korsch sui rapporti fra
teoria e prassi:
"[…] poiché la
politica pratica di un vero marxista non può essere nient'altro che
la prosecuzione del suo lavoro teorico di conoscenza e di propaganda
con altri mezzi, in un determinato senso l'intero grandioso
avvenimento storico mondiale della rivoluzione proletaria in Russia
del 1917 rappresenta solo una conseguenza portata nella realtà
pratica di questo stesso principio materialistico dello sviluppo
della storia e della società per la cui affermazione teorica Karl
Marx ha lottato e lavorato in tutte le sue opere e nel modo più
energico proprio nella critica del programma di Gotha". 12
Per Korsch Lenin è
soprattutto lo stratega e il teorico della rivoluzione socialista. Il
rivoluzionario capace di ritrovare la straordinaria carica sovversiva
del marxismo originario. Leninista intransigente e appassionato agli
inizi degli anni Venti, Korsch non resterà a lungo su quelle
posizioni. Legittimo diventa a questo punto chiedersi di che tipo
sia, allora, il leninismo di Korsch e come questa fase di militanza
comunista “ortodossa” si collochi all'interno della sua più
complessiva storia politica. Ancora una volta, significativamente, è
Lukács a venirci in soccorso. Cercando nel 1967 di inquadrare il suo
lavoro di cinquanta anni prima su Lenin, egli lo definisce "un
puro prodotto" della metà degli anni Venti,
"non privo di
interesse come documento sul modo in cui uno strato di marxisti
allora non insignificante considerava la personalità, la missione di
Lenin. La sua posizione nel corso degli avvenimenti mondiali".
Ma subito ammonisce il lettore a non dimenticare mai che quelle idee
erano "determinate dalle concezioni del momento -comprese le
illusioni e le esagerazioni- molto più di quanto ne fosse
determinata l'intera opera teorica di Lenin". 13
Considerato da questa
angolazione il 'leninismo' di Korsch e Lukács può dunque essere
considerato un "puro prodotto" della particolare situazione
della prima metà degli anni Venti, momento di passaggio
all'antibolscevismo per l'uno, all'adesione acritica allo stalinismo
per l'altro. C’è chi ha voluto vedere semplicisticamente la
battaglia teorica di Korsch e Lukács come un frutto diretto del
riflusso delle speranze rivoluzionarie in Europa. 14
Se può valere in parte
per Lukács, come testimonia la sua resa allo stalinismo, lo stesso
non si può certo dire di Korsch. Nel caso di quest’ultimo va poi
particolarmente considerato il forte senso etico, eredità della
formazione ricevuta in gioventù, che lo spinge ad una continua
esasperata ricerca di coerenza. Spirito inquieto, segnato da una sua
tragica grandezza, Korsch testimonia di un’epoca travagliata, di
una generazione di “proscritti”. 15
Solo in quest’ottica
la sua adesione al partito comunista acquista pieno significato, così
come il carattere fortemente contradditorio della prima fase della
sua militanza, segnata dalla critica aspra e talvolta ingenerosa
delle posizioni di Rosa Luxemburg e di Trotsky, così come
dall’accettazione incondizionata per un lungo periodo delle
posizioni dell’Internazionale Comunista che giunge fino all’elogio
acritico del primo Stalin. Uomo severo con se stesso e con gli altri,
spigoloso nei rapporti, poco portato alla mediazione o al compromesso
e in questo fortemente “impolitico”, 16 Korsch persegue con
ostinazione questo suo sogno di coerenza, del tutto indifferente alla
conseguenze. È pensando a uomini come lui che Marx scrive negli anni
della giovinezza quella che forse rappresenta la più bella
descrizione mai scritta della psicologia di un rivoluzionario:
“noi abbiamo la ferma
convinzione che non il tentativo di sperimentare in pratica le idee
comuniste, ma la loro elaborazione teorica formi il vero e proprio
pericolo, perché […] le idee che la nostra intelligenza ha
acquisito vittoriosamente, che il nostro animo ha conquistato, alle
quali l’intelletto ha forgiato la nostra coscienza, sono vincoli
dai quali non ci si strappa senza lacerarsi il cuore, sono demoni che
l’uomo può vincere soltanto sottomettendosi ad essi”. 17
L’Ottobre tedesco
Il 1923 rappresenta per
la Germania l’anno più cupo del primo dopoguerra. Tutto sembra
rimesso in discussione. La crisi economica, iniziata con
un’inflazione dai ritmi fino ad allora mai visti, apre la strada a
una pauperizzazione spaventosa del proletariato e della piccola
borghesia. In pochi mesi milioni di uomini e di donne si trovano
ridotti alla fame e alla disperazione, disposti a credere a chi a
destra –proprio allora appaiono in Baviera le prime bande naziste –
o a sinistra pare offrire una prospettiva praticabile. Con la crisi
riappare lo spettro della guerra civile. L’Internazionale comunista
sembra credere che un “Ottobre tedesco” sia ormai all’ordine
del giorno e che questo possa riaprire la partita a livello
internazionale, spezzando quell’isolamento che dal 1917 sembra
soffocare la stessa rivoluzione russa. A Mosca i dirigenti russi del
Comintern pianificano a tavolino l’insurrezione e la presa del
potere in Germania. Tutto è minuziosamente fissato, compresa la data
dell’insurrezione. Il piano prevede la formazione di “governi
operai” nei lander di sinistra, la formazione di milizie proletarie
e lo scontro con l’esercito come segnale d’avvio allo sciopero
generale e alla rivolta in tutto il paese.
Fino al mese di ottobre
tutto sembra procedere secondo i piani prestabiliti: in Sassonia a e
Turingia si formano governi operai con la partecipazione di ministri
comunisti che immediatamente si dedicano all’organizzazione delle
“centurie rosse”. Come previsto, il governo invia l’esercito a
disarmare gli operai. Il 20 ottobre il Comitato Centrale della KPD
decide all’unanimità la proclamazione dello sciopero generale.
Contrariamente alle aspettative di Zinov’ev, Trotsky e Radek non
succede nulla. La classe operaia non si muove. La stessa KPD resta
ferma. Solo ad Amburgo l’apparato militare comunista entra in
azione. Nel disinteresse totale della classe operaia e delle masse
proletarie circa duecento comunisti si battono contro la polizia.
Intanto l’esercito depone i governi di Sassonia e Turingia e
procede sistematicamente senza colpo ferire al disarmo delle milizie
operaie. La KPD è posta fuori legge, i suoi dirigenti arrestati o
costretti alla clandestinità, la sua stampa proibita su tutto il
territorio tedesco. 18
È uno smacco terribile,
che segue quelli del 1919 e del 1921. Per la terza volta in quattro
anni i comunisti tedeschi hanno provato a emulare l’assalto al
Palazzo d’Inverno, per la terza volta la classe operaia non ha
risposto.
Karl Korsch, che allora
ha 37 anni ed è da poco diventato professore ordinario di diritto
civile e del lavoro presso l’università di Iena, è uno dei
protagonisti di questi avvenimenti: deputato al Parlamento di
Turingia e ministro comunista della Giustizia nel “governo operaio”
è costretto alla clandestinità per il ruolo svolto nell’ «ottobre
tedesco» su cui non aveva, almeno a Hedda, nascosto le sue
perplessità:
“Era scettico circa la
possibilità di un’insurrezione rivoluzionaria, che si presumeva il
governo di coalizione dovesse preparare a livello regionale, ma
rimase attivo ritenendo che si dovesse prendervi parte fintantochè
vi fosse stata una possibilità di successo. La sua opinione
realistica era che, dopo la sconfitta del putsch di Hitler a Monaco,
19 i nazisti avrebbero cercato di penetrare in Turingia e che, anche
se una rivoluzione operaia non fosse riuscita a conquistare il
potere, essa sarebbe almeno stata in grado di impedire ai nazisti di
impadronirsi del governo con la forza. In virtù della sua esperienza
militare, Korsch era responsabile dei preparativi paramilitari; ma
poteva fare ben poco. Un ufficiale russo di alto livello fungeva da
loro consigliere; si addestravano e facevano lunghe marce, inviduando
quali quote occupare se i nazisti avessero invaso la regione.” 20
Su posizioni di rigida
ortodossia “leninista”, egli resta comunque fedele alle direttive
che provengono da Mosca, anche se, come apparirà chiaro in seguito,
egli non le condivide. Sostenitore della «teoria dell’offensiva»,
difende comunque la poltica del «fronte unico» con una
socialdemocrazia di cui ancora nel febbraio del 1923 afferma il
carattere “proletario”. 21
Con la disfatta comunista
del 1923 hanno termine le convulsioni rivoluzionarie del primo
dopoguerra. In Germania inizia un periodo di relativa stabilizzazione
destinata a durare fino alla grande crisi del 1929. 22
L’«ottobre tedesco»
segna un momento forte di svolta nell’evoluzione politica di
Korsch. Il fallimento del piano insurrezionale comunista lo costringe
ad una più approfondita riflessione sulle cause della sconfitta.
Crescono i suoi dubbi sull’efficacia della direzione sovietica del
Comintern: egli inizia a chiedersi se la politica russa sia
indirizzata realmente all’obiettivo della rivoluzione comunista in
Occidente o non risponda invece agli interessi nazionali russi.
Fedele all’uso “bolscevico”, egli non lascia trasparire
all’esterno questi suoi interrogativi. Al contrario, quasi ad
esorcizzare questa incertezza, col crescere dei dubbi, si fa
parallelamente più rigida la sua adesione alla linea ufficiale del
partito che procede ormai per continui zig zag. Ne è un esempio
l’intervento che Korsch pronuncia al Parlamento di Turingia il 28
febbraio 1924, a nome di un Partito comunista da poco tornato legale.
Rovesciando totalmente la sua posizione, egli denuncia la profonda
involuzione reazionaria di una socialdemocrazia ormai “frazione del
fascismo tedesco” e come:
“Con la scusa della
scelta del male minore i socialdemocratici hanno sostenuto tutte le
infamie della dittatura fascista, le hanno promosse e usate in modo
criminale contro lo stesso proletariato”. 23
Per Korsch di fronte al
precipitare della crisi economica e politica della repubblica di
Weimar solo il fascismo può salvare la borghesia tedesca dalla
catastrofe, ma non il fascismo di Hitler o degli “Elmi d’acciaio”,
bensì quello legale della stessa democrazia. È una posizione
politicamente sterile che prelude alla teoria stalinista del
«socialfascismo», ma che rispecchia la sua piena adesione alla
linea del partito. Per lui, come per la KPD, la sconfitta del
tentativo insurrezionale del 1923 è da considerarsi del tutto
transitoria. La situazione permane rivoluzionaria: il proletariato
tedesco ha perso solo una battaglia. La guerra continua, Korsch ne è
sicuro, fino all’inevitabile vittoria finale.
1 K. KORSCH,
Legislazione del lavoro per i consigli di fabbrica, cit., p.211.
2 P.
MATTICK, The Marxism of Karl Korsch, Survey, n.53, October 1964. Ora
consultabile on-line sul sito
http://kurasje.tripod.com/arkiv/9300t.htm
3 Cfr.
P. BROUÉ, cit., p. 417.
4 Il partito
socialdemocratico indipendente era allora un grande partito di massa
con quasi 900 mila iscritti, 81 deputati al Reichstag, 55 quotidiani,
un'influenza superiore a quella del Partito Socialdemocratico (SPD)
in regioni come la Sassonia e la Turingia, un peso decisivo
nell'Unione dei Metallurgici e in altri importanti sindacati. In
realtà, nonostante gli esiti del congresso di Halle, dei 900 mila
membri dell’USDP soltanto 300 mila si unirono al Partito
comunista. La maggioranza del gruppo parlamentare e degli eletti
negli enti locali, il grosso dell'apparato organizzativo e i più
importanti giornali di partito restarono con la minoranza diretta da
Hilferding.
5 G.E. RUSCONI,
Autonomia operaia e controrivoluzione. In KORSCH, Scritti politici,
1, cit., p. XI.
6 Sul difficile rapporto
fra Stato sovietico e consigli operai vedere O. ANWEILER, Storia dei
soviet, Laterza, Bari 1972; M. BRINTON, 17-21. I bolscevichi e il
controllo operaio, Jaca Book, Milano 1974; G. DELLACASA, La
controrivoluzione sconosciuta, Jaca Book, Milano 1977. Sulle
opposizioni operaie in Russia oltre al classico A. KOLLONTAJ,
L’opposizione operaia, Azione Comune, Milano 1971, riveste grande
interesse lo studio di R. SINIGAGLIA, Mjasnikov e la rivoluzione
russa, Jaca Book, Milano 1973. Mentre sui fatti di Kronstadt si può
vedere lo scritto di I. METT, La rivolta di Kronstadt, Azione Comune,
Milano 1962; la raccolta de Le Izvestija di Kronstadt curata da A.
CHITARIN, Jaca Book, Milano 1970 e i due saggi di P. AVRICH,
Kronstadt 1921, Mondadori, Milano 1971 e I. GETZLER, L’epopea di
Kronstadt, Einaudi, Torino 1982. Infine, per una critica di parte
libertaria alla “dittatura dei commissari” vedere P. AVRICH,
L’altra anima della rivoluzione, Edizioni Antistato, Milano 1978;
A. SKIRDA, Gli anarchici russi, i soviet, l’autogestione, Edizioni
CP, Firenze 1978 - oltre che i classici P. ARSINOV, La rivoluzione
anarchica in Ucraina, Sapere Edizioni, Milano 1972; L. FABBRI,
Dittatura e rivoluzione, L’Antistato, Cesena 1971; E. GOLDMAN, La
sconfitta della rivoluzione russa, La Salamandra, Milano 1977, VOLIN,
La rivoluzione sconosciuta, Samonà e Savelli, Roma 1970.
7 G.E. RUSCONI,
Autonomia operaia e controrivoluzione, cit., pp. XII e sgg.
8 Per una prima
conoscenza di Anton Pannekoek e la sinistra marxista olandere è
sempre di grande utilità lo studio pionieristico di S. BRICIANER,
Pannekoek e i consigli operai, Musolino, Torino 1975 e i più recenti
P. BOURRINET, Alle origini del comunismo dei consigli, Graphos,
Genova 1995 e C. MALANDRINO, Scienza e socialismo, FrancoAngeli,
Milano 1987.
9 K . KORSCH,
Introduzione alla Critica del Programma di Gotha. In Scritti
politici, 1, cit., p. 42.
10 G. LUKÁCS, Lenin,
Einaudi, Torino 1970, pp. 13 e sgg. Dell’immensa produzione critica
esistente anche in italiano su Lukács ci limitiamo qui a ricordare
gli studi di Y. BOURDET, Lukács, il gesuita della rivoluzione,
Sugarco Edizioni, Milano 1979 e il già citato M. LÖWY,
Intellettuali rivoluzionari, La Salamandra, Milano 1978.
11 Per poi pentirsene
mezzo secolo più tardi sempre in nome dell’autorità di Lenin: "E
Lenin, per il quale l'attualità della rivoluzione proletaria
costituiva la norma del suo pensiero e della sua prassi, si sarebbe
rifiutato con tutta la passione di racchiudere in una 'definizione'
così unilaterale e limitata la ricchezza di contenuto e di metodo,
l'universalità sociale del materialismo storico" (G. LUKÁCS,
Lenin, cit., p.114).
12 K. KORSCH,
Introduzione alla Critica …., cit., pp. 42-43.
13 G.
LUKÁCS, Lenin, cit, p. 114.
14 L.
SOCHOR, Lukács e Korsch…, cit., p. 701.
15 Non
stupisca il rimando ad un testo da sempre considerato un classico
delle letteratura di destra. La lettura del libro di Salomon, per
altro bellissimo, resta fondamentale per comprendere le dinamiche
profonde della società weimariana. (E. von SALOMON, I Proscritti,
Baldini & Castoldi, Milano 1994).
16
Felix Weil, fondatore e primo dirigente dell’Istituto per la
ricerca sociale di Francoforte, lo definirà “…il tipico
solitario, incapace di lavorare in un gruppo”. Cfr. a questo
proposito M. JAY, L’immaginazione dialettica, Einaudi, Torino 1973,
p. 56.
17 K.
MARX, Il comunismo e la “Gazzetta di Augusta”, 16 ottobre 1842.
In Scritti politici giovanili, Einaudi, Torino 1975, p.174.
18
Cfr. P. Broué, Présentation di V. Serge, Notes d’Allemagne
(1923), Montreuil 1990, pp. 9 e sgg. Di questo testo è appena
apparsa una edizione italiana a cura della genovese Graphos che a
differenza dell’edizione francese raccoglie, assieme ad un’estesa
introduzione e ad un ricchissimo corpo di note, l’intera serie
delle corrispondenze inviate da Serge alla Correspondance
internationale. [ V. SERGE, Germania 1923. La mancata rivoluzione,
Graphos, Genova 2003] Sul sito Marxist Internet Archive (MIA) si può
trovare la versione inglese dello scritto pubblicato nel 1931 da uno
dei protagonisti dell’Ottobre tedesco . Cfr. A. THALHEIMER, A
Missed Opportunity ? The German October and the Real History of 1923,
www.marxists.org/archive/thalheimer/works/missed/index.htm
19 L’8
novembre 1923 Adolf Hitler organizza un tentativo di colpo di stato
contro il governo bavarese che fallisce miseramente. Cfr. a questo
proposito R. HANSER, Putsch!, Mondadori, Milano 1972.
20 H.
KORSCH, cit., p. 11.
21 K.
Korsch, Il governo operaio. In Scritti politici, 1, cit., p. 61 e
sgg.
22
Cfr. a questo proposito O. K. FLECHTHEIM, cit., pp. 203 e sgg.
23
Citato in G.E. RUSCONI, Autonomia operaia e controrivoluzione, cit.,
pp. XV-XVI.