TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


martedì 10 novembre 2020

Bordiga sconosciuto (1926-1944) 4. Le suppliche del padre a Mussolini

 


Giorgio Amico

4. Le suppliche del padre a Mussolini 

Dunque a metà agosto 1928 Bordiga arriva a Ponza, dove resterà fino alla scadenza della condanna al confino. E questo, nonostante il padre e la zia avessero tentato in ogni modo di ottenere una riduzione della pena. Tentativi, va detto, fatti all'insaputa o comunque contro la volontà di Bordiga. La prima era stata la zia paterna, Erminia Bordiga, direttrice dal 1884 al 1930 del Reale Educandato femminile “Maria Adelaide” di Palermo, storica istituzione fondata addirittura nel 1783 da Ferdinando III di Sicilia per ospitare ed educare le fanciulle delle migliori casate siciliane. Già al momento dell'arresto del nipote e della sua traduzione a Ustica, la zia si era appellata in una supplica al “nobilissimo animo del Duce”, perché avesse pietà del nipote, “un pazzo utopista” che per le sue idee si era messo contro l'intera famiglia che nutriva sentimenti autenticamente fascisti e nazionali. [1] La supplica, ovviamente, non aveva avuto alcun esito.

Alla fine del 1928, quando a Bordiga mancava solo un anno di confino da scontare, il padre, Oreste, autorevolissimo ex-cattedratico della Regia Scuola Superiore di Agricoltura di Portici, inviò a sua volta una supplica a Mussolini chiedendo la liberazione del figlio, impegnandosi a garantire di persona che questi non avrebbe in alcun modo ripreso l'attività politica e si sarebbe dedicato totalmente alla professione di ingegnere e alla famiglia. La lettera, totalmente ignorata dai biografi di Bordiga, rappresenta anche solo per questo un documento di grande interesse. La riproduciamo dunque per intero:

A sua Eccellenza il capo del Governo e Ministro per gli Interni

Eccellenza,

impetro dalla E.V. per mio figlio ing. Amadeo Bordiga confinato all'isola di Ponza, la grazia del condono della rimanente pena di un anno per le ragioni che seguono.

Confinato nel Nov. 1926/V° all'isola di Ustica, venne il 10 ottobre dello scorso anno arrestato per complotto e tentativo di fuga - secondo l'accusa - poi prosciolto dopo una detenzione durata per quasi dieci mesi fino all'Agosto del corrente anno. Ebbe così a subire, senza sua colpa, un non lieve aggravamento di pena, per il quale meriterebbe anche speciale indulgenza. E ciò ancor meglio che, per esser stato prosciolto, dopo lunga e minuta istruttoria, vi sarebbe una maggior prova che egli si astiene da ogni politica attività colposa.

Io poi fo fede che egli se ne asterrà nell'avvenire e me ne rendo personalmente garante. Ragioni di umanità vorrebbero poi che si avesse per lui la indulgenza ora invocata. La sua salute è alquanto scossa dalle condizioni di vita anormale, specialmente nel periodo di detenzione, quella della moglie che pure contribuisce col suo lavoro a mantenere la famiglia, non è in migliori condizioni. Il secondo dei figlioli ha necessità di una speciale assistenza e di una operazione, come ebbi già a prospettare in una istanza precedente, che solo la calda stagione e il trasferimento a Ponza hanno fatto differire.

Se tutte queste considerazioni non sembrassero sufficienti, io chiederei alla magnanimità della E.V. che si voglia tener conto dell'opera prestata per il paese nel pubblico insegnamento non solo da me, ma anche da due miei stretti congiunti. Fino ad un anno fa appartenevo all'istruzione superiore, a cui avevo dedicato ben cinquantatre anni di vita e tuttora, malgrado l'età, continuo a servire il paese in diversi uffici, in modo che parmi non del tutto inutile e senza pregio. Ho sempre professato sentimenti di devozione alla patria, alle istituzioni, ai principi dell'ordine e ne ho date prove numerose e ripetute e così anche al presente regime.

Durante la guerra, in cui cadde il mio terzogenito Augusto, ho fatto del mio meglio, come cittadino e come insegnante, per rafforzare il fronte interno, specialmente quando fui chiamato a reggere, con non lieve incomodo il commissariato agricolo della Sicilia. E di ciò potrebbero far fede i ministri per l'agricoltura di allora on.li sen. Raineri e Miliani. Ancora oggidi la mia casa è in Portici un modesto ma attivo centro di aiuti per gli orfani di guerra. Ho visto con viva simpatia il trionfo del regime fascista e ne ho date e ne do ripetute prove. Io confido perciò che V.E: vorrà favorevolmente accogliere questa mia domanda coll'impegno formale da me assunto che mio figlio si asterrà da ora un poi da ogni attività di partito come del resto si astiene da tanto tempo. La E.V. può benissimo accertarsi che egli è oramai un solitario fra i suoi e ha lasciato ogni contatto colla compagnia trista e rea, così poco degna di lui, colla quale si era imbracato. Reso alla famiglia, mi rendo garante che egli non si occuperà che del lavoro per sostentarla.

Io confido adunque che la E.V. vorrà favorevolmente accogliere questa mia domanda, tenendo presente l'impegno che assumo ed altresì che da un lato vi è una famigliola che attende sia reso interamente il suo capo e dall'altra un vecchio genitore che, dopo aver dato un figlio alla patria, domanda gli si lasci l'altro superstite, perché lo assista in questi ultimi anni.

Mi auguro che l'E.V. voglia accordarmi tanta grazia ed in tale fiducia rinnovo i miei sentimenti di devozione alla patria e al regime ed alla E.V. quelli di particolare ossequio e di anticipata riconoscenza.

Dell'E.V. dev.

Prof. Oreste Bordiga

Ordinario emerito del R. Istituto Sup. Agrario di Portici

Roma 13 ottobre 1928 anno VI [2]

La lettera è interessante perché offre notizie di prima mano sulla vita privata di Bordiga, dalla morte, nella prima guerra mondiale, del fratello minore Augusto, acceso interventista, di cui si trova traccia solo in un lavoro di Michele Fatica [3], alla cagionevole situazione di salute del figlio Oreste e della moglie Ortensia, cosa che spiega la presenza a Ustica presso il padre dei due bambini. Colpisce poi nella lettera l'accento finale all'isolamento di Bordiga all'interno del Partito comunista e al distacco di questi dai compagni, definiti «compagnia trista e rea», notizia, come vedremo solo parzialmente vera. Nella supplica infine si fa riferimento ad una «istanza precedente», di cui non si è trovata traccia, ma a cui probabilmente si riferisce la relazione dell' «Alto Commissario per la provincia di Napoli» al Ministro degli Interni che riportiamo anche questa volta integralmente:  

Napoli, 7 settembre 1928 anno V°

Riservata

On/le Ministero dell'Interno

Direzione Generale della P.S.

Divisione Affari Generali e Riser.

Confino Politico

R O M A

Oggetto: Bordiga Amadeo di Oreste. Confinato politico

Effettivamente il padre del confinato politico Bordiga Amadeo, per la sua attività professionale svolta presso la Scuola Superiore di Agraria di Portici, per circa 53 anni, nonché presso la locale Cattedra ambulante di Agricoltura, di cui è Presidente, ha speciali benemerenze.

Egli ha anche assolto incarichi di fiducia affidategli da S.E. il Ministro Giurati, sempre un materia agricola. Ma i precedenti e le manifestazioni di sovversismo irriducibile del proprio figlio Amadeo, non fanno ritenere che un eventuale provvedimento di clemenza a favore di costui, non riesca dannoso all'ordine nazionale.

Spirito irrequieto, carattere indocile, intelligenza sveglia ma non perfettamente equilibrata, il Bordiga Amadeo mantiene integra la sua fede comunista, e, come è noto, anche di recente mentre trovavasi alla colonia di Ustica, si rese passibile di denunzia al Tribunale Speciale per cospirazione contro i poteri dello Stato. Ben vero il Giudice Istruttore del Tribunale Speciale, con sentenza I° agosto decorso, ne ordinò la scarcerazione ai sensi dell'art. 323 del C.P.P., ma tale formula non esclude completamente la responsabilità del Bordiga.

Un suo eventuale ritorno qui, produrrebbe, cattiva impressione, mentre non apporterebbe alcun ravvedimento nel Bordiga che certamente continuerebbe a perseguire finalità antinazionali, di cui egli in ognitempo si è dimostrato fervente assertore.

Non ravviso pertanto l'opportunità di addivenire nei suoi confronti al sollecito provvedimento di clemenza.

L'Alto Commissario [4]

La relazione è molto interessante per più di un motivo. Prima di tutto, essendo con tutta evidenza una risposta a una sollecitazione della Direzione Generale della P.S., fa supporre un intervento diretto di Mussolini e una richiesta in via riservata all'autorità competente di un parere in merito ad un'eventuale accoglimento della supplica. Ancora più interessante il riferimento a Giovanni Giuriati (1876-1970), già acceso irredentista, interventista e volontario nella prima guerra mondiale. Compagno di D'Annunzio a Fiume, fascista della prima ora, ministro già nel primo governo Mussolini e gerarca influente. Nella relazione si parla di “incarichi di fiducia” svolti dal Professor Oreste Bordiga per il ministro, il che sottintende rapporti particolarmente stretti fra i due. Ora Oreste Bordiga, per tradizione familiare risalente al Risorgimento, era stato un importante esponente della massoneria napoletana e del Grande Oriente d'Italia. Quanto a Giuriati il dato è controverso. Per Aldo Alessandro Mola “in assenza di elementi più probanti, va accolta con beneficio d'inventario l'insinuazione dell'affiliazione massonica di Giuriati, asserita dal massonofobo Giovanni Preziosi” [5] in una lettera di denuncia al Duce dei massoni infiltrati nel fascismo. Di parere diverso Angelo Livi per il quale, nonostante pubblicamente il gerarca si presentasse come anti-massone, in realtà ciò serviva a coprire una segreta adesione alla Massoneria. [6]Quanto a noi, tendiamo a pensare che il riferimento esplicito a Giuriati contenuto nella sua prima supplica a Mussolini, rappresenti con grande probabilità un appello in codice di Oreste Bordiga alla solidarietà massonica di un antico “fratello”. Comunque sia andata, le due suppliche non andarono a buon fine e Amadeo Bordiga scontò la sua pena fino all'ultimo giorno.

Note

1. Cfr. Roberto Gremmo, Gli anni amari di Bordiga, Storia ribelle, Biella, 2009, pp. 12 e 20.

2. Lettera del padre di Bordiga (Roma, 13 ottobre 1928). Consultabile in rete al link:

http://www.avantibarbari.com/news.php?sez_id=2&news_id=487

3. Michele Fatica, Il comunismo rivoluzionario di Amadeo Bordiga. Consultabile in rete al link: http://www.avantibarbari.com/public/File/Michele%20Fatica,Amadeo%20Bordiga.pdf

4. Informativa su Amadeo Bordiga (Napoli, 7 settembre 1928). Consultabile in rete al link: http://www.avantibarbari.com/news.php?sez_id=2&news_id=488

5. Aldo A. Mola, Storia della Massoneria italiana, Bompiani, Milano, 1997, p. 393n.

6. Angelo Livi, Massoneria e fascismo, Bastogi, Foggia, 2000, p. 63.

4. Continua