Giorgio Amico
Porto Maurizio. La leggenda della finestra che non c'è
Dalle Logge di S. Chiara
ci si perde nell'azzurro. Soprattutto al tramonto, abbagliati dal
sole che si getta nel mare di Francia. Da sempre porto nel cuore i
tramonti della mia infanzia portorina. Non ne ho mai visti di più
belli, in nessun luogo dove sono stato.
Sarà il fascino delle
ombre disegnate dalla arcate, sarà l'eco del canto dolce delle
monache che ancora in certe ore si sente risuonare sotto le volte, o
forse solo il fatto che lì ho le mie radici, che solo lì mi sento
davvero a casa.
Fai attenzione, se vai a
giocare suttu a loggia de munaghe, diceva mia nonna. Potresti
vedere la finestra che non c'è.
Una fiaba, forse l'eco di
una antica storia d'amore. Lui giovane marinaio, partito per approdi
lontani e mai più tornato, perso in quel mare
tanto azzurro. Lei, che dal dolore si fa monaca, ma ancora lo attende
e ogni tanto appare alla finestra che non c'è. Nelle mani tiene gli
arnesi da ricamo, ma gli occhi fissano il mare alla ricerca di quella
vela che saprebbe riconoscere fra mille.
Un attimo e la finestra
scompare. La piccola suora innamorata ritorna al suo dolore senza
tempo. Ma un giorno, è certo, lui tornerà e allora la finestra non
scomparirà più e tutti potranno vedere la giovane suora sorridere.
Così terminava il suo
racconto mia nonna. Lei, che quella finestra mai aveva vista, a quella storia credeva fermamente. Doveva essere di certo così, perché, diceva, la vita degli uomini è attesa e
speranza. Quella fiaba mi piaceva tantissimo, anche se il finale mi intristiva. Mia nonna se ne accorgeva e allora, per farmi ridere, si metteva a cantare buffe filastrocche in dialetto.
Quelle filastrocche le ho dimenticate, ma non la felicità malinconica di quei momenti e il profumo dolcemente salato del vento che veniva dal mare.
Quelle filastrocche le ho dimenticate, ma non la felicità malinconica di quei momenti e il profumo dolcemente salato del vento che veniva dal mare.