Manuel Orazi, Messe Noir, 1903
Lindau ripubblica
«L’abisso» («Là-bas»), grande romanzo del 1891, subito
accusato dai benpensanti di blasfemia, erotismo, satanismo. Da
allora Huysmans ha fama di autore maledetto, ma il suo resta un libro
straordinario che in molti passaggi evoca per ambienti e personaggi
Proust.
Pasquale Di Palmo
Huysmans, una Messa
nera tra Sade e Bataille
«Vivere? Lo facciano per
noi i nostri domestici». Questa boutade di Barbey d’Aurevilly
potrebbe benissimo attagliarsi alla figura e all’opera di
Joris-Karl Huysmans (1848-1907), il celebre autore di À rebours
(1884), definito da Mario Praz «il libro cardinale del
decadentismo». Lo stesso d’Aurevilly osservava profeticamente come
a Huysmans non rimanesse, dopo la pubblicazione di quel romanzo, «che
scegliere tra la canna di una pistola e i piedi della croce».
La critica ha suddiviso
in tre periodi distinti la produzione del narratore francese: a una
prima parte, caratterizzata dall’influenza del naturalismo e
dall’impronta di Zola, subentrerà il momento decadente, inaugurato
appunto con la stesura di À rebours, cui seguirà una fase in cui
più marcato appare l’influsso mistico e religioso, contrassegnato
da libri apologetici come quelli dedicati alle figure di Don Bosco o
di santa Lydwine di Schiedam. Non bisogna dimenticare inoltre
l’esordio, avvenuto all’insegna del simbolismo con le prose di Le
drageoir aux épices (1874).
La trilogia cattolica
I protagonisti dei romanzi di Huysmans si possono considerare degli alter ego del loro creatore. A cominciare proprio da Jean des Esseintes, eccentrico personaggio «in preda alla nevrosi del secolo, degno del sanatorio di Charcot», secondo la definizione di d’Aurevilly, che cadenza le pagine di À rebours. A lui si ispireranno autori del calibro di Wilde e d’Annunzio, anche se la sua fisionomia reca tracce di quell’inimitabile modello che fu Robert de Montesquieu, identificatosi con il tempo nel barone di Charlus proustiano.
Ma altri personaggi
sembrano rifarsi al prototipo del loro ideatore, a cominciare da
Folantin, melanconico impiegatuccio descritto in À vau-l’eau
(1882), il quale esibisce le frustrazioni dello stesso Huysmans,
costretto a rivestire i panni di un oscuro funzionario ministeriale.
D’altro canto il taedium vitae di Folantin sembra prefigurare lo
snobismo dandistico di des Esseintes (Maupassant parlò, al riguardo,
di «nauseati»), anche se l’interprete che più di ogni altro
impersona le vicissitudini religiose che caratterizzano gli ultimi
anni di Huysmans è senz’altro Durtal che, non a caso, è il
protagonista della cosiddetta «trilogia cattolica», comprendente i
romanzi En route (1895), La cathédrale (’98) e L’oblat (1903).
Dall’iniziale conversione avvenuta in seguito alla frequentazione di Léon Bloy e dell’abate Mugnier, oltre a un fondamentale soggiorno intrapreso presso un convento di Trappisti, si passerà a un’adesione sempre più orientata verso i precetti monastici che sfocerà nel suo ordinamento come oblato nell’abbazia benedettina di Ligugé, poco prima che il governo laicista sopprimesse le congregazioni religiose nel 1901. Lo scrittore stesso dette disposizione di farsi seppellire vestito da oblato.
Se la «trilogia
cattolica» si sofferma a investigare, con estrema dovizia di
particolari, il processo che porterà Durtal alla sua tormentata
conversione, non si può non rilevare come in questi tre romanzi sia
presente la tendenza a dissertare, in maniera insistente,
sistematica, rischiando spesso la monomania, intorno ai diversi
aspetti del rito (anche se molto intense appaiono le pagine sul canto
gregoriano o sulla descrizione di certi luoghi di culto, in primis la
cattedrale di Chartres). Sembra paradossalmente che l’estetismo
presente in À rebours si sia riversato sugli esiti esteriori dei
vari ordini religiosi o della liturgia. Huysmans si dilunga a
tratteggiare le sfumature cromatiche di un paramento sacro,
l’atmosfera incantata di un chiostro, taluni particolari di
carattere agiografico (con la spiccata predilezione per alcuni santi:
Maddalena de’ Pazzi, Giovanni da Copertino, Katharina Emmerich
ecc.). È perciò un peccato che le prime due parti della trilogia
non siano più disponibili da oltre mezzo secolo in italiano: Per
strada e La cattedrale videro rispettivamente la luce per Rizzoli e
le Edizioni Paoline nel 1961 e nel 1959, anche se un estratto del
secondo romanzo, introvabile anch’esso, è apparso in tempi più
recenti da Aragno con il titolo La cattedrale di Chartres.
La figura di Gilles de Rais
Il primo libro che vide come protagonista Durtal fu tuttavia Là-bas, anticipato in feuilleton su L’Écho de Paris nel febbraio 1891 e uscito in volume nello stesso anno da Tresse & Stock; fu tradotto in italiano nel 1970 da Annamaria Galli Zugaro per la collana di letteratura fantastica «Olimpo nero» di Sugar Editore. Ora Lindau recupera quella versione che, nonostante gli anni passati, mantiene una discreta leggibilità, con il titolo L’abisso («Biblioteca di classici», pp. 330, € 24,00), anche se risulta disponibile una traduzione più recente per le Edizioni Internòs intitolata pleonasticamente Laggiù, nell’abisso (una precedente trasposizione, Laggiù, era stata allestita da Corbaccio nel 1929).
Si tratta di uno dei
libri più belli e controversi di Huysmans, in cui vengono affrontate
tematiche che, nella Francia fin de siècle, erano considerate tabù.
Il riferimento è al satanismo, argomento approfondito da Durtal al
fine di documentarsi sulla figura di Gilles de Rais alias Barbablù,
considerato «il des Esseintes del XV secolo», sul quale deve
scrivere una monografia. Huysmans indugia nell’esposizione delle
efferatezze compiute da Gilles de Rais dopo il sostegno dato a
Giovanna d’Arco, tra cui stupri, torture e uccisioni di bambini
innocenti.
I capitoli riguardanti
Gilles de Rais sono un vero e proprio libro nel libro che sembra
idealmente fare da trait d’union tra la vocazione blasfema di Sade
e l’erotismo di taglio speculativo batailliano. Quest’«essere
satanico, raffinato ed artista, il più crudele e scellerato degli
uomini» diviene così il pretesto per addentrarsi nei meandri di
certo esoterismo da parte di Durtal e dei suoi amici: il medico Des
Hermies e il campanaro Carhaix. Molto interessanti le descrizioni
dell’abitazione di quest’ultimo, arroccata all’interno del
campanile di Saint-Sulpice, nonché la sua anacronistica passione per
le campane.
Si arriverà a descrivere, in termini quanto mai realistici, una messa nera, alla quale il protagonista assiste tramite l’intercessione di Madame Chantelouve, in cui si adombra la figura di Berthe Courrière, l’ineffabile amante di Remy de Gourmont, amico di Huysmans e autore di un importante studio sul Latino mistico. Non mancano inoltre riferimenti all’alchimia, praticata dallo stesso Gilles de Rais. Ma, in germe, è già presente quell’afflato religioso che contraddistinguerà la fase estrema della produzione di Huysmans.
Si pensi, in tal senso,
alla descrizione della crocifissione di Grünewald, artista a cui
dedicò un’apprezzabile esegesi in Trois primitifs (1905):
«Slogate, quasi strappate dal tronco, le braccia del Cristo
sembravano impastoiate per tutta la loro lunghezza dalle corregge dei
muscoli tesi. L’ascella contorta scricchiolava. Le mani spalancate
terminavano in dita contorte e tuttavia benedicenti, in un confuso
gesto di preghiera e di rimprovero. I pettorali, madidi di sudore,
tremavano. Il torace era circondato dalle doghe delle costole
dilatate, la carne si gonfiava, ammaccata e contusa, chiazzata da
morsicature d’insetti, macchiettata dalle punte di spine che le
verghe avevano lasciato sotto la pelle».
E proprio dal singolare connubio tra cattolicesimo e satanismo, tra devozione e occultismo nasce la peculiarità di questo romanzo, che sembra aver dato l’abbrivio a una serie di narrazioni sospese tra orrore e sensualità: si pensi, per esempio, a Le Jardin des supplices di Octave Mirbeau che vide la luce qualche anno più tardi, nel 1899. In tal senso vanno letti anche i continui richiami a un Medioevo polemicamente contrapposto all’inerzia della civiltà borghese. D’altronde lo stesso Huysmans aveva sostenuto che «tra un misticismo esasperato e un esaltato satanismo non c’è che un passo».
Il Manifesto/Alias -21
gennaio 2018